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mercoledì, Dicembre 11, 2024

Ogni giorno in Italia si consumano 20 ettari di suolo

La Giornata mondiale del suolo, istituita dall’ONU, arriva alla decima edizione. Invitando a prendersi cura di una delle risorse più preziose del pianeta. È quello che non fa ancora l’Italia, come accerta il rapporto ISPRA. Dove non esistono esempi virtuosi ma domina la logica del meno peggio

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Redazione EconomiaCircolare.com

Dal 2014 il 5 dicembre di ogni anno si celebra la Giornata mondiale del suolo. A ufficializzare la scelta è stata l’ONU, estendendo a livello globale un’iniziativa che lo Stato della Thailandia portava avanti sin dal 2002. Il tema scelto per l’edizione 2024, dato anche il decennale dalla prima edizione, è particolarmente importante e ha un titolo significativo, cioè Prendersi cura del suolo: misurare, monitorare, gestire. Tra gli obiettivi della Giornata 2024 c’è quello di  sottolineare l’importanza di dati e informazioni accurati sul suolo, per comprenderne le caratteristiche e supportare un processo decisionale informato sulla gestione sostenibile del suolo per la sicurezza alimentare.

Nota anche con la definizione inglese di World Soil Day, la celebrazione del 5 dicembre è particolarmente significativa perché mette al centro una risorsa naturale preziosissima e troppo spesso sottovalutata. Il suolo, infatti, è una risorsa finita e non rinnovabile ed è necessaria per la nostra esistenza fornendoci cibo, acqua pulita e rappresentando uno dei principali regolatori del clima terrestre. I suoli vengono sempre più degradati e quando ciò avviene noi compromettiamo seriamente la nostra capacità di produrre cibo e mantenere ecosistemi funzionanti.

L’edizione di quest’anno è ancora più importante perché coincide con la sedicesima sessione della Conferenza delle Parti (COP16) della Convenzione delle Nazioni Unite sulla lotta contro la Desertificazione (UNCCD) che è iniziata lo scorso 2 dicembre e si concluderà il prossimo 16 dicembre 2024 a Riyadh, in Arabia Saudita. Infine anche quest’anno, in lieve anticipo rispetto alla Giornata mondiale del suolo, il 3 dicembre l’Istituto Superiore per la Protezione Ambientale (ISPRA) ha presentato l’edizione 2024 del rapporto “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici,  a cura del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), che assicura le attività di monitoraggio del territorio e del consumo di suolo. Ecco le principali indicazioni emerse per l’Italia.

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Il consumo di suolo e “l’effetto spugna”

Il rapporto pubblicato sul sito di ISPRA, insieme alla cartografia e alle banche dati di indicatori disponibili per ogni Comune italiano, fornisce il quadro aggiornato dei processi di trasformazione della copertura del suolo e permette di valutare il degrado del territorio e l’impatto del consumo di suolo, dell’urbanizzazione e delle infrastrutture sul paesaggio e sui servizi ecosistemici.

suolo - fonte Eco atlante ISPRA
Fonte: Eco-atlante di ISPRA

“La perdita dei servizi ecosistemici legata al consumo di suolo -scrive ISPRA – non è solo un problema ambientale, ma anche economico: nel 2023 la riduzione del cosiddetto “effetto spugna”, ossia la capacità del terreno di assorbire e trattenere l’acqua e regolare il ciclo idrologico, secondo le stime, costa al Paese oltre 400 milioni di euro all’anno. Un “caro suolo” che si affianca agli altri costi causati dalla perdita dei servizi ecosistemici dovuti alla diminuzione della qualità dell’habitat, alla perdita della produzione agricola, allo stoccaggio di carbonio o alla regolazione del clima”.

Complessivamente il consumo di suolo rimane ancora troppo elevato, anche se con una leggera diminuzione rispetto all’anno precedente e continua ad avanzare al ritmo di circa 20 ettari al giorno, ricoprendo nuovi 72,5 km2 (una superficie estesa come tutti gli edifici di Torino, Bologna e Firenze). Una crescita inferiore rispetto al dato dello scorso anno, ma che risulta sempre al di sopra della media decennale di 68,7 km2 (2012-2022) e solo in piccola parte compensata dal ripristino di aree naturali (poco più di 8 km2, dovuti in gran parte al recupero di aree di cantiere).

“Nel 2023 – fa notare ancora ISPRA – risultano cementificati più di 21.500 km2, dei quali l’88% su suolo utile. In aumento la cancellazione del suolo ormai irreversibile con nuove impermeabilizzazioni permanenti pari a 26 chilometri quadrati in più rispetto all’anno precedente. Il 70% del nuovo consumo di suolo avviene nei Comuni classificati come urbani secondo il recente regolamento europeo sul ripristino della natura (Nature Restoration Law). Nelle aree, dove il nuovo regolamento europeo prevede di azzerare la perdita netta di superfici naturali e di copertura arborea a partire dal 2024, si trovano nuovi cantieri (+ 663 ettari), edifici (+ 146 ettari) e piazzali asfaltati (+ 97 ettari). In calo costante quindi la disponibilità di aree verdi: meno di un terzo della popolazione urbana riesce a raggiungere un’area verde pubblica di almeno mezzo ettaro entro 300 metri a piedi”.

Nonostante l’Italia sia un Paese a fortissimo rischio idrogeologico pressoché ovunque – quasi il 94% dei Comuni risulta a rischio frane, alluvioni ed erosione costiera e oltre 8 milioni di persone abitano in aree ad alta pericolosità – l’Istituto Superiore per la Protezione Ambientale fa notare che “proseguono le trasformazioni nelle aree a pericolosità idraulica media, dove la superficie artificiale avanza di oltre 1.100 ettari, mentre si sfiorano i 530 ettari nelle zone a pericolosità da frana, dei quali quasi 38 si trovano in aree a pericolosità molto elevata”.

Insomma: c’è ancora molto da fare affinché si dia il giusto valore alla terra su cui ogni essere vivente poggia il proprio corpo e fortifica la propria esistenza.

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Le Regioni e i Comuni meno dannosi sul suolo

Proprio così: sul consumo di suolo è impossibile stilare una classifica dei luoghi più virtuosi ma solo di coloro che limitano meglio i danni. Che siano Regioni, Comuni o settori industriali, infatti, tutte registrano il segno + per quel che riguarda il consumo di suolo. Tanto che la stessa ISPRA parla realisticamente di “risparmio di suolo”, stilando una classifica in cui compaiono i luoghi dove le trasformazioni della copertura del suolo sono limitate: sul podio del 2024 salgono Trieste, Bareggio (MI) e Massa Fermana (FM).

La Valle d’Aosta e la Liguria sono le uniche regioni sotto i 50 ettari: la Valle d’Aosta, con +17 ettari, è la regione che consuma meno suolo, seguita dalla Liguria (+28) che si contiene al di sotto di 50 ettari. Gli incrementi maggiori per l’ultimo anno si sono verificati in Veneto (+891 ettari), Emilia-Romagna (+815), Lombardia (+780), Campania (+643), Piemonte (+553) e Sicilia (+521). Escludendo le aree ripristinate (operazione da cui si ricava il consumo di suolo netto) segnano gli aumenti maggiori Emilia-Romagna (+735 ettari), Lombardia (+728), Campania (+616), Veneto (+609), Piemonte (+533) e Sicilia (+483). 

Per quanto riguarda invece le città nel 2023 è Roma a far registrare la performance “migliore” – ma anche in questo caso le virgolette sono d’obbligo, perché l’obiettivo del consumo di suolo zero è ancora lontano da essere raggiunto da chiunque. In ogni caso a livello comunale la capitale per la prima volta perde meno suolo, nel senso che nell’anno passato ha fatto registrare una significativa riduzione dell’incremento rispetto ai dodici mesi precedenti (dai + 124 ettari del 2022 è passata ai + 71 del 2023); ma si conferma comunque tra i Comuni con il consumo di suolo più alto (tenuto conto che si tratta del Comune con la maggiore superficie in Italia), insieme a Uta (+ 106 ettari), un Comune della città metropolitana di Cagliari, e Ravenna (secondo Comune per superficie totale in Italia, + 89 ettari), interessata negli ultimi due anni dai noti e ripetuti disastri climatici.

giornata suolo

 

Se invece analizziamo i settori industriali la parte del leone vorace per quel che riguarda il consumo di suolo la fa, ancora una volta, la logistica. ISPRA rende noto che “nel 2023 la logistica ricopre altri 504 ettari in un solo anno, una crescita attribuibile principalmente all’espansione dell’indotto produttivo e industriale (63%), mentre la grande distribuzione e le strutture legate all’e-commerce contribuiscono rispettivamente per il 20% e il 17%. Il fenomeno si concentra prevalentemente nelle regioni del Nord Italia, con un massimo di superfici consumate in Emilia-Romagna (101 ettari), Piemonte (91 ettari) e Veneto (80 ettari)”.

Dati che mostrano in maniera lapalissiana come continuare col modello economico attuale, all’insegna della ricerca della produzione costante, del consumismo imperante e della crescita senza limiti vuol dire, inevitabilmente, portare al collasso la terra e le sue risorse. Anche sul suolo, dunque, bisognerebbe perseguire l’economia circolare: privilegiando il riutilizzo di strutture e padiglioni già esistenti, ad esempio, o puntando sull’ecodesign per minimizzare al massimo l’inevitabile impatto ambientale. È, forse, la lezione più vitale da tenere a mente nella Giornata mondiale del suolo.

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