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domenica, Giugno 23, 2024

In Italia 63 milioni di tonnellate di CO2 evitate: grazie al riciclo

Italia da primato in Europa per riduzione dei rifiuti, efficienza nell’uso delle materie prime, riciclo. Presentato GreenItaly 2021, il report di Fondazione Symbola e Unioncamere sulla green economy italiana

Daniele Di Stefano
Daniele Di Stefano
Giornalista ambientale, un passato nell’associazionismo e nella ricerca non profit, collabora con diverse testate

Anche l’economia circolare, come scriviamo spesso, avrà un ruolo alla COP26 di Glasgow sul clima. Lo confermano, per l’Italia, i dati di GreenItaly, il report di Fondazione Symbola e Unioncamere sulla green economy italiana presentato ieri: il riciclo nazionale evita l’emissione di 63 milioni di tonnellate equivalenti di CO2 (2018). “C’è un’Italia che può essere protagonista alla COP26 di Glasgow: fa della transizione verde un’opportunità per innovare ha detto il presidente della Fondazione Symbola, Ermete Realacci –  e rendersi più capace di affrontare il futuro e coinvolge già oggi da 1/3 delle nostre imprese”.

Le imprese green

Sono oltre 441 mila le aziende tricolori che nel quinquennio 2016-2020 hanno scelto di investire in tecnologie e prodotti green: il 31,9% delle imprese nell’industria e nei servizi, il 36,3% nella manifattura. “Il Covid non ha fermato gli investimenti green, perché sempre più imprenditori sono consapevoli dei vantaggi competitivi derivanti dalla transizione ecologica”, ha spiegato il presidente di Unioncamere, Andrea Prete. Che ha aggiunto però che “ancora oltre la metà delle imprese manifatturiere percepisce questo passaggio più un vincolo che una opportunità”.

Eppure, secondo i dati di GreenItaly, le imprese che investono sulla sostenibilità “hanno un dinamismo sui mercati esteri superiore al resto del sistema produttivo italiano, innovano di più e producono più posti di lavoro”. Se consideriamo quelle manifatturiere (5–499 addetti), tra le eco-investitrici la quota di chi esporta è pari al 31% nel 2021, contro il 20% di quelle che non hanno investito. Con riflessi anche sul fronte delle aspettative sui fatturati: il 14% delle imprese investitrici attende un aumento entro il 2021, contro un 9% delle altre.

Partendo dallo scetticismo tra le imprese sul valore dell’economia green presente, Prete ha affermato che “per dare ulteriore impulso alla transizione ecologica occorre intervenire: sulla carenza di competenze attraverso percorsi di formazione adeguati; sulla diffusione di una cultura d’impresa più sostenibile; sull’accesso al credito bancario per facilitare il reperimento di risorse destinate investimenti ambientali; sulle norme e sulla fiscalità, semplificando le procedure amministrative oltre a incentivi e agevolazioni; sulla creazione di mercati per la sostenibilità (Green Public Procurement); sull’affiancamento da parte delle istituzioni alle imprese, sia nelle problematiche di carattere tecnico e tecnologico, sia di assistenza all’accesso a risorse e servizi”.

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I green jobs

A fine 2020 gli occupati che svolgono una professione di green job (che utilizzano cioè competenze legate alla sostenibilità ambientale) erano 3,1 milioni (in tutti i settori economici, sia nel privato che nel pubblico): il 13,7% del totale degli occupati. Un dato, si legge nel rapporto, stabile rispetto all’anno precedente nonostante gli effetti avversi della pandemia.

Il ruolo propulsivo di queste figure professionali è dimostrato dal fatto che tra i nuovi contratti previsti nel 2020 nell’area della progettazione, ricerca e sviluppo, l’86,7% interessava proprio green jobs. Lo stesso ragionamento vale per altre funzioni aziendali ad elevato valore aggiunto coma la logistica (l’80,3% dei contratti è rivolto a green jobs), l’area tecnica (’80,3%) e del marketing e comunicazione (77,3% del totale).

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Un comparto anticiclico

Il rapporto spiega che “la pandemia ha avuto un effetto asimmetrico sui diversi settori e comparti dell’economia: se molti hanno perso quote di reddito ed occupazione nel 2020, per altri c’è stata, invece, crescita o consolidamento”. In questo spartiacque tra imprese e settori che hanno sofferto e quelli che invece non hanno subito contraccolpi negativi, “il settore green rientra tra questi ultimi, avendo sostanzialmente confermato nel 2020 le performance del precedente anno sia in termini di investimenti sia di occupazione”.

“Leader nell’economia circolare”

“Siamo leader nell’economia circolare con un riciclo sulla totalità dei rifiuti – urbani e speciali – del 79,4% (2018): un risultato ben superiore alla media europea (49%) e a quella degli altri grandi Paesi come Germania (69%), Francia (66%) e Regno Unito (57%)”, spiegano Symbola e Unioncamere. Un riciclo che, se si considera la sostituzione di materia seconda nell’economia, ha effetti sui consumi energetici e sulle emissioni climalteranti (come già anticipato): con un risparmio annuale di 23 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio e 63 milioni di tonnellate equivalenti di CO2 nelle emissioni (2018; il contesto sono i 418 milioni di tonnellate di CO2 equivalente emessi nel 2019, Ispra).

Tra i grandi Paesi europei (inclusa la Gran Bretagna, perché l’ultimo dato Eurostat disponibile è relativo al 2018), l’Italia è seconda nell’indice dell’efficienza nell’input di materia: 270,5 tonnellate di materia per milione di euro prodotto (preceduta dal Regno Unito, 224,3). Tra il 2008 ed il 2019, nel nostro Paese l’impiego di materia prima per unità di prodotto è calato del 44,1% – secondi per riduzione dopo la Spagna (-53,2%), partita però da livelli di efficienza molto peggiori.

GreenItaly 2021

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Per misurare la circolarità dell’economia, Fondazione Symbola e Unioncamere osservano prima di tutto anche la riduzione dei rifiuti. Se tra i grandi Paesi europei la Germania ha mostrato la migliore tendenza in termini di riduzione – rifiuti per unità di prodotto – con un -15,6% tra 2008 e 2018, l’Italia vanta il primato per la minore quantità, con 42,3 tonnellate ogni milione di euro di Pil (la Germania ne fa registrare 59,1, la media dei gradi Paesi è 59 tonnellate).

GreenItaly 2021
GreenItaly 2021

In Italia, leggiamo ancora in GreenItaly, “il riciclo è il trattamento più diffuso per molti flussi di rifiuti, non solo quelli direttamente legati alle raccolte differenziate o separate in ambito industriale (frazioni secche riciclabili, frazione organica e verde, apparecchiature elettriche e veicoli da rottamare), ma anche l’insieme dei rifiuti chimici (68% a riciclo), i fanghi (77%), i residui di combustione e minerali stabilizzati (51%)”. Il recupero energetico e l’incenerimento hanno interessato invece 12,1 milioni di tonnellate di rifiuti totali, mentre in discarica – al cui interno è nettamente diminuita la quota di rifiuti indifferenziati non trattati- sono stati smaltiti poco più di 18,3 milioni di tonnellate dei 147,4 milioni totali di rifiuti prodotti in Italia nel 2018.

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