Che i biocarburanti sarebbero finiti nel documento finale del G7 Ambiente e Clima di Torino era prevedibile come il fatto che alla notte segue il giorno. La presidenza italiana del forum intergovernativo che vede, oltre il nostro Paese, la presenza di Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti d’America, si è contraddistinta per voler portare tra gli impegni finali le proprie priorità: dal ruolo di bacino energetico previsto per l’Africa attraverso il Piano Mattei alla fusione nucleare fino, appunto, ai biocarburanti, l’escamotage col quale l’esecutivo Meloni intende proseguire la produzione di auto col motore a combustione anche oltre lo stop al 2035, indicato dall’Unione Europea all’interno del pacchetto di riforme Fit for 55.
Eppure, al di là degli annunci, il comunicato stampa col quale il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) riassume l’esito del “vertice di Venaria” (dal luogo dove si sono tenuti i confronti tra i ministri dell’ambiente, dell’energia e del clima) non fa menzione dei biocarburanti. E se si legge l’intero documento finale del G7 Ambiente e Clima di Torino – lungo 35 pagine – si nota che la parola “biocarburanti” compare appena tre volte. La citazione più importante riguarda la “dichiarazione congiunta di Torino sui biocarburanti sostenibili indirizzata ai ministri del G7 dagli stakeholder settoriali dei biocarburanti” (dove ci sono già due citazioni su tre).
Perché allora tanto interesse e tanti proclami?
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Dire biocarburanti vuol dire Eni
Come abbiamo ripetuto più e più volte su EconomiaCircolare.com, l’attore principale sui biocarburanti in Italia è Eni. Per la più grande azienda energetica italiana, infatti, i biocarburanti hanno significato innanzitutto la possibilità di riconversione delle vecchie raffinerie di petrolio in “green refinery”. All’inizio, e per una manciata di anni, i due poli di Porto Marghera (avviata nel 2014) e Gela (2019) hanno utilizzato olio di palma proveniente dall’Indonesia. Poi, dopo la messa al bando sul suo utilizzo industriale da parte dell’UE, sono stati e sono tuttora utilizzati principalmente olio di ricino, provenienti attualmente da Kenya e Congo, e oli esausti, provenienti in gran parte dalla Cina. Il business dei biocarburanti per il cane a sei zampe si è rivelato interessante, tanto che a breve a Livorno verrà realizzata la terza bioraffineria (come confermato da Eni a gennaio 2024) e, secondo un’anticipazione di Staffetta Quotidiana, Eni starebbe pensando a una quarta bioraffineria, da realizzare a Sannazzaro.
In più Eni co-gestisce, negli Stati Uniti, la bioraffineria SBR di Chalmette (USA), mentre sono in fase di studio e valutazione due nuove bioraffinerie in Malesia e in Corea del Sud. Se attualmente il cane a sei zampe produce 1,65 milioni di tonnellate l’anno di biocarburanti tra Marghera, Gela e la join ventura negli USA, l’obiettivo è di raddoppiare tale quota entro la fine del 2025, arrivando dunque a 3 milioni di tonnellate l’anno di biocarburanti, per poi puntare a una produzione di 5 milioni nel 2030.
A gennaio 2024, in un’audizione presso la Commissione Ambiente alla Camera dei Deputati, il dirigente Lapo Pistelli (ex sottosegretario del governo Renzi), ha sostenuto la tesi, fatta poi propria anche dal governo Meloni, secondo la quale i biocarburanti non sarebbero alternativi alla mobilità elettrica ma complementari.
“Noi pensiamo che i biocarburanti siano molto importanti per una parte della mobilità su gomma, quella pesante, come il trasporto merci oltre una certa dimensione, ma anche per il trasporto leggero – ha detto Pistelli – L’Unione europea ha messo al bando i motori a combustione interna nel 2035 ma, sapendo che il biodiesel già oggi è in grado di abbattere le emissioni fino al 90% sul ciclo vita intero, in attesa che chi non può ancora permetterselo passi alla mobilità elettrica, passare a un biocarburante che abbatte le emissioni è una scelta in linea con gli obiettivi di trasformazione energetica e ambientale, che aiuta e rende protagonista il consumatore che effettua questa scelta”.
A gestire tutta la filiera dei biocarburanti è Enilive, l’ultima consociata di Eni in ordine di tempo, nata da una costola di Plenitude, che di recente ha fatto parlare di sé per l’annuncio della sponsorizzazione della serie A di calcio maschile per i prossimi tre anni. Secondo quanto riportato dall’agenzia ANSA, l’accordo tra Eni e la Lega di serie A comporterà un esborso da parte dell’azienda energetica di circa 22 milioni di euro all’anno (circa il 17% in più rispetto all’ultimo accordo con TIM). Un segnale, tra i tanti, che conferma il forte posizionamento di Eni. Che però, seppure sia innegabilmente il principale, non è l’unico.
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Gli altri interessi attorno ai biocarburanti
Attualmente HVOlution, il biocarburante prodotto da Enilive, è disponibile in oltre 800 stazioni di servizio sparse per l’Italia. E pare che Eni miri ad arrivare a mille stazioni entro l’anno. Se dunque l’interesse di Eni e del governo per i biocarburanti è palese un po’ meno, almeno per le persone non addette ai lavori, lo è quello dell’ampia rete che sostiene questo progetto. Il punto di partenza è la Global Biofuels Alliance, l’alleanza globale per i biocarburanti, che è stata lanciata a settembre 2023 dopo il G20 di New Delhi. Salutata dalla viceministra al MASE, la leghista Vannia Gava, come “la prova tangibile del buon lavoro che stiamo mettendo in campo sui tavoli internazionali per promuovere e contemperare, ad un tempo, la necessaria tutela dell’ambiente con gli interessi economici dell’Italia”, in realtà all’iniziativa partecipano sì Stati importanti come Brasile, Argentina, Sudafrica ed Emirati Arabi ma nel G7 l’unico altro Paese che ne continua a far parte, a quasi un anno di distanza dall’avvio dell’alleanza, sono gli Stati Uniti. Nonostante ciò in occasione del G7 il fervore sui biocarburanti in Italia si è allargato.
Se non sorprende che la Fondazione Eni Enrico Mattei abbia apprezzato la scelta del MASE a Torino, anche i giornali di destra più filogovernativi hanno preso parola: La Verità ad esempio titolava che “l’Italia ha tutto da guadagnarci” mentre Libero collegava i biocarburanti al “piano di Salvini per salvare l’auto”. L’iniziativa più degna di nota, in ogni caso, non si è tenuta nelle discussioni ufficiali ma nell’ambito delle iniziative legate alla “Planet Week” che hanno accompagnato il G7. In particolare il 28 aprile si è tenuto a Torino il “Forum internazionale sui biocarburanti sostenibili” promosso dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica. L’evento ha visto il coinvolgimento dei ministri dei Paesi membri del G7 e della presidenza brasiliana del G20, nonché dei principali stakeholder pubblici e privati attivi nel settore dei biocarburanti. A tal proposito è stata redatta una “dichiarazione congiunta”, coordinata dal Clean Energy Biofuture Campaign e dal Politecnico di Torino. Delle 7 pagine del documento ben 4 sono dedicate solo alle adesioni, e le più numerosi sono quelle italiane: Assitol, Assobiodiesel, Assocostieri, Coldiretti, Consorzio Italiano Biogas, ENEA, EniLive, RSE, Iveco.
Nella lettera si chiede di “riconoscere il contributo che i biocarburanti sostenibili possono apportare come parte di soluzioni sistematiche per de-fossilizzare il trasporto aereo, marittimo e stradale, generando al contempo coprodotti nel settore della bioeconomia e dell’economia circolare, recuperando rifiuti e utilizzando residui”, sposando dunque la tesi che i biocarburanti debbano essere impiegati anche le auto e non solo per i trasporti pesanti, notoriamente difficili da elettrificare.
In più si chiede di “creare un ambiente che consenta di esplorare le sinergie produttive tra biocarburanti, idrogeno e cattura e stoccaggio del carbonio” e, poco più avanti, si sostiene che “siamo pronti a sostenere il G7 e il G20 nello sbloccare il potenziale dei biocarburanti sostenibili mentre il mondo mira a raggiungere l’obiettivo della COP28 di abbandonare i combustibili fossili”. Biocarburanti, idrogeno e cattura e stoccaggio del carbonio, vale la pena ricordarlo, sono le tre strade principali sostenute dall’industria fossile per non riconvertire il proprio modello produttivo alle rinnovabili. Ed Eni, in questo senso, ne è il paradigma.
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Nel report di A Sud le criticità sui biocarburanti
A leggere dichiarazioni e prese di posizione dopo il G7 quella dei biocarburanti sembrerebbe la strada migliore per la decarbonizzazione di un settore, quello dei trasporti, che da solo comporta un quarto delle emissioni dell’Europa. Ma i dubbi sui biocarburanti sono tanti: dall’efficienza all’impatto su ambiente e comunità locali. Per saperne di più è possibile consultare il nuovo report di A Sud e del CDCA – Centro Documentazione Conflitti Ambientali, scritto dai giornalisti ambientali Carlotta Indiano e Andrea Turco.
Oppure, per chi è a Roma, è possibile partecipare alla presentazione che si terrà domenica 12 maggio alle 19:30 a La Redazione Scomodo (Via Carlo emanuele I): con Carlotta Indiano e Andrea Turco dialogheranno Luca Chianca, giornalista della trasmissione Rai Report, e il giornalista Pietro Forti. L’ingresso è gratuito ed è richiesta la tessera della redazione, che si può richiedere presso l’edicola all’entrata.
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