fbpx
venerdì, Novembre 15, 2024

Perché la corsa al litio rischia di moltiplicare i pericoli: gli appelli e gli studi per scongiurarli

Sempre più al centro della transizione ecologica, il litio è uno dei minerali più ambiti e discussi al mondo. Ma se il Nord del mondo vuole continuare a porsi al centro dei processi di decarbonizzazione, deve analizzarne i rischi estrattivi e la possibilità di generare nuovi conflitti

EconomiaCircolare.com
EconomiaCircolare.com
Redazione EconomiaCircolare.com

Se non è il metallo più discusso al momento, di certo il litio è al centro della transizione ecologica. Fondamentale per i nostri smartphone e le batterie per le auto elettriche (anche se le nuove generazioni di batterie non ne prevederanno più l’utilizzo), il litio è una delle materie prime critiche sulle quali entro l’anno l’Unione europea istituirà un regolamento e il cui rifornimento è interpretato in chiave “autarchica” dal governo Meloni, che punta a riprendere le estrazioni in Italia.

Il litio, insomma, sarà sempre più fondamentale nelle nostre vite e certamente un approccio circolare può limitare, e di molto, i problemi relativi agli impatti ambientali, economici e sociali che questo minerale comporta. Ma ciò potrebbe non bastare. Tanto che cominciano a moltiplicarsi gli appelli e gli studi che invitano a riflettere sulla nuova stagione di estrazioni minerarie ormai alle porte, sia in Italia che in Europa. Ecco cosa c’è da sapere.

Leggi anche: Batterie, “Entro il 2050 la domanda europea di litio sarà 35 volte quella attuale”

Chi lavora col litio non può non conoscere i rischi che comporta

“La corsa alle materie prime in Europa non giustifica il fatto di tenere i lavoratori all’oscuro dei pericoli del litio”: è questo il titolo di una riflessione pubblicata sul sito EuroNews nei giorni scorsi. A scriverla è Natacha Cingotti, responsabile del programma per la salute e le sostanze chimiche per Health and Environment Alliance (l’Alleanza per la salute e l’ambiente), vale a dire la principale organizzazione europea senza scopo di lucro che si occupa di come gli ambienti naturali e costruiti influiscono sulla salute nell’Unione europea.

Cingotti parte da un dato, ormai noto a chi legge EconomiaCircolare.com, vale a dire il fatto che l’Unione europea prevede che la necessità di litio aumenterà di 18 volte entro il 2030 e di 60 volte entro il 2050 rispetto all’attuale offerta. D’altra parte questo dato è uno dei punti di partenza per la proposta di regolamento sulle materie prime critiche, presentata nei giorni scorsi dalla Commissione europea, che mira proprio a ridurre le importazioni estere. Per farlo, come già accennato, le istituzioni intendono riprendere le estrazioni minerarie, bloccate negli anni scorsi per via degli alti impatti ambientali. Impatti che, al netto di una sensibilità maggiore e di tecnologie migliori, restano e preoccupano.

“La crescente dipendenza dai composti del litio nei settori critici – scrive Cingotti – dovrebbe essere una ragione sufficiente per le autorità europee per sostenere un’indagine approfondita delle loro proprietà. Chiediamo inoltre un rapido accordo su come comunicare questi rischi ai lavoratori e agli utenti finali. Dobbiamo garantire che i lavoratori e gli utenti esposti a questi composti siano informati dei loro potenziali rischi per la salute”.

Leggi anche: In marcia verso l’elettrico, tra superconduttori e batterie. Intervista a Elza Bontempi

Nuove estrazioni di litio? Nuovi conflitti

“Viviamo in un’epoca in cui la produzione e il consumo di risorse minerarie hanno toccato livelli mai raggiunti in precedenza”: con questa premessa il Dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente, del Territorio e delle Infrastrutture (DIATI) del Politecnico di Torino ha avviato l’incontro pubblico Conversazioni in Biblioteca, giunto alla settima edizione e dedicato, per il ciclo 2022-2023, al tema della guerra. In particolare l’incontro n°7 era focalizzato proprio sulle materie prime critiche.

“L’estrazione mineraria diviene un processo chiave del nostro presente e del nostro futuro e le risorse che esso mette a disposizione sono dunque delle risorse ambite, intorno alle quali si generano conflitti su più fronti e su più livelli: dai conflitti per il controllo delle risorse stesse e delle loro catene di valore, a quelli per il controllo dei territori che posseggono tali risorse, ai conflitti generati tra risorse tra loro in competizione, quali, ad esempio, quelle minerarie e l’acqua. Questi conflitti – si legge ancora nella descrizione dell’incontro – possono assumere varie forme, da quelle meno visibili di conflitti commerciali, a proteste che coinvolgono comunità locali spesso connesse a reti globali, a conflitti armati che possono sfociare in vere e proprie guerre, civili e non, che a loro volta possono essere foraggiate dalla vendita di risorse minerarie. Tali processi pongono una serie di questioni non solo di diretto interesse per le discipline e le professioni ingegneristiche, ma per tutti e tutte noi, in particolare noi che viviamo nel nord globale, che consuma la maggior parte delle risorse, tra cui anche quelle minerarie che, nella maggior parte dei casi, provengono da altre zone del mondo“.

All’incontro promosso dal DIATI, e consultabile sul canale Youtube del dipartimento del Politecnico di Torino, sono intervenuti Gian Andrea Blengini, professore di Ingegneria sanitaria ambientale al Politecnico di Torino, e Lorenzo D’Angelo, antropologo e ricercatore all’università La Sapienza di Roma. I due docenti hanno fornito una visione ampia – il primo più “tecnica”, il secondo più “umanistica” – delle questioni legate alle forniture, alle estrazioni e al ciclo di vita delle materie prime.

“Le materie prime non generano conflitti di per sè – ha spiegato il professor Blengini – Già a settembre 2022 la Commissione europea, nel processo che ha portato alla stesura della proposta di regolamento sulle materie prime critiche, aveva messo nero su bianco che il litio e le terre rare diventeranno presto più importanti dei combustibili fossili. La transizione ecologica sarà energivora: basti pensare che un chilo di rame nel futuro estratto tra dieci anni produrrà più gas serra di quanto non se ne produce attualmente per un chilo di rame, perché andremo a prendere il metallo a densità più profonde. Inoltre i Paesi fornitori di materie prime critiche avranno giustamente le proprie ambizioni di sviluppo tecnologico e di neutralità climatica: la Cina ad esempio sta passando dall’essere un Paese esportatore a un Paese importatore di materie prime critiche, con tutto ciò che questo comporta”.

rischi materie prime critiche
Fonte: slide prof. Blengini

L’antropologo Lorenzo D’Angelo è partito nella propria analisi dalle ricerche effettuate in prima persona in Africa, il Continente più ricco di materie prime critiche e sul quale Occidente (Stati Uniti ed Europa) e Cina hanno avviato da tempo una corsa all’accaparramento che, secondo un recente articolo del Financial Times, vede la Cina essere in forte vantaggio proprio nella corsa al litio. L’intervento di D’Angelo si è incentrato principalmente sull’estrazione di coltan in Sierra Leone, i cui effetti nocivi sul territorio e sulla popolazione sono stati verificati direttamente dal ricercatore – dall’uso smodato di acqua allo sfruttamento minorile e femminile fino ai conflitti tra società minerarie e minatori informali – e che in parte sono già replicati nelle ricerche di litio.

Leggi anche: Nella mappa europea delle nuove estrazioni minerarie c’è anche l’Ucraina. E l’Italia?

© Riproduzione riservata

spot_img

POTREBBE INTERESSARTI

Ultime notizie