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venerdì, Novembre 15, 2024

Il bicchiere intelligente che elimina l’usa e getta dagli eventi

È smart, riutilizzabile e grazie all’internet delle cose dialoga con esercenti e consumatori, consentendo di pagare online e segnalando il risparmio di plastica ottenuto con il suo utilizzo. Alessio Jukka Lora, co-fondatore della startup Pcup, ci racconta come funziona

Loredana Menghi
Loredana Menghi
Dal 2008 scrive per il mensile di Legambiente La Nuova Ecologia, realizzando servizi giornalistici dedicati all'ambiente, alle tecnologie sostenibili, al sociale e ai diritti umani. Sempre per La Nuova Ecologia, dal 2012 cura la rubrica Equotech- Tecnologie Eco Solidali, trasformata nella web serie Innovazioni dal Basso, pubblicata sul portale RepubblicaTv, per il quale ha lavorato anche alla realizzazione di diverse web serie a sfondo sociale. Ha collaborato, inoltre, con l’agenzia di stampa Redattore Sociale, con i settimanali Left e Il Punto, il mensile Terra e il quotidiano Il Giorno.

Un futuro plastic free, finalmente libero dal marine litter (i rifiuti galleggianti) e dalla plastica monouso che affligge habitat ed ecosistemi: è la sfida raccolta dalla giovane startup italiana Pcup, che al grido di “il miglior rifiuto è quello che non si genera”, ha sviluppato dei bicchieri smart riutilizzabili, da usare – si spera presto, pandemia permettendo – nel corso di festival, eventi e grandi manifestazioni. Ma anche all’interno di pub, discoteche, aziende e conferenze, con l’ambizione di sensibilizzare gli avventori sull’importanza della riduzione dei rifiuti.

Product as service

“PCup è la prima alternativa concreta al bicchiere usa e getta – spiega a EconomiaCircolare.com il ceo e co-fondatore del progetto Lorenzo Pisoni – Un bicchiere gestito su cauzione prodotto in silicone alimentare, quindi a partire dalla sabbia e non dal petrolio. Un materiale resistente, infrangibile e flessibile, riutilizzabile migliaia di volte e in grado di cambiare le abitudini al consumo”. Un oggetto apparentemente semplice, inserito però in un sistema complesso, che sfrutta l’internet of things (vale a dire le potenzialità della Rete applicate agli oggetti di uso comune rendendoli intelligenti) e la tecnologia digitale, ispirandosi alla logica del product as service, della vendita cioè non tanto del prodotto ma di un servizio ad esso correlato. A rendere l’oggetto intelligente è un chip posto alla base del bicchiere. Tramite un’app mobile, il consumatore che prende il bicchiere pagando una cauzione può ordinare e acquistare bevande attraverso transazioni prive di scambio di denaro che possono sostituire il POS, il classico terminale di pagamento elettronico. Il bicchiere diventa per di più uno strumento di promozione e social networking. Ma vediamo più nel dettaglio come funziona il sistema messo a punto da Pcup.

Un bicchiere amico dei social

Per acquistare un drink, basta scaricare l’app sul telefono, registrarsi e inserire i dati del locale o dell’evento che offre il servizio. Accedendo con le proprie credenziali, il cliente può consultare il menù, pagare con la carta e recarsi direttamente al bancone del locale. Appoggiando il bicchiere su un apposito display, il chip che c’è sopra dialogherà con il tablet in dotazione al banco, che visualizzerà l’ordine e l’avvenuto pagamento. Il chip registra l’ora di ritiro del bicchiere, quale bevanda si consuma e in che quantità e soprattutto la plastica risparmiata. La piattaforma digitale Pcup, inoltre, consente l’interazione fra i partecipanti, di conoscerne i profili o le campagne lanciate da esercenti e organizzatori di eventi (dietro l’acquisto di un’apposita licenza), dando modo alle imprese “di valorizzare il proprio brand, innovare i propri servizi e la propria comunicazione”, spiegano dallo staff di Pcup. E per chi volesse pagare in contanti? Niente paura: sarà sufficiente rivolgersi a un’apposita cassa dotata di tablet, dove il cliente potrà acquistare il drink, proprio come fosse una ricarica telefonica. Per gli anti-social che volessero sottrarsi alle interazioni che il sistema può favorire, sarà sufficiente settare il proprio profilo in modalità privata, così che non venga condiviso con sconosciuti.

Leggi anche: La storia di Pcup nell’Atlante di Economia Circolare

Un concentrato di tecnologia, insomma, racchiuso in un bicchiere ma che non può prescindere dall’uso di smartphone e della tecnologia. Ma quanto è effettivamente amica dell’ambiente? Lo abbiamo chiesto ad Alessio Jukka Lora, cofondatore e responsabile marketing di Pcup.

Quanto dura in media un bicchiere di Pcup e quanta plastica consente di risparmiare?

I nostri bicchieri sono certificati per duemila lavaggi in lavastoviglie industriali, senza perdere in qualità e tenuta del logo, ma possono resistere a innumerevoli cicli in più. Ciò vuol dire che ogni singolo bicchiere ha la potenzialità di eliminare l’utilizzo di duemila bicchieri usa e getta, pari a 38 chili di plastica solitamente prodotta.

Ci fa qualche esempio di eventi in cui avete portato il vostro servizio?

In occasione del Torneo di Rugby 6 Nazioni che si è svolto allo Stadio Olimpico di Roma, grazie a 500 bicchieri forniti ad altrettanti clienti registrati tramite il download della nostra app, sono stati risparmiati circa 1.800 bicchieri monouso. Abbiamo sottratto così 33 Kg di plastica dalla discarica e 180 Kg di CO2 emessa nell’atmosfera. Durante il Djon Festival sull’Isola di Favignana, sono stati risparmiati 3.400 bicchieri evitando 63 kg di plastica e 363 kg di CO2, con un guadagno extra per il noleggio di 2.500 euro netti. Pcup è stato fornito, inoltre, alla sesta edizione de La Mezza Maratona di Ancona e alla Swim the Island, una gara di nuoto internazionale svoltasi presso la Riserva naturalistica di Bergeggi, in Liguria. Abbiamo evitato l’impiego di 1.871 bicchieri, equivalenti a 35 Kg di plastica e 162 Kg di CO2. Recentemente, abbiamo siglato un accordo con il Carnevale italiano di Bellinzona, in Svizzera per una fornitura di 20.000 bicchieri in tre anni.

Per quanto lungo anche il ciclo di vita dei vostri bicchieri a un certo punto termina: come vengono smaltiti?

Pcup cerca, per quanto possibile, di allungarne il ciclo di vita. Nel caso in cui le tazze fossero ancora utilizzabili e il gestore volesse sostituirle – magari per la modifica del marchio, del logo o l’aggiornamento tecnologico – può donarle. Fino al 70% del valore della donazione può essere detratta fiscalmente e sarà certificata dalla Onlus Cetri-Tires, l’ufficio europeo del professor Jeremy Rifkin con cui Pcup ha avviato una partnership. L’organizzazione collabora con varie scuole pubbliche primarie, con cui ha attivato progetti educativi sull’economia circolare. La seconda soluzione, invece, è quella di riciclare i bicchieri inutilizzabili o danneggiati. Il ​​materiale, adeguatamente trattato e lavorato, può essere addizionato a del nuovo silicone o essere trasformato in olio siliconico da aziende specializzate. Quanto ai chip, non sono chip attivi e non hanno batteria. Sono costituiti da un piccolo filo di rame che capta il segnale del telefono. In rapporto al peso del bicchiere costituisce meno dello 0,1%.

Cosa manca a suo avviso per espandere questa pratica fuori dalle esperienze di nicchia?

Dalle nostre casistiche vediamo che c’è interesse per il prodotto sia da parte dei gestori che da parte degli avventori. L’elemento cruciale in questo momento è quello di facilitare il più possibile la user experience (l’esperienza dell’utente, ndr), e l’utilizzo dell’applicazione.

Esistono altre esperienze di bicchieri gestiti su cauzione. In cosa si differenzia il vostro prodotto?

Il modello di business di queste aziende è quello della semplice vendita dei bicchieri, realizzati spesso con materie plastiche la cui qualità ne pregiudica la resistenza all’usura e la durata. Il modello di business di Pcup è invece incentrato sul digitale e sulla richiesta di una fee, una piccola percentuale sulle vendite. Pertanto il nostro interesse è quello di produrre un bicchiere più resistente e che possa essere utilizzato più volte possibile, senza dover essere sostituito.

Qual è il contributo che il vostro sistema potrebbe dare all’interno di un programma di prevenzione e riduzione dei rifiuti da parte della pubblica amministrazione?

L’intervento della pubblica amministrazione può essere determinante come catalizzatore del cambiamento: ad esempio, introducendo misure che penalizzano con la Tari i produttori di rifiuti usa e getta e contemporaneamente supportano finanziariamente sistemi di riuso come il nostro, che misurano i benefici ambientali ed economici in modo puntuale e trasparente contabilizzando i bicchieri monouso risparmiati. A fronte del risparmio di plastica e altri prodotti monouso, gli enti pubblici possono ad esempio sostenere i piccoli esercizi coprendo parte della fee di servizio di Pcup. Oltre l’80% dei nostri clienti target dichiara che una fee paragonabile a quella del POS pe ri pagamenti con carta (2-2,7%) farebbe per loro la differenza. Si tratta di un’opportunità per la PA di partecipare con un piccolo budget ad una misura di grande impatto, rendicontabile e comunicabile.

Ci può fare un esempio di come potrebbe funzionare nel concreto?

Ipotizziamo che un drink utilizzando Pcup costi 3 euro. La nostra fee del 5% è 15 centesimi, ma con la copertura di 10 centesimi da parte della pubblica amministrazione si ridurrebbe a 5 centesimi, cioè l’1,6%: un fee altamente più competitiva del POS. Se invece il drink costa 5 euro, la fee passerebbe dal 5% al 3%, decisamente più abbordabile. Un esempio concreto è l’accordo che abbiamo raggiunto a Genova per le partite allo stadio Luigi Ferraris, con il catering dello stadio B Cafè ed Amiu, l’azienda dei rifiuti, cofinanziato dal progetto europeo Life Tackle per la riduzione dell’impronta ecologica degli eventi sportivi. Questo modello può essere applicato ad altri eventi e situazioni in cui c’è una grande produzione di rifiuti da usa e getta.

Immaginate un futuro libero dalla plastica, ma il sistema non può funzionare senza l’impiego di smartphone e tablet, incoraggiando l’uso e un possibile incremento dei rifiuti elettronici. Avete considerato questo aspetto?

Il sistema richiede solo l’utilizzo di un tablet o di un telefono con l’applicazione Pcup installata al suo interno. Ne viene fornito uno per locale o uno per punto bar. L’utilizzo di device digitali quindi non aumenta in modo esponenziale. L’obiettivo futuro è quello di rendere l’applicazione in dotazione al locale o organizzatore dell’evento funzionante su qualsiasi device, in modo da poterla installare sul telefono di qualsiasi barista o del proprietario in modo da non dover acquistare o affittare da Pcup un device apposito.

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