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sabato, Dicembre 14, 2024

In che modo il governo Meloni ed Eni hanno deciso di puntare sulle bioraffinerie

Trenta milioni di euro per ogni progetto di riconversione e l'inserimento dei biocarburanti nella tassonomia europea già nel 2025: così il Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica punta sulle bioraffinerie. Mentre a Eni è stata rilasciata l'autorizzazione per la bioraffineria di Livorno

Andrea Turco
Andrea Turco
Giornalista freelance. Ha collaborato per anni con diverse testate giornalistiche siciliane - I Quaderni de L’Ora, radio100passi, Palermo Repubblica, MeridioNews - e nazionali. Nel 2014 ha pubblicato il libro inchiesta “Fate il loro gioco, la Sicilia dell’azzardo” e nel 2018 l'ibrido narrativo “La città a sei zampe”, che racconta la chiusura della raffineria di Gela da parte dell’Eni. Si occupa prevalentemente di ambiente e temi sociali.

È un buon momento in Italia per le bioraffinerie. Da tempo il governo Meloni ha mostrato di voler puntare su di esse per la decarbonizzazione dei trasporti. Lo ha fatto ad esempio inserendole – in una quota che abbiamo reputato generosa, doppiando gli obiettivi europei – nel Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima. E lo ha fatto con il decreto del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, nella serie generale del 5 agosto, in cui prevede un contributo fino a un massimo 30 milioni di euro per ogni singolo progetto d’investimento o per impresa che intende riconvertire – totalmente o parzialmente – le tradizionali raffinerie specializzate in prodotti petroliferi.

Il campione italiano delle bioraffinerie è Eni. La più grande compagnia energetica italiana ha da tempo puntato sul settore, avviando nel 2014 la bioraffineria di Porto Marghera e nel 2019 quella di Gela. Negli scorsi giorni l’azienda ha ottenuto l’autorizzazione da parte del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica di concerto con il Ministero della Cultura, acquisiti i pareri dell’Istituto Superiore di Sanità e della Regione Toscana, per il quale era stata presentata l’istanza di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) nel novembre 2022.

In un comunicato stampa in cui l’azienda ha annunciato che a breve arriverà il via a cantieri, Eni ha specificato che “le aree dove sono previsti i tre nuovi impianti per la bioraffinazione, cantierizzate dal gennaio scorso per le attività preparatorie, sono già pronte per l’apertura dei cantieri dove verranno costruiti i tre nuovi impianti che produrranno HVO diesel, HVO nafta e bio-GPL da materie prime rinnovabili (ai sensi della direttiva europea sulle energie rinnovabili)”. E all’orizzonte, secondo indiscrezioni di stampa che Eni non ha smentito, potrebbe esserci pure la riconversione della raffineria di Sannazzaro. Mentre quella di Taranto dal 2021 contribuisce alla produzione di carburanti sostenibili per l’aviazione (Sustainable Aviation Fuel – SAF) . Insomma: la strada è tracciata. Ma a che prezzo?

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I contributi dal MASE per le bioraffinerie

“L’Italia ha intenzione di chiedere alla prossima Commissione europea di iscrivere i biocarburanti nella tassonomia europea. È un passaggio importante, se pensiamo che cinque anni fa la tassonomia non  prevedeva nemmeno il nucleare e il gas”. A fine agosto il ministro Gilberto Pichetto Fratin, intervenendo alla seconda giornata della Soft Power Conference, ha reso esplicito ciò che era già noto da tempo: il governo punta ad accelerare i tempi e, invece di aspettare il 2026 (scadenza fissata dalla precedente Commissione UE), intende avere la strada libera già nel 2025 affinché le bioraffinerie siano indicate come attività economiche sostenibili dal punto di vista ambientale. Ciò aprirebbe la strada a ulteriori finanziamenti per il settore.

Intanto il MASE dà il proprio contributo. L’obiettivo della misura dello scorso mese, come stabilito dal decreto 176 del 22 novembre 2022 che sostiene il settore energetico, è di “incentivare la riconversione totale o parziale delle raffinerie tradizionali esistenti – scrive il MASE – al fine di aumentare la disponibilità di produzione nazionale di biocarburanti liquidi sostenibili da utilizzare in purezza. Il decreto integra quanto previsto dal decreto MASE del 16 marzo 2023 che prevede vengano immesse in consumo, dai soggetti obbligati, quantitativi di biocarburanti in purezza che si incrementano di centomila tonnellate annue, fino a raggiungere il milione di tonnellate nel 2030 e negli anni successivi”. Per il ministro Gilberto Pichetto, “con il via libera a questo decreto proseguiamo sulla strada dei nostri obiettivi di decarbonizzazione, affermando la centralità di un modello, quello dei biocarburanti sostenibili, che è già una realtà in Italia ma ha bisogno di una forte affermazione in sede europea”.

I contributi sono concessi a valere sul Fondo per la decarbonizzazione e la riconversione verde delle raffinerie esistenti, con priorità alla riconversione totale degli impianti tradizionali. Il soggetto che gestisce l’attuazione della misura è il Gestore dei Servizi Energetici, che dovrà predisporre nei prossimi mesi le regole operative.

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Il modello a sei zampe delle bioraffinerie

A Livorno la notizia attesa da tempo è arrivata lo scorso 10 settembre: la bioraffineria si farà. Una boccata d’ossigeno per quella che era la raffineria più vecchia d’Italia (1938) e che secondo i racconti di chi ci ha lavorato sentiva tutti gli anni che ha. Una notizia che ha visto esultare sia i sindacati che le amministrazioni interessate, cioè i Comuni di Collesalvetti e Livorno. E che però non cancella la complessità di una riconversione che è visibile innanzitutto nelle procedure: il provvedimento VIA con il quale è stata concessa l’autorizzazione è liberamente consultabile, ed è composto da 111 documenti allegati. In particolare in questa corsa alla bioraffinerie si continua a trascurare, ma sarebbe meglio dire sopravvalutare, l’impatto ambientale dell’intera filiera, come abbiamo raccontato più volte nello Speciale sui carburanti alternativi (qui). Utili anche le riflessioni allegate al comunicato stampa a firma del direttivo della Sinistra di Collesalvetti.

“Partendo da quest’ultimo punto l’Istituto Superiore della Sanità ha dato parere favorevole ma con prescrizioni non di poco conto – si legge  – Si conferma come l’attuale raffineria abbia avuto un impatto non trascurabile sulla qualità dell’aria e sul profilo sanitario del territorio, mentre andrà verificato se il nuovo progetto apporterà tutti quei miglioramenti auspicati. Ci auguriamo che gli organi competenti vigilino attentamente sul rispetto di tali disposizioni dalle quali dipende il miglioramento delle condizioni ambientali e la salute dei cittadini. Noi continuiamo ad esprimere enorme preoccupazione, ma non perché noi prevediamo chissà che, ma rispetto a ciò che le RSU e le organizzazioni sindacali interne alla raffineria ci hanno espresso in questi mesi rispetto al mantenimento del livello occupazionale. Questo solo progetto, rispetto a ciò che è stata la raffineria fino a ieri, non potrà garantire l’attuale numero di occupati, né delle ditte esterne, né dei diretti Eni. Quindi ci chiediamo come fanno i sindaci di Livorno e Collesalvetti ad ostentare tanta tranquillità”.

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