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lunedì, Dicembre 16, 2024

Raccolta ‘all actors’ e inclusione di alcuni semilavorati. L’EPR tessili secondo Sistema moda Italia

Sergio Tamborini, presidente di Sistema moda Italia (SMI), uno degli attori presenti al tavolo di confronto sull’EPR tessili al Ministero della Transizione ecologica, ci racconta come i produttori immaginano il sistema di responsabilità estesa

Daniele Di Stefano
Daniele Di Stefano
Giornalista ambientale, un passato nell’associazionismo e nella ricerca non profit, collabora con diverse testate

“Non abbiamo ancora ricevuto uno schema di decreto sull’EPR tessili su cui avanzare osservazioni specifiche, ma riteniamo che la visione del MITE, su diversi aspetti, sia convergente con la nostra e siamo quindi fiduciosi che la normativa sarà adeguata consentendo di raggiungere risultati importanti, sia sul fronte della progettazione ecosostenibile dei prodotti tessili e moda, sia sul fronte dei tassi di raccolta differenziata”.

Parliamo di responsabilità estesa del produttore (EPR) per i rifiuti tessili con Sergio Tamborini, CEO di Ratti S.p.A. (Gruppo Marzotto) e presidente di Sistema moda Italia (SMI), federazione delle imprese del tessile e della moda che rappresenta un settore con circa 50.000 aziende e 400.000 addetti. SMI ha partecipato alle prime riunioni sull’EPR al Ministero della Transizione ecologica.

Dottor Tamborini, stando ai progressi dei lavori al MiTE, secondo voi quando potrebbe essere pronto il decreto sull’EPR per i rifiuti tessili?

Ci auguriamo che venga pubblicato entro l’estate del 2023. Abbiamo ricevuto rassicurazioni dal MiTE che entro fine anno si avvierà la consultazione sullo schema del provvedimento.

Visto che l’Europa si occuperà di EPR per armonizzare le norme degli Stati, non sarebbe utile attendere le decisioni della Commissione?

L’Italia è da sempre pioniera sui temi dell’EPR e ha anticipato di tre anni i termini per l’avvio della raccolta differenziata. Una scelta visionaria e coraggiosa. Riteniamo perciò opportuno mantenere questa posizione a livello nazionale e prima delle tempistiche che la Commissione si è data per l’adozione di un provvedimento sul tema. La Direttiva quadro sui rifiuti, del resto, ha già dettato la disciplina dei sistemi EPR e quindi non ci aspettiamo grandi stravolgimenti rispetto a un sistema che nascerà già al passo con i requisiti europei. Anche perché SMI siede ai tavoli istituiti a livello europeo dalle associazioni imprenditoriali interessate – Euratex che rappresenta i produttori, e EURIC che rappresenta i recuperatori – per l’armonizzazione dei futuri regimi EPR tessili, a cui partecipano anche rappresentanti della Commissione Ue.

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SMI, oltre a dar vita ad un consorzio (RETEX.GREEN) un anno fa ha presentato un proprio Position Paper sull’EPR nel tessile: ci può ricordare sinteticamente i punti salienti?

Il documento contiene in realtà dieci punti fondamentali, ciò che noi consideriamo il “decalogo” di un sistema EPR funzionale alla visione delle imprese del settore a partire dal perimetro del “regime EPR”: ai prodotti tessili finiti (abbigliamento, tessili per la casa e per hospitality, altri prodotti tessili destinati ad uso domestico o professionale) e, solo per la parte destinata direttamente alla vendita a utenti finali, abbiamo immaginato di aggiungere i prodotti tessili semilavorati (filati, tessuti, pelli e pelli da pellicceria) e calzature e articoli di pelletteria. In quanto le raccolte a valle generalmente comprendono anche questa tipologia di prodotti, che accrescono il valore delle partite, e inoltre perché quasi tutti i produttori di capi di abbigliamento hanno ormai in catalogo anche gli accessori.

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Un po’ come in Francia. Non è strano invece includere i semilavorati?

L’inclusione di questi ultimi riguarda soltanto quella piccola percentuale di produzione che va direttamente agli utenti finali professionali. Costringere un sarto a sostenere gli oneri del regime EPR ci sembra eccessivo, i controlli sarebbero pressoché impossibili e, inoltre, gli artigiani con l’ultima riforma della normativa sui rifiuti, producono rifiuti tessili classificati come urbani, che possono essere conferiti nella raccolta differenziata comunale: una soluzione semplice ed efficace, su cui tuttavia l’associazione non darà “battaglia” se la scelta del decisore pubblico sarà diversa.

Quali sono gli altri temi rilevanti?

Un tema cruciale è la definizione di “produttore”: sarebbero considerati tali le imprese italiane che fabbricano o immettono per prime sul mercato nazionale prodotti tessili recanti il proprio nome, la propria ragione sociale o il proprio marchio registrato, gli importatori e coloro che, dall’estero, vendono prodotti tessili direttamente agli utenti finali; una definizione, coerente con il Codice del consumo e con altri schemi regolatori applicabili ai prodotti tessili e moda e già sperimentata con successo nel settore dei RAEE.

Altro punto è la regolamentazione delle vendite a distanza. Immaginiamo il coinvolgimento e la responsabilizzazione dei gestori dei canali di vendita, delle piattaforme web e dei marketplace relativamente ai prodotti venduti. Si tratta di un tema ripreso anche dal Programma diffuso dal MiTE relativamente agli obiettivi dell’azione ministeriale.

E ancora, la governance dei sistemi di gestione EPR: la partecipazione ai consorzi EPR dovrà essere obbligatoria per i soli produttori, senza imporre la presenza dei distributori o, tantomeno, degli operatori della raccolta e del trattamento dei rifiuti. La responsabilità estesa, lo dice la stessa definizione legale, è dei produttori. Pur nella flessibilità delle forme e delle soluzioni, occorre consentire loro di evitare situazioni in cui possano generarsi conflitti di interessi o contesti anticoncorrenziali.

Proponiamo poi un’organizzazione della raccolta differenziata della frazione tessile nell’ambito di un sistema “all actors” in modo che sia organizzata dai punti vendita, dai raccoglitori privati e dai Comuni ed indirizzata a impianti autorizzati anche al di fuori della rete dei Consorzi. Secodo SMI un mandatory handover a favore di questi ultimi non sarebbe soltanto anacronistico, ma rischierebbe di travolgere anzitempo reti valide già consolidate. Al contempo sarà necessario istituire un Centro di coordinamento dei Sistemi dei produttori operante per l’ambito urbano e di un sistema di rendicontazione di tutti i flussi raccolti a livello nazionale.

Ancora. Sarà importante un uso oculato e programmato delle risorse del PNRR anche per l’avvio dei Sistemi dei produttori nell’ambito del regime EPR e comunque di predisporre una rete di raccolta e di trattamento dei rifiuti tessili adeguata, secondo una progressione definita su scala nazionale.

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Siamo arrivati al sesto punto del decalogo. Andiamo avanti.

E necessaria una progressione ragionevole nel tempo degli obiettivi di raccolta differenziata e di recupero da un obiettivo minimo corrispondente ai dati odierni (non superiore al 15/20% di rifiuti raccolti in modo differenziato rispetto all’immesso di nuovi prodotti tessili sul mercato), con un incremento graduale negli anni successivi. Il Sistema francese, dopo oltre dieci anni di attività, si attesta oggi su un target di circa il 40% di raccolta sull’immesso complessivo dei prodotti tessili. In Italia, attualmente, le soluzioni di riciclo diverse dalla preparazione per il riutilizzo sono marginali e ci sono problemi enormi legati alla conformità REACH dei materiali “end of waste” legate al tessile storico: un periodo transitorio e una progressione sono indispensabili. Partire da tassi troppo elevati rischia di far fallire in partenza il sistema.

Dopo quanti anni, secondo voi, si dovrebbe arrivare ad un 40% analogo ai livelli della Francia?

E’ difficile fare una previsione precisa, in mancanza di un quadro normativo di riferimento. Oltralpe hanno raggiunto tale risultato in un decennio. Per noi italiani un analogo obiettivo potrebbe essere raggiunto con un certo anticipo, forti da un lato dell’esperienza transalpina e dall’altro di quella dei nostri consorzi EPR in settori differenti.

Le iniziative mirate che stiamo portando avanti verso le aziende del settore, come l’informazione sul futuro dell’EPR, stanno suscitanto interesse e riflessioni su possibili iniziative. Il che rafforza la convinzione che anche di fronte a questa importante sfida la filiera tessile/moda saprà essere all’altezza.

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Torniamo al decalogo.

E’ molto importante inserire nel perimetro di azione dei Sistemi dei produttori anche le azioni di prevenzione, al fine di incentivare l’innovazione e gli sforzi delle imprese in tale ambito. Questo nell’ottica di migliorare la misurazione e la rendicontazione dei risultati raggiunti a livello nazionale. Su questa idea siamo stati confortati dalla Strategia dell’UE per prodotti tessili sostenibili e circolari del marzo 2022, che contiene una specifica raccomandazione in tal senso.

L’eco-contributo dovrà essere visibile sulle vendite di nuovi prodotti tessili e moda e sarà uno strumento non soltanto per finanziare la raccolta e incentivare l’ecodesign, ma anche ai fini della comunicazione al consumatore finale. L’ecocontributo dovrebbe essere determinato tenendo in considerazione i costi relativi alla gestione del “fine vita” e modulato sulla base di criteri di prestazione ambientale.

Infine la trasparenza per incrementare il livellodi legalità della filiera: occorrono sistemi di qualificazione e di monitoraggio che comprendano anche le raccolta e monte e le seconde tratte a valle, settori purtroppo interessati da contesti di malaffare. Come auspicato dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti, che ha pubblicato recentemente una relazione eloquente sul tema, la legalità deve costituire un obiettivo prioritario della regolamentazione del regime EPR e dell’azione dei Sistemi dei produttori. Noi siamo disponibili a fare la nostra parte, ma servono strumenti appropriati ed efficaci.

A quanto potrebbe ammontare il flusso di rifiuti nel perimetro coperto dalla responsabilità estesa del produttore secondo la vostra proposta?

Abbiamo stimato all’inizio un flusso di circa 150.000 tonnellate l’anno, in linea con i dati ISPRA disponibili.

Con un sistema di raccolta ‘all actors’, non si rischiano, come per i Raee, flussi paralleli che sfuggono al tracciamento?

A nostro avviso c’è un grosso fraintendimento su cosa intendiamo noi per “sistema all actors”. Immaginiamo un mercato in cui operano diversi consorzi, non monopolistico e in cui gli operatori e i Comuni possano proseguire, se lo trovano utile e conveniente, forme di raccolta e di gestione dei rifiuti tessili e moda parallele a quelle dei Sistemi dei produttori, senza una norma imperativa che imponga a tutti di consegnare ai consorzi i rifiuti raccolti. Questo non significa un sistema “tana libera tutti”, anzi: abbiamo chiaramente richiesto l’introduzione di forme di tracciabilità e di qualificazione “spinte” e l’istituzione di un Centro di coordinamento. Abbiamo inoltre più volte rappresentato al MiTE l’esigenza di una “vigilanza regolamentare” forte.

Anche Unirau (imprese della raccolta riuso e riciclo dell’abbigliamento usato) ha presentato un proprio documento sull’EPR: cosa ve ne pare?

Su moltissimi punti siamo d’accordo, convergenza che abbiamo ritrovato anche rispetto a quanto espresso dal presidente Fluttero nella recente intervista sulla vostra rivista. Siamo d’accordo sull’esclusione dei semilavorati dal perimetro EPR, con l’eccezione di cui sopra, fermo restando che promuoviamo comunque la partecipazione delle imprese tessili a monte ai Sistemi collettivi per tutto quanto concerne l’ecodesign e lo sviluppo di tecnologie innovative per il riciclo. Crediamo inoltre molto nel valore di consorzi focalizzati sulla rappresentanza esclusiva dei produttori.

D’accordo su tutto, dunque.

Su un punto no: le raccolte selettive non costituiscono un cherry picking. Come evidenziato anche dal Programma nazionale sui rifiuti, sono l’unica soluzione per creare, rispetto a talune tipologie di prodotti tessili e moda, soluzioni di riciclo ulteriori rispetto a quelle del riuso, anche in considerazione della sempre maggiore incidenza dei prodotti del fast fashion sull’immesso sul mercato complessivo, e molte di esse – pensiamo alle raccolte presso i punti vendita – saranno conferite agli stessi operatori che oggi ricevono le raccolte comunali; non si tratta di un impoverimento del mercato, anzi.

Come sa, Unirau, leggendo le vostre proposte, teme un ‘tana libera tutti’ e la creazione di concorrenza asimmetrica. Possiamo rassicurare queste imprese?

Quando Unirau afferma che SMI intende farsi carico della raccolta sovrapponendosi alle raccolte comunali non capiamo a cosa si riferisca. Tutti i regimi EPR contemplano le raccolte differenziate per il tramite dei punti vendita e dei distributori e le semplificazioni invocate riguardano esclusivamente questa attività, che non è svolta su base professionale. Lo stesso d.lgs. 116/2020, di recepimento della nuova Direttiva quadro sui rifiuti, contempla questo canale quando inserito nell’ambito dei circuiti di raccolta messi in atto dai sistemi dei produttori. Questo significa che tali raccolte non solo opereranno sotto lo stretto controllo dei consorzi, ma lo faranno nel quadro delle regole riguardanti la gestione dei rifiuti. Oggi, invece, sappiamo che sono diffuse pratiche di raccolta di rifiuti mascherate da raccolte di prodotti usati, che non ci sembrano siano da mantenere in atto.

Nei circuiti di raccolta selettiva organizzati dal consorzio di SMI, a tali regole si aggiungeranno controlli e verifiche attuati su base volontaria, che coinvolgeranno non solo i primi anelli della filiera del rifiuto, come è di prassi, ma anche ciò che succede a valle. È l’unico sistema per rompere gli schemi di illegalità che, a quanto ha riferito la Commissione Ecomafie nella sua relazione sugli indumenti usati, attualmente pervadono il settore. Il nostro approccio di controllo di filiera, ovviamente, non riguarderà solamente il flusso acquisito dal canale distributivo, ma anche quello che proverrà dai Comuni.
Non immaginate dunque due sistemi paralleli con regole differenti?

Questo scenario di sistemi paralleli nella nostra visione non esiste. I Comuni, come accade nelle altre filiere in cui sono stati introdotti regimi EPR, avranno la facoltà di conferire ai sistemi dei produttori ciò che raccolgono. A fronte di modalità di raccolta dei rifiuti tessili e moda che potranno essere plurali, il flusso sarà comunque convogliato in impianti di recupero autorizzati. Quindi quella che si sta prefigurando, nei ragionamenti con il Ministero, è una filiera totalmente integrata, dove i recuperatori coinvolti da SMI garantiranno alti standard di trasparenza, legalità ed efficienza ambientale.

Seguendo la linea dell’integrazione di filiera, che è anche la linea del Ministero, non esiste alcun conflitto tra il lavoro dei Sistemi dei produttori e quello dei Comuni. Al contrario, ci sono tutte le basi per una forte ed armoniosa sinergia, basata sulla condivisione delle responsabilità e la comunanza degli obiettivi.

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Per quali obiettivi, secondo voi, dovrà essere utilizzato l’ecocontributo che arriverà dalla responsabilità estesa del produttore per i rifiuti tessili?

Intanto riteniamo che l’ecocontributo dovrà essere determinato tenendo conto, da un lato, del principio di copertura dei costi efficienti, dall’altro, della necessità di garantirne la sostenibilità e la proporzionalità, coinvolgendo anche i distributori.

L’ecocontributo dovrà coprire una parte dei costi della raccolta primaria, in funzione della qualità della stessa, e finanziare al contempo attività di comunicazione e di educazione ambientale, di ricerca e sviluppo sulle soluzioni di riciclo, nonché le azioni di prevenzione messe in atto dai sistemi dei produttori.

Il regime EPR e la conseguente applicazione di un ecocontributo sui nuovi prodotti immessi sul mercato consentirà inoltre di iniettare risorse in una filiera che risente, attualmente, di inefficienze e forti diseconomie (se non, relativamente alle frazioni più “povere”, di un fallimento di mercato), anche a causa del crollo del valore degli abiti usati selezionati dopo la raccolta; e comunque caratterizzato dalla presenza di operatori finanziariamente deboli, che non appare attualmente adeguato a far fronte ai nuovi, sfidanti obiettivi posti dalla normativa più recente e dalla strategia sull’economia circolare.

I produttori dovranno consentire agli operatori a valle di lavorare nella legalità con la giusta remunerazione.

Come, secondo voi, si può recuperare il ritardo impiantistico sul riciclo delle fibre tessili? Il Pnrr sarà sufficiente?

Come SMI diamo atto che la centralità del settore tessile nell’ambito della “rivoluzione verde” e della “transizione ecologica” in corso è stata riconosciuta anche a livello del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – PNRR (Missione 2, Componente 1, misura M2C1.1.I.1.2.; decreto MITE 397/2021), che ha finalizzato risorse alla infrastrutturazione della raccolta delle frazioni di tessili pre-consumo e post-consumo, all’ammodernamento dell’impiantistica e alla realizzazione di nuovi impianti di riciclo delle frazioni tessili in ottica sistemica (i cosiddetti “Textile Hubs”).

Purtroppo rileviamo due criticità.

Ci dica.

La prima riguarda il fatto che i tempi previsi dai bandi per impegnare le risorse destinate al tessile non hanno tenuto conto della mancanza della normativa di riferimento in tema di EPR, normativa peraltro già in fase di approntamento, e senza l’affinamento della strategia per la gestione dei rifiuti dei prodotti tessili nell’ambito del Programma Nazionale di Gestione dei Rifiuti. Ben diverso sarebbe stato se le risorse fossero state rese disponibili a quadro di riferimento completato e indirizzate a facilitare la nascita dei sistemi collettivi EPR, evitando così di finanziare progetti isolati di operatori pubblici e privati che possono riproporre problemi di adeguatezza su scala impiantistica e territoriale.

Purtroppo i tempi sono stati dettati dalla Commissione europea e rischiano di essere un limite complessivo del PNRR. Ci dica della seconda criticità.

Riguarda l’ammontare delle risorse.

Il sistema associativo tessile/abbigliamento europeo, rappresentato da Euratex, di cui SMI è il socio principale, ha avviato già da tempo un’iniziativa chiamata Rehubs, con cui ha messo a punto una roadmap per il riciclo, su cui ingaggerà la Commissione Europea e svilupperà progettualità di ampia portata: automazione delle tecnologie di sorting, miglioramento del riciclo meccanico, sviluppo delle tecnologie per il riciclo chimico, termico-chimico…

Le risorse necessarie per chiudere i gap tecnologici sul riciclo dei tessuti in fibra mista o in mischia di fibre sono di un ordine di grandezza superiore, perché sono richieste tecnologie veramente innovative. Riteniamo quindi nostro compito condividere con il decisore pubblico italiano i risultati dell’analisi svolta a livello europeo, una volta disponibili, per individuare ulteriori risorse da indirizzare alle esigenze della filiera nazionale.

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