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lunedì, Dicembre 16, 2024

ETRA, QUANDO IL RIFIUTO DIVENTA ENERGIA INTERNA

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Redazione EconomiaCircolare.com
[di Roberto Turetta]
Trasformare gli scarti in energia a beneficio dei propri uffici. E in carburante, per alimentare i mezzi destinati alla raccolta dei rifiuti stessi. La scommessa (vinta) della multiutility veneta Etra.


Sinossi

Etra è una multiutility che opera nel servizio idrico integrato e nel ciclo dei rifiuti, con un capitale sociale di oltre 64 milioni di euro. Ha sede amministrativa a Cittadella (Pd) e legale a Bassano del Grappa. Attualmente serve 75 comuni di tre province venete (Padova, Vicenza e Treviso).
Oggetto di approfondimento sono gli impianti più all’avanguardia gestiti da Etra nonché le sue politiche per attivare modelli di economia circolare.
Tra gli impianti il centro di Camposampiero risulta il fiore all’occhiello: dall’attività di depurazione di acque provenienti dalla rete fognaria, attraverso una serie di processi specifici, si ottiene l’energia necessaria per il proprio funzionamento e per la climatizzazione degli uffici. Mentre dal biogas ottenuto dai rifiuti organici si ricava il biometano, ottimo carburante per i mezzi di trasporto destinati alla raccolta degli stessi rifiuti.
Inoltre la multiutility ha aderito al progetto europeo Circe 2020, che ha lo scopo di guidare la transizione verso modelli economici di tipo circolare con il coinvolgimento di interi territori. Si tratta perciò di chiamare a raccolta tutti i soggetti economici del territorio. Qui però l’obiettivo è piuttosto ambizioso: costituire un tavolo di lavoro duraturo che vada oltre le tempistiche del progetto stesso.

Quando si parla di economia circolare, i primi esempi che vengono in mente sono quelli legati al ciclo di rifiuti. Meno noto è forse che le potenzialità sono molto più ampie di un semplice recupero di materia.
Alla multiutility veneta Etra lo sanno bene e lo applicano da tempo nei propri impianti specializzati. Operando non soltanto nel settore dei rifiuti ma anche in quello del servizio idrico integrato. Etra è infatti una società a capitale pubblico, costituita da 75 comuni soci delle province di Padova, Vicenza e Treviso, con un capitale sociale di oltre 64 milioni di euro. Tra difficoltà e momenti di forte slancio nel futuro, porta avanti la sua attività dal 2006. Nell’ambito dell’economia circolare, due progetti sono particolarmente significativi. Uno consiste nella produzione di solfato d’ammonio dal trattamento del materiale di discarica, nello specifico i percolati che possono servire da fertilizzante. L’altro progetto riguarda la produzione di biogas dai rifiuti organici: il successivo processo di separazione delle componenti gassose, in termine tecnico upgrading, permette di ottenere biometano, ottimo carburante per i mezzi di trasporto destinati alla raccolta degli stessi rifiuti.

L’impianto di Camposampiero

Per capire meglio come lavora Etra, vale la pena analizzare da vicino uno dei suoi impianti. La punta di diamante è il centro di biotrattamento di Camposampiero, nel Padovano. Apprezzato in particolare per la modernità e l’efficienza, è stato originariamente realizzato nell’ambito dei progetti per ridurre il carico d’azoto nella laguna di Venezia. Scarichi poco controllati, pesticidi e deiezioni animali per decenni hanno fatto capolino nell’ambiente lagunare attraverso la fitta rete di canali agricoli della zona, alterandone pesantemente l’equilibrio. Per aiutare a invertire la tendenza serviva qualcosa di specifico, da collocare magari in un’area strategica sia per la densità di imprese che per la giusta distanza geografica. Come funziona, lo spiega Omar Gatto, dipendente di lungo corso di Etra, attuale responsabile dell’unità organizzativa di Ingegneria di processo. «Prima depuriamo le acque reflue provenienti dalla rete fognaria. I fanghi ottenuti dal trattamento vanno poi incontro a un processo di digestione anaerobica, da cui si ottiene energia elettrica e termica dal biogas; con l’energia ricavata alimentiamo il digestore, soddisfiamo buona parte della domanda del depuratore e garantiamo la climatizzazione (caldo e freddo) di uffici e spogliatoi della nostra sede». Tutto gira in “tondo”, insomma.
A vederlo da fuori, il centro ha un aspetto piuttosto avveniristico. C’è un manufatto di forma sferica, con il compito di stoccaggio del biogas: la sua produzione, infatti, non può essere costante ma dipende dalla disponibilità dei materiali per alimentare i motori. Quindi c’è la parte destinata alla depurazione delle acque: i liquidi provenienti dalle fogne passano prima attraversi condotte sotterranee, per un primo trattamento e la rimozione della sabbia, quindi nelle vasche di superficie dove avviene la depurazione quasi definitiva grazie a una tipologia di batteri cosiddetti aerobi. Il processo è completato dall’aggiunta di un disinfettante che reagisce con il refluo garantendo l’innocuità dello scarico. Il circolo virtuoso innescato dal suo corretto funzionamento è confermato dai dati: 1.800.000 di “normal metri cubi” (è l’unità di misura per il gas in condizioni di pressione atmosferica e temperatura di 0°) prodotti all’anno di biogas, con percentuali di metano intorno al 60 per cento.

Il contesto economico e sociale

Da cosa nasce cosa, si dice. La massima si può applicare alla stessa economia circolare, perché si può concretizzare soltanto in un contesto favorevole. «Servono soggetti che abbiano interesse economico nel ciclo dei rifiuti: in questo modo possiamo effettuare la raccolta, vendere il nostro compost ed eventualmente l’energia prodotta» precisa Gatto. Che poi scherza sull’argomento. «La chiamiamo economia circolare, ma se guardiamo bene viene applicata da decenni nel nostro territorio: quando ero piccolo c’era chi raccoglieva stracci di ogni genere, per poi ricavarci altri oggetti e rivenderli. C’è sempre stata una cultura favorevole ed è emerso quando siamo partiti con la differenziata nel 1996». Ma cultura significa anche creare e garantire spazi di mercato. «Nel Veneto ha sempre funzionato perché molte aziende hanno trovato margini di guadagno nella gestione dei rifiuti». Un ruolo molto importante lo può avere la pubblica amministrazione. Per questo Gatto insiste molto con le municipalità socie di Etra per concretizzare il Green Public Procurement, cioè l’inserimento dei Criteri minimi ambientali (stabiliti nelle sedi ministeriali) negli appalti pubblici.

Il progetto Circe 2020 e il futuro

Etra guarda sempre al futuro, assicurano Gatto e i suoi colleghi. La scelta di essere parte del progetto europeo Circe 2020 (finanziato all’interno del Programma europeo Interreg Central Europe) va in questa direzione: Circe è nato per guidare la transizione verso modelli economici di tipo circolare, coinvolgendo altre realtà del territorio.
In una fase iniziale la strategia prevede sinergie e collaborazioni con le associazioni di categoria, alle quali si chiede di promuovere il progetto Circe tra i propri associati. Per chi aderisce, Etra mette a disposizione strumenti all’avanguardia. Innanzitutto le valutazioni basate sull’approccio del ciclo di vita: il Life cycle assessment, abbreviato in Lca, per valutare il ciclo di vita di un prodotto in relazione all’ambiente circostante; e il Life cycle costing o Lcc, sui costi di un prodotto nell’intera fase della sua esistenza. Quindi la mappatura delle migliori tecnologie disponibili, la raccolta e la diffusione di buone pratiche.
Una volta avviato il progetto sarà utile pure il confronto con i partner degli altri paesi europei che hanno aderito a Circe2020: esperienze ben riuscite possono essere esportate in altre realtà. Quindi ci potrà essere un flusso di informazioni dal territorio servito da Etra all’estero, ma anche viceversa.
Certo, non si tratta di passaggi facili e immediati, fanno sapere dagli uffici della stessa multiutility. A monte serve un cambiamento culturale che guardi non soltanto al guadagno immediato, ma inizi a considerare i possibili effetti ambientali e sociali di determinate scelte manageriali. Senza tuttavia dimenticare l’aspetto burocratico, perché a frenare l’innovazione è spesso un sistema legislativo e fiscale così complesso da risultare quasi farraginoso. E neppure potrà mancare un’attività di comunicazione mirata e strutturata verso la cittadinanza.
Del resto la prospettiva finale è di andare oltre le strette tempistiche del progetto (giugno 2020). Si tratta cioè di attivare un tavolo di lavoro duraturo. Che riunisca tutte le istituzioni e i soggetti economici potenzialmente interessati. E che si faccia promotore di attività e proposte all’insegna dell’economia circolare. «Penso alla sostituzione di materiali sintetici con altri di origine vegetale, all’aggiornamento delle tecnologie per il recupero dei rifiuti, all’impiego di materie prime non vergini ma provenienti dal riciclaggio. Ma gli esempi, al momento soltanto in fase concettuale, possono essere molti di più» aggiunge Gatto.

Gli investimenti in corso

Uno sguardo al futuro rimane tale se non ci sono adeguati investimenti in corso. Che nel caso di Etra ammontano a più di 10 milioni negli ultimi due anni. Parola dell’amministratore delegato Andrea Levorato. «In particolare, stiamo lavorando a dei progetti a Bassano del Grappa –spiega-. Uno riguarda il depuratore, per attivare la cogenerazione con motore a metano, produrre l’energia elettrica poi utilizzata dai nostri stessi uffici e laboratori, ed essiccare i fanghi. Un altro il completamento del polo rifiuti del quartiere Prè: in questo caso mitigheremo l’impatto ambientale con la triturazione del verde all’interno del capannone in regime di depressione; le arie esauste saranno trattate in biofiltro». In altre parole, niente cattivi odori. Mentre per Camposampiero non sono previsti interventi, perché per Levorato «è già all’avanguardia sotto tutti gli aspetti e funziona benissimo».

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