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domenica, Dicembre 15, 2024

Gas naturale liquefatto (Gnl): la nuova frontiera dell’industria fossile non è una soluzione sostenibile

Il report congiunto di Friends Of the Earth and Food&Water Europe smantella uno a uno i vantaggi dell’utilizzo di Gnl

Carlotta Indiano
Carlotta Indiano
Classe ‘93. Giornalista freelance. Laureata in Cooperazione e Sviluppo e diplomata alla Scuola di Giornalismo della Fondazione Basso a Roma. Si occupa di ambiente ed energia. Il suo lavoro è basato su un approccio intersezionale, femminista e decoloniale. Scrive per IrpiMedia e collabora con altre testate.

La crisi del gas del 2021 e la guerra in Ucraina hanno sconvolto l’idea tutta europea di mantenere stabili e immutati i rapporti di dipendenza energetica con la Russia. Nella sua proposta REPowerEU del marzo 2022, la Commissione ha spiegato che l’UE importa il 90% del suo consumo di gas (di cui circa il 45% dalla Russia) e ha fissato come obiettivo prioritario l’interruzione delle forniture di combustibili fossili russi “ben prima del 2030”. Questa rapida risposta politica alla guerra in Ucraina include l’obiettivo principale a breve termine di ridurre di due terzi la dipendenza dal gas russo entro la fine del 2022. Per raggiungere questo obiettivo, REPowerEU ha previsto un’accelerazione delle misure per le energie rinnovabili e l’efficienza energetica, ma anche un aumento di 60 miliardi di metri cubi delle importazioni di gas da fornitori non russi entro la fine di quest’anno. Per l’approvvigionamento di questo gas sostitutivo, l’attenzione si è concentrata sul Gnl (gas naturale liquefatto), tanto che il 25 marzo il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden e la Presidente della Commissione Europea Von der Leyen hanno annunciato la costituzione di una task force per la riduzione della dipendenza europea dalle fonti fossili russe e il rafforzamento della sicurezza energetica europea.

Voci a favore del GNL sono emerse anche in Italia ben prima della campagna elettorale: nel programma politico di Azione, il partito di Calenda già il 22 marzo chiedeva di diversificare nel breve periodo le importazioni di gas puntando al gas naturale liquefatto, attraverso trasporto navale da Paesi che non sono collegati all’Italia tramite gasdotti. Per poter distribuire tale gas nella pipeline italiana deve prima essere riconvertito allo stato gassoso tramite rigassificatori: Nel breve periodo quindi, occorre comprare/noleggiare almeno 2 rigassificatori galleggianti per una capacità complessiva pari a circa 15 miliardi di metri cubi l’anno”.

Il 5 maggio, poi, il ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani, spiegava che in Italia ci sono due strutture in gradi di velocizzare il processo di affrancamento energetico da Mosca: uno dovrebbe arrivare a inizio 2023 l’altro alla fine dello stesso anno, riuscendo così a rimpiazzare i 29 miliardi di metri cubi di gas che al momento sono importati dalla Russia. Cingolani faceva riferimento a due navi metaniere – Fsru, Floating Storage and Regasification Unit – rispettivamente a Ravenna e a Piombino, unità galleggianti che ricevono gnl a una temperatura di -160° da altre navi metaniere e lo rigassifica per poterlo immettere nella rete di trasporto del gas nazionale. I due rigassificatori si vanno ad aggiungere ai tre già a disposizione dell’Italia, quelli di Livorno, La Spezia e Rovigo.

Come spiegato su Valigia Blu, il caso di Piombino è particolarmente emblematico per raccontare la fascinazione che hanno gli Stati Membri nei confronti dell’ennesima risorsa fossile: in tre mesi, da aprile a giugno, il governo Draghi con il supporto di Snam ha approvato un progetto contro la volontà di tutte le forze politiche e le organizzazioni locali, da Fratelli d’Italia a Greenpeace.

Il gas naturale liquefatto è diventato la nuova bandiera energetica degli Stati Membri, ma la narrazione che ruota attorno a questa fonte fossile è doppiamente ingannevole: da un lato ci consente di tagliare il cordone ombelicale con la Russia, dall’altro risponde all’esigenza di contenere il riscaldamento globale al di sotto dell’1.5° perché inquina di meno rispetto ad altre fonti fossili.

Il report “LNG: the liquid path to climate chaos” di Friends of Earth in collaborazione con Food & Water Action Europe espone le ragioni per cui il gas naturale liquefatto è una scelta energeticamente poco sicura e impattante a livello ambientale.

Leggi anche: Cosa prevede il REPowerEU, il piano con cui l’Europa vuole superare la dipendenza dal gas russo

Precarietà energetica

Diversificare l’approvvigionamento delle risorse con una crescita nelle importazioni di Gnl rimpiazza una dipendenza energetica con un’altra: approvvigionarsi da paesi come USA, Nigeria, Qatar e Algeria significa rinunciare all’indipendenza energetica europea e incrementare la dipendenza da ulteriori Paesi.

Inoltre, il rischio di lasciare questi stati in totale precarietà energetica è alto.

Nello scenario medio-orientale si guarda al Qatar come Paese meno esposto di altri all’ingerenza russa e cinese e che potrebbe mettere a disposizione le proprie riserve di gas in favore dell’Europa. Attualmente buona parte del gas liquefatto proveniente da questo Paese è destinato a Giappone e Corea del Sud: l’aumento delle forniture verso l’Europa potrebbe quindi creare una tensione geopolitica dovuta alla diminuzione delle quote di gas che in precedenza erano riservate ai mercati asiatici.

Secondo un’analisi Energy Flux, in tempi normali, la Cina, il Giappone, la Corea del Sud, Taiwan e altri importatori di Gnl danno istruzioni ai loro acquirenti di gas di fare offerte più alte degli altri per acquistare sul mercato spot una quantità di Gnl sufficiente a coprire il loro fabbisogno invernale. I carichi seguono il denaro e fluiscono verso est. Solo quando l’Asia ha fatto il pieno di gas, viene presa in considerazione l’Europa. Questo perché l’Asia non ha molta capacità di stoccaggio del gas su cui contare e le società europee private obbediscono alle leggi dell’economia del libero mercato: non possono sostenere costi troppo alti che poi devono trasferire ai consumatori.

Un mandato statale per l’acquisto di Gnl di solito ha la meglio. Ora l’Europa si sta affannando a rifornire gli impianti di stoccaggio del gas europeo per soddisfare le necessità invernali quadruplicando l’import di Gnl dagli Usa. Secondo Reuters fino a giugno di quest’anno, gli Stati Uniti hanno esportato circa 57 miliardi di metri cubi di gas sotto forma di GNL, di cui 39 miliardi, pari al 68%, sono stati destinati all’Europa. A fronte di 34 miliardi di metri cubi, pari al 35%, di esportazioni di Gnl verso l’Europa per tutto il 2021. Ciò significa che gli Stati Uniti hanno già inviato all’Europa più gas nei primi sei mesi del 2022 di quanto ne abbiano inviato in tutti i 12 mesi del 2021. Se le esportazioni verso l’Europa continueranno allo stesso ritmo fino alla seconda metà del 2022, l’aumento totale rispetto al 2021 sarà di circa 45 miliardi di metri cubi. Ma il trend non è sostenibile. Di questo passo è prevedibile un aumento dei prezzi di Gnl in Asia e America Latina per attirare i cargo. Come ha sottolineato a Reuters Henning Gloystein, direttore per l’energia e il clima dell’Eurasia Group, “la dura e brutale realtà è che l’Europa sta battendo sui prezzi una larga parte dei mercati emergenti. Nel lungo termine questo non è sostenibile e sta già causando carenza di energia nell’Asia meridionale”.

Nuove infrastrutture inutili

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha provocato una spinta da parte degli Stati membri dell’UE, della Commissione europea e dell’industria del gas a dare il via libera a numerosi nuovi progetti di gas. Secondo il report Europe Gas Tracker Report del Global Europe Monitor, però, il problema per l’Europa non risiede in una di capacità di importazione di gas, ma piuttosto nella rigidità dei mercati globali. L’UE dispone di una capacità di importazione di gas sostanzialmente più che sufficiente – misurata in base ai gasdotti e ai terminali di gas naturale liquefatto presenti. Nel lungo termine, la costruzione di nuove infrastrutture renderebbe l’offerta eccessiva rispetto alla domanda. Inoltre, il livello di eccedenza ci metterà molto tempo a crescere considerando che i tempi di costruzione possono arrivare a sette anni. L’aggiunta di nuove infrastrutture per il gas è una risposta lenta, costosa e dannosa rispetto all’accelerazione della diffusione di alternative rinnovabili a prezzi accessibili e alla riduzione della domanda.

L’Europe Gas Tracker Report identifica 26 nuove proposte di terminali per l’importazione del Gnl per un aumento di 100 miliardi di metri cubi annui con un costo di 11.3 miliardi di euro.

Il Report non include ancora i piani annunciati da febbraio 2022 in poi in Estonia, Germania, Grecia, Italia e Olanda per lo sviluppo di nuovi rigassificatori, tra cui i due progetti italiani previsti per Ravenna e Piombino.  Alcuni dei progetti citati dal report come il Brunsbuttel Gnl in Germania e Porto Empedocle in Italia erano già stati accantonati dalla Commissione nei mesi passati. Considerando che i contratti per il rifornimento di Gnl durano dai 10 ai 25 anni, si tratta di investimenti di lungo termine e non soluzioni rapide alla dipendenza russa. Inoltre, gli scenari net – zero emissions dell’Agenzia Internazionale per l’Energia, dell’ENTSOG e dell’UE che prevedono emissioni nulle entro il 2050 cozzano inevitabilmente con la costruzione di nuovi terminali.

Leggi anche: Il Parlamento Eu approva la tassonomia. L’influenza della guerra e le prospettive per il gas e il nucleare

Impatti ambientali e rischi per la sicurezza

 Il dossier di Friends of Earth e Water&Food Europe mette in guardia rispetto ai rischi legati all’estrazione e al trasporto di Gnl.

Le pratiche di estrazione sono di due tipi: estrazione classica attraverso il pompaggio del gas dalle rocce o dal fondale marino e il fracking, Considerata una tecnica non convenzionale, consiste nell’iniezione di una soluzione di acqua e sabbia ad alta compressione negli stati rocciosi per spaccarli: il fracking libera il metano che viene raccolto e immagazzinato. Ma aumenta il rischio idrogeologico e può provocare eventi sismici nei pressi dei siti di trivellazione. Inoltre comporta problemi di contaminazione delle falde acquifere e un grande dispendio di risorse idriche nel processo di fratturazione.

Allo stesso tempo il trasporto del gas immagazzinato non è privo di rischi. Il Gnl è altamente infiammabile e quasi impossibile da spegnere. Nel 2014 200 persone furono evacuate dopo un’esplosione nell’impianto Williams Northwest Pipeline nello Stato di Washington, mentre nel 2004 un incidente in Algeria ha ucciso 30 persone.

I rischi associati al Gnl sono particolarmente elevati quando vengono proposti progetti di nuovi terminali di importazione vicino ad aree densamente popolate. In particolare, nel contesto delle discussioni sull’accelerazione della costruzione di infrastrutture per l’importazione di Gnl in Europa e di Paesi che si affrettano a riattivare piani di terminali Gnl accantonati, non possono essere trascurate le analisi del rischio sulla sicurezza e sulle implicazioni di trasporto di un gas così pericoloso. Cosa che sembra mancare anche per il rigassificatore di Piombino, per cui al momento non c’è nemmeno un progetto consultabile pubblicamente.

Povertà energetica

Dal 2019 al 2021 il prezzo all’ingrosso del gas fossile è aumentato in media del 400%. Nello stesso periodo il costo dell’elettricità è salito del 200%. Questo perché i prezzi sul mercato dell’energia sono basati sul prezzo della risorsa più costosa.

In questo contesto i Paesi meno forti in Europa hanno risentito di più della volatilità dei prezzi e dell’aumento del costo delle bollette. Ma le nuove infrastrutture per il Gnl non sembrano aiutare ad affrontare il costo dell’energia, anzi, costringono i consumatori ad almeno altri 10 anni di dipendenza da una fonte fossile estremamente dispendiosa quando in realtà le energie rinnovabili diventeranno sempre più accessibili ed economiche. Ciò significa che le famiglie e i consumatori verranno lasciati a pagare il prezzo della transizione energetica.

Già nel 2019, è stato stimato che 1 famiglia su 4, cioè più 50 milioni di persone in Europa, non può permettersi di riscaldare, raffreddare o illuminare adeguatamente la propria casa, una cifra destinata ad aumentare drasticamente con i nuovi vincoli sui prezzi.  Il gioco forza delle industrie fossili ha reso il gas un bene di lusso che diventa così fonte di profitto solo per l’industria stessa. Nuove infrastrutture e contratti a lungo termine sono una garanzia di profitto per il futuro.

Leggi anche: Perché il prezzo del gas non tornerà quello di prima. Il report della Commissione europea

Soluzioni alternative

Secondo un’analisi della ONG indipendente Regulatory Assistant Project l’energia pulita e l’efficienza energetica possono sostituire due terzi delle importazioni di gas russo entro il 2025. L’Europa può ridurre le importazioni di gas russo del 66% realizzando il pacchetto Fit for 55 dell’UE e accelerando la diffusione di elettricità rinnovabile, efficienza energetica ed elettrificazione. Ciò equivale a una riduzione totale di 101 miliardi di metri cubi. La sicurezza dell’approvvigionamento e la riduzione della dipendenza dal gas russo non richiedono la costruzione di nuove infrastrutture di importazione di gas nell’UE, come i terminali di gas naturale liquefatto ma è sufficiente approvvigionarsi di 51 miliardi di metri cubi di importazioni di gas attraverso gli impianti esistenti.

Dello stesso parere anche ECCO, il think tank italiano per il Clima per cui i consumi di gas in Italia non hanno mai superato il picco del 2005, salvo fluttuazioni annuali dovute ai cicli economici. “Una risposta infrastrutturale, che implica costi di lungo termine e tempi di realizzazione considerevoli, rischia di essere sbagliata rispetto a una crisi acuta che potrebbe risolversi in una bolla o comunque normalizzarsi in tempi più brevi rispetto a quelli di realizzazione delle infrastrutture”. Le azioni immediate sul risparmio dei consumi potrebbero portare a un calo della domanda nazionale di gas già entro il prossimo inverno, pari a un quinto dell’import di gas russo.

Le alternative a nuovi impianti per l’import di Gnl ci sono già, c’è da capire se anche il prossimo governo le vorrà vedere.

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