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venerdì, Novembre 15, 2024

Quanto (poco) sono sostenibili i porti italiani? L’indagine della fondazione Ecosistemi

Indagine della Fondazione Ecosistemi su gestione, acquisti e catene di fornitura in nove grandi porti italiani. In ritardo sui combustibili alternativi e biolubrificanti, i porti sono già al lavoro sul sistema di collegamenti integrati porto-entroterra e su riduzione di emissioni, tutela della biodiversità e adozione dei CAM (criteri ambientali minimi)

Lucia Guarano
Lucia Guarano
Giornalista e autrice, ha firmato per Round Robin editrice il romanzo-inchiesta: “La Guerra è finita”, candidato al premio Strega 2016. Ha collaborato con numerose testate internazionali (Al Jazeera English, Al Arabiya, The National, T- Qatar - The New York Times Style Magazine e Qatar Tribune) e nazionali (Giornalettismo, Huffington Post, Apcom). Ha tradotto dall’inglese il graphic novel “La Lucha” (Ed. Verso Books). Nel 2020 ha firmato, “Ilaria Alpi. Armi e veleni, le verità interrotte”, inchiesta a fumetti uscita in edicola, in allegato al Fatto Quotidiano.

Le autorità portuali rispondono ancora solo in parte al tema della sostenibilità, ma hanno anche buone opportunità per cambiare rotta nel modo in cui si procurano beni e servizi e svolgono le loro attività. È quanto emerge dallo studio, “Green RePort: la sostenibilità e l’adozione del green public procurement nelle autorità portuali“, realizzato su acquisti, catene di fornitura e gestione dei porti italiani, dalla Fondazione Ecosistemi e presentato ieri (con la moderazione del nostro direttore editoriale Raffaele Lupoli) al Forum compraverde.

Secondo quanto si legge nelle conclusioni del rapporto, “gli indici più fragili sono registrati nel mancato uso di combustibili alternativi e biolubrificanti da parte degli operatori del trasporto marittimo”. In pratica il 100% del campione (il 56% del totale dei porti italiani) non adotta alcuna forma di incentivo e promozione dell’uso di biolubrificanti da parte degli cooperatori del trasporto marittimo. Va meglio, invece, sul fronte rifiuti: tutti sono attivi sul fronte della raccolta differenziata, anche base appare singolare la scarsa adesione a politiche di riduzione di politiche di riduzione dell’uso della plastica.

Qualche progresso la rilevazione di Fondazione Ecosistemi lo registra sui collegamenti integrati porto-entroterra, sulla riduzione di emissioni nei porti (l’80-90% delle quali è prodotto da navi in sosta o in movimentazione) e il miglioramento della biodiversità.

Perimetro e oggetto dell’indagine

Due gli obiettivi dell’indagine: incoraggiare la diffusione di tecnologie ambientali e lo sviluppo del Green Public Procurement (Gpp), l’approccio in base al quale le amministrazioni pubbliche integrano i Criteri Ambientali Minimi (CAM) nel processo di acquisto.

L’analisi ha coinvolto le autorità portuali di Genova, Palermo, Brindisi, Napoli, Salerno, Castellammare di Stabia, La Spezia, Livorno e Gioia Tauro, con lo scopo di indagarne l’approccio nei confronti della sostenibilità e di effettuare un’analisi di quanto realizzato rispetto alle politiche sul Gpp.

I temi affrontati nel questionario oggetto del report hanno riguardato tutti i temi chiave legati al nuovo modello di economia circolare, dalle fonti rinnovabili, all’attuazione di politiche plastic free, la pubblicazione di report sulla sostenibilità, i servizi ecosistemici, il grado di conoscenza del GppPP, il gender procurement e i criteri sociali adottati.

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Green public procurement, formazione e politiche plastic free: i risultati del report

I primi risultati suggeriscono che, se da un lato, le autorità sembrano attive nella raccolta differenziata dei rifiuti, la maggior parte non dispone ancora di una politica per la riduzione dell’uso della plastica e di un sistema di reportistica della sostenibilità.

“La riduzione dell’uso della plastica è fortemente collegata all’inserimento di criteri ambientali negli acquisti che incidono indirettamente sull’utilizzo di materie plastiche – spiega a Economiacircolare.com, Gianna Le Donne, responsabile del report –.  La consapevolezza di questo stretto legame non è così diffusa. Si tratta di investire nella definizione di policy e nella loro traduzione nel green procurement, nella formazione dei responsabili d’acquisto, nell’individuazione delle soluzioni organizzative e tecnologiche alternative a quelle convenzionali”.

Dal punto di vista del Gpp, dal report emerge, invece, la necessità di maggiori investimenti in formazione. “La formazione è un tema centrale per la pubblica amministrazione in primis, ma anche per il sistema delle imprese – ha aggiunto Le Donne –. È fondamentale rafforzare le capacità istituzionali degli enti locali e in questo caso delle Autorità del Sistema Portuale e dei responsabili di acquisto delle Stazioni Appaltanti per diffondere il Green Public Procurement e garantire l’adozione dei CAM negli appalti pubblici, sia nell’acquisto di beni e servizi che nella realizzazione delle opere”.

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Criteri Ambientali Minimi (CAM): il focus

La seconda parte dello studio offre, invece, un focus sui Criteri Ambientali Minimi (CAM) nelle procedure di acquisto e sulla loro applicazione. L’indagine ha riguardato la fornitura di una vasta gamma di prodotti: stampanti, toner, prodotti elettronici, carta, arredi e pulizia, energia ed edilizia, veicoli e tessili, calzature e verde, arredo e mense, illuminazione e rifiuti. E i risultati fin qui acquisiti sembrano evidenziare che la maggior parte delle autorità portuali adottino i CAM nelle procedure di acquisto.

“La fotografia emersa dal primo monitoraggio effettuato ci mostra un contesto con un effettivo margine di crescita, dove poter andare ad operare migliorando sicuramente la comunicazione interna ed esterna e fornire informazioni in merito allo strumento del GPP e riguardo le opportunità che hanno le stazioni pubbliche appaltanti, come sono le Autorità del Sistema Portuale di usufruire di un affiancamento e formazione anche attraverso il programma dedicato da parte del MiTe, come il programma Creiamo Pa – ha spiegato ancora Le Donne –. Il Forum Compraverde e gli strumenti come il Green RePort aiutano a diffondere e allargare la consapevolizzazione sui Criteri Ambientali Minimi, il loro utilizzo e dunque le operazioni di acquisti verdi. Il tutto a partire da una maggiore sensibilizzazione e formazione sul tema”.

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Il decreto i fondi per porti più moderni

Il report arriva a distanza di pochi giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto del Mims,il Ministero delle Infrastrutture e delle Mobilità sostenibili, che guiderà il cambiamento dei porti italiani fino al 2026. Una serie di misure che dovrebbero rendere i porti italiani “più moderni, digitali, sostenibili e in grado di rispondere alla sfida della decarbonizzazione”.

Lo stanziamento, previsto dal fondo complementare al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), è di 2,8 miliardi di euro per le infrastrutture portuali. Nello specifico, gli interventi previsti sono cinque: “Sviluppo dell’accessibilità marittima e della resilienza delle infrastrutture portuali ai cambiamenti climatici” (1.470 milioni di euro); “Aumento selettivo della capacità portuale” (390 milioni); “Ultimo/penultimo miglio ferroviario/stradale” (250 milioni); “Efficientamento energetico” (50 milioni), interamente destinati alle regioni del Sud; e l’elettrificazione delle banchine (cold ironing) per 675 milioni di euro. Come ha spiegato lo stesso ministro Enrico Giovannini, i fondi per l’elettrificazione delle banchine sono destinati a 45 porti e rappresentano un’importante opportunità per “abbattere le emissioni, migliorando la qualità dell’aria e riducendo il rumore nei porti”.

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