Vi è mai capitato di restare a piedi perché la chiave trasponder della vostra automobile è con la batteria scarica? Sembra un piccolo inconveniente, evitabile, se sapeste come sostituirla.
Ma, secondo quanto sostiene la piattaforma iFixit, nei manuali rilasciati dalle case produttrici, spesso non si trova neanche un’istruzione semplice ed essenziale come questa. E qui parliamo di un piccolo oggetto, simile a un telecomando, che potrebbe saper riparare chiunque.
Il movimento per il diritto alla riparazione nel settore auto, da contro, si batte per ottenere non solo le istruzioni, ma l’accesso all’intero sistema telematico ed elettronico che ha ormai il controllo dei nostri veicoli. Questa corrente di pensiero, che secondo recenti studi acquisisce sempre più consenso nell’opinione pubblica americana, chiede una legislazione su trasparenza dei dati e strumenti diagnostici universali, che assicuri il controllo delle vetture ai proprietari e renda possibile il lavoro degli specialisti.
Si fa presto a dire meccanico
Sono, infatti, soprattutto i meccanici delle officine indipendenti ad avere i maggiori grattacapi, quando si parla di riparazioni. A causa di una complessità elettronica che ha rivoluzionato il mondo dell’auto, e di una politica delle case automobilistiche sempre più accorpate e aggressive nel fidelizzare il cliente, il meccanico non è più un mestiere in cui basta l’ingegno per riuscire.
Le nostre quattroruote, infatti, sono diventate tutt’altro che facili da lavorare col passare del tempo. Dagli anni ’90 in poi, la sostituzione di molte componenti meccaniche – come ad esempio il carburatore – a favore di una sempre crescente componentistica elettronica, per di più in continua evoluzione, ha “spuntato” molte chiavi inglesi, se così si può dire. E anche se i sistemi telematici e la diagnostica di bordo hanno reso i problemi in un certo senso più facili da individuare, decenni di complessità aggiunta hanno fatto diventare questi problemi sostanzialmente più difficili e costosi da risolvere.
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Gestire il prodotto oltre la vendita
I sostenitori del movimento del diritto alla riparazione, specie negli Stati Uniti, accusano le case produttrici di autovetture di aver volontariamente creato una sorta di monopolio di mercato, che tende ad accorpare tutti i componenti delle vetture per continuare a gestire il prodotto oltre la vendita.
A questo si aggiunge che, in conseguenza del gran numero di componenti elettronici presenti negli attuali modelli, molte parti prima riparabili, oggi devono essere necessariamente sostituite, a discapito di un percorso, faticosamente intrapreso, di circolarità e sostenibilità del settore.
Meccanica vs elettrico
Prendiamo ad esempio una qualunque auto ibrida, che per dirsi tale dispone sia di un motore endotermico (meccanico) che un motore elettrico. Se il primo ha un guasto, per esempio al cilindro del motore, potrà facilmente essere riparato, sostituendo il pezzo difettoso. Nel caso che, invece, sia il motore elettrico a smettere di funzionare, con molta probabilità, sarà necessario rimpiazzarlo per intero. E parliamo di un pezzo che non permette alla macchina di muoversi – a quello ci pensa l’endotermico – serve solo ad assicurare che il veicolo possa contare su una minima percentuale di percorrenza elettrica, e dirsi “ecologico”.
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Diritto alla riparazione Usa: si parte dal Massachusetts
In questo contesto, l’industria automobilistica, secondo i sostenitori del diritto alla riparazione, è disposta a spendere milioni per fare pressioni contro la legislazione proposta negli Stati Uniti. Le misure per il diritto alla riparazione sono iniziate a spuntare, infatti, in alcuni stati americani dopo il 2008, quando la Corte Suprema decise che gli operatori mobili avrebbero dovuto sbloccare i telefoni cellulari.
Nel 2011, il primo atto di successo sul diritto alla riparazione è stato approvato in Massachusetts. Sebbene non fosse esclusivamente diretto al settore auto, richiedeva ai produttori di automobili di vendere gli stessi materiali di servizio e le stesse apparecchiature diagnostiche fornite ai concessionari, anche ai consumatori e ai meccanici indipendenti.
Nel 2019, altri venti stati valutavano una qualche forma di legislazione sul diritto alla riparazione. Nel 2020, il Massachusetts ha ampliato le sue regole esistenti per richiedere che tutti i veicoli venduti all’interno dello stato utilizzino sistemi telematici con una piattaforma dati standardizzata ad accesso aperto.
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La reazione della lobby automotive
Queste misure legislative hanno generato una forte opposizione da parte dell’industria automobilistica. La Coalition for Safe and Secure Data – scrive Matt Posky su Thetrueaboutcar.com – che è un braccio dell’Automotive Alliance for Innovation, finanziato praticamente da tutte le grandi case automobilistiche attualmente esistenti, ha guidato una campagna volta a sostenere che l’approvazione di queste leggi avrebbe in qualche modo garantito ai criminali di accedere ai dati privati dei clienti.
Mentre il vero obiettivo delle grandi case automobilistiche – sostiene Matt Posky – è indurre i clienti a utilizzare i loro centri di assistenza il più possibile, accentrando dati telematici e strumenti proprietari.
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L’opinione pubblica promuove il right to repair
È chiaro che in ballo c’è sia la possibilità di riparare l’auto a prezzi contenuti, che incentivare in generale lo strumento delle riparazioni, per non sprecare le nostre risorse.
Fin qui la lobby delle grandi maison dell’automotive è parsa vincente nel panorama americano. Ma la consapevolezza pubblica sul movimento per il diritto alla riparazione è in crescita e un recente sondaggio condotto da Ducker Carlisle (un’agenzia di ricerche di mercato) ha rilevato un ampio sostegno alla legislazione per le riparazioni. Alla richiesta diretta, somministrata ad un campione di circa 2.150 automobilisti, di dichiararsi a favore o contro le leggi sul diritto alla riparazione, l’80% degli intervistati si è detto favorevole.
Di certo è un segnale positivo e le iniziative di sostegno al diritto alle riparazione prendono sempre più terreno, sia al di qua che al di là dell’Oceano. Non è un caso che è stata appena celebrata, lo scorso 15 ottobre, la Sesta Giornata Internazionale della Riparazione.
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