Siamo abituati che la Befana porti il carbone ai bambini più discoli. Eppure Befana rischia di dover chiedere la disoccupazione: oggi di carbone ne circola più di quanto ne abbiamo mai usato in passato. Per il secondo anno successivo, infatti, l’Agenzia internazionale per l’energia (International Energy Agency – IEA) segnala il record di consumi del più inquinante dei combustibili fossili. Ma non avevamo preso la strada della decarbonizzazione? A parole sì, i fatti sono tutt’altra cosa: attualmente il carbone “è ancora la principale fonte di energia per la generazione di elettricità, la produzione di acciaio e cemento, ma anche la più grande fonte di emissioni di anidride carbonica (CO2) da parte dell’attività umana”. Vediamoli allora, i fatti, nei numeri forniti dal report dell’IEA.
Record dopo record
L’anno scorso l’IEA ci diceva che nel 2022 la domanda globale di carbone era destinata a crescere dell’1,2%, raggiungendo “il massimo storico e superando per la prima volta gli 8 miliardi di tonnellate”. Quest’anno arriva un nuovo massimo storico a scalzare quello del 2022: “Lo studio Coal 2023 vede la domanda globale di carbone aumentare dell’1,4% nel 2023, superando per la prima volta gli 8,5 miliardi di tonnellate”. L’aumento globale nasconde forti differenze tra le regioni del globo. Mentre il consumo è destinato a diminuire nella maggior parte delle economie avanzate, con cali record nell’Unione Europea e negli Stati Uniti di circa il 20% ciascuno, le cose vano diversamente altrove. “La domanda nelle economie emergenti e in via di sviluppo, invece, rimane molto forte, con un aumento dell’8% in India e del 5% in Cina nel 2023, grazie all’aumento della domanda di elettricità e alla debole produzione di energia idroelettrica”, si legge nel report.
Quest’anno, la Cina, l’India e il Sud-Est asiatico rappresenteranno i tre quarti del consumo globale, rispetto a circa un quarto nel 1990. Nel 2023 il consumo del Sud-Est asiatico ha superato per la prima volta, dicono le previsioni IEA, quello degli Stati Uniti e quello dell’Unione Europea. Fino al 2026, l’India e il Sud-Est asiatico sono le uniche regioni in cui il consumo di carbone è destinato a crescere in modo significativo. Nelle economie avanzate, l’espansione delle energie rinnovabili in presenza di una debole crescita della domanda di elettricità continuerà a guidare il declino strutturale del consumo di carbone.
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Una calza di carbone da 120 miliardi di dollari
Un nuovo rapporto dei ricercatori di BloombergNEF mostra l’anno scorso le banche hanno organizzato circa 120 miliardi di dollari di finanziamenti per progetti legati al carbone, pari a circa il 13% di tutti i finanziamenti per progetti legati ai combustibili fossili. Secondo la ricerca del BNEF, questo rapporto deve scendere al massimo all’1% entro il 2040 per limitare l’impatto del cambiamento climatico.
La maggior parte del business del carbone proviene dalla Cina. L’anno scorso, infatti, il 76% dei finanziamenti per il carbone, pari a 93 miliardi di dollari, ha avuto luogo nella seconda economia mondiale. Gli Stati Uniti si sono piazzati al secondo posto con 10 miliardi di dollari, seguiti da 3 miliardi di dollari per India e Germania. Tutte le 10 maggiori banche sottoscrittrici di carbone hanno sede in Cina, guidata dalla Industrial & Commercial Bank of China Ltd (ICBC). Nelle circa 1.000 banche analizzate da BNEF, il rapporto tra il finanziamento di progetti a basse emissioni di carbonio e quello per i combustibili fossili è stato nel 2022 0,73 contro 1. Per la ICBC è stato di 0,57 a 1. Avvertono i ricercatori di BloombergNEF: “Tutti i finanziamenti ai progetti di carbone devono diminuire drasticamente per limitare le possibilità che le temperature globali aumentino di oltre 1,5°C entro la metà del secolo”.
Buone notizie all’orizzonte (ma senza fretta, a dispetto degli obiettivi climatici)
L’Agenzia prevede però che la domanda globale di carbone diminuirà del 2,3% entro il 2026 (rispetto ai livelli del 2023), “anche in assenza dell’annuncio e dell’attuazione da parte dei governi di politiche più incisive in materia di energia pulita e clima” (quando si parla di politiche climate friendly l’ottimismo domina…). Questo calo sarà determinato dalla prevista grande espansione della capacità di energia rinnovabile. “Più della metà di questa espansione della capacità rinnovabile a livello mondiale si verificherà in Cina, che attualmente rappresenta oltre la metà della domanda mondiale di carbone”. Di conseguenza, si prevede che la domanda di carbone cinese diminuisca nel 2024 e si stabilizzi fino al 2026.
Il previsto calo della domanda globale di carbone “potrebbe segnare una svolta storica”, rimarca l’IEA. Tuttavia, secondo il rapporto, il consumo globale dovrebbe rimanere “ben al di sopra degli 8 miliardi di tonnellate fino al 2026”. Mentre “per ridurre le emissioni a un ritmo coerente con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, l’uso del carbone non smaltito dovrebbe diminuire molto più rapidamente”.
“Abbiamo assistito alcune volte a cali della domanda globale di carbone, ma sono stati brevi e causati da eventi straordinari come il crollo dell’Unione Sovietica o la crisi di Covid-19. Questa volta sembra diverso, in quanto il calo è più strutturale, guidato dalla formidabile e sostenuta espansione delle tecnologie energetiche pulite”. ha dichiarato Keisuke Sadamori, direttore dell’IEA per i mercati e la sicurezza energetica. “Un punto di svolta per il carbone è chiaramente all’orizzonte, anche se il ritmo di espansione delle energie rinnovabili nelle principali economie asiatiche determinerà ciò che accadrà in seguito, e sono necessari sforzi molto maggiori per raggiungere gli obiettivi climatici internazionali”.
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