Immaginate di sentire troppo freddo o troppo caldo nelle vostre case, di non poter cucinare adeguatamente ogni volta che volete, di non potervi permettere di illuminare tutte le stanze: ecco, in questi casi è probabile che voi siate in povertà energetica. Come spiega ENEA in un approfondimento, non esiste una sola definizione di povertà energetica: possiamo dunque propendere per quella suggerita dall’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, e cioè “l’incapacità di fruire di beni e servizi energetici essenziali”.
Sempre ENEA aggiunge che “si tratta di un fenomeno complesso che può essere causato da molti fattori ed assumere significati e connotazioni radicalmente eterogenei a seconda della popolazione o del territorio di riferimento”. Quel che è certo è che di povertà energetica in Italia si parla troppo poco, e che invece costituisce uno dei fattori di disuguaglianza più rilevanti in un Paese come il nostro, basato sull’energia, e prevalentemente di origine fossile.
Ecco perché è importante analizzare i provvedimenti messi in campo dal governo. Alla luce anche dell’importanza, certamente maggiore, che l’Unione Europea dà al tema. Alla povertà energetica infatti l’UE dedica dal 2021 un portale – EPAH (Energy Poverty Advisory Hub) – che sarebbe dovuto diventare diventare un portale informativo utile per i 27 Stati membri. Il sito, gestito dalla Direzione generale dell’Energia della Commissione, fornisce pubblicazioni ad hoc, indicazioni sui fondi europei di cui poter usufruire, assistenza tecnica, indicatori locali e nazionali.
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Perché è importante parlare di povertà energetica
L’osservatorio europeo della povertà energetica indica quattro diversi indicatori primari per misurare la povertà energetica, dei quali due sono il consumo energetico troppo basso e la quota di reddito dedicata alla spesa energetica troppo elevata. Gli altri due indicatori sono il ritardo nel pagamento delle bollette e l’incapacità di mantenere la casa adeguatamente calda d’inverno (o fredda d’estate). Tra gli indicatori secondari della povertà energetica c’è anche la mortalità invernale in eccesso o la presenza di gravi problemi di qualità dell’abitazione, come perdite dal tetto, umidità nei pavimenti, nei muri o nelle fondamenta, muffe e funghi alle finestre.
Si tratta di indicatori che ben conosciamo e con cui ci si ritrova a fare i conti: magari non con tutti ma almeno con uno o due di questi sicuramente, specie dopo la crisi energetica del 2021-2022 e il conseguente rialzo dei prezzi. Anche per questo motivo l’UE spinge ad esempio sull’efficienza energetica all’interno delle abitazioni che, nel caso italiano, sono spesso dei veri e propri colabrodo energetici.
Il riferimento è alla cosiddetta “direttiva case green”, contro cui anche nella recente campagna elettorale delle europee si sono schierate ampi pezzi del governo, soprattutto la Lega e il ministro alle Infrastrutture Matteo Salvini ma anche Fratelli d’Italia alla convention del partito che si è tenuta a fine aprile a Pescara. Dove la direttiva è stata definita una “follia green”. Non proprio un segnale incoraggiante di contrasto alla povertà energetica. Perché se è vero che l’Unione europea non indica – e non può farlo – dove prendere i fondi necessari alle ristrutturazioni, è altrettanto innegabile che la formula della direttiva è stata scelta proprio per permettere maggiori margini di manovra ai singoli Stati membri.
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Il Reddito Energetico Nazionale
E dunque cosa sta facendo il governo Meloni per contrastare concretamente la povertà energetica? Lo strumento preferito è il Fondo Nazionale Reddito Energetico, che sostiene la realizzazione di impianti fotovoltaici domestici a servizio di unità immobiliari residenziali di famiglie in condizione di disagio economico. L’obiettivo del Fondo, alla cui operatività lavora il Gestore dei Servizi Energetici, è realizzare in un anno e mezzo almeno 31mila impianti fotovoltaici di piccola taglia in favore di altrettante famiglie meno abbienti.
Il 27 maggio è stato istituito il regolamento che, come spiega il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, “definisce i requisiti delle famiglie che possono beneficiare dell’impianto fotovoltaico a titolo gratuito e dei soggetti che potranno realizzare gli impianti, nonché quelli relativi agli impianti fotovoltaici e ai servizi accessori inclusi per il monitoraggio, la manutenzione, la assicurazione”. Mentre l’11 giugno è stato pubblicato, sempre sul sito del MASE, il “registro dei realizzatori”: un elenco, presto visibile con una mappa interattiva, per trovare facilmente l’installatore qualificato di pannelli fotovoltaici più vicino alle persone che potranno disporre del reddito energetico nazionale.
Il Fondo ha una dotazione iniziale di 200 milioni di euro, provenienti dal Piano di Sviluppo e Coesione del MASE, ed è destinato a famiglie con ISEE inferiore ai 15mila euro, o 30mila euro per i nuclei con almeno quattro figli a carico. Al momento è previsto esclusivamente per il biennio 2024 – 2025, con i fondi che saranno destinati per l’80% alle Regioni del Sud. Teoricamente per l’inizio di luglio è previsto l’avvio, sul sito del Gestore Servizi Energetici, del portale per la richiesta degli incentivi.
Come è facile notare, si tratta di una misura singola che non interviene in maniera strutturale sulla povertà energetica. I criteri per la partecipazione appaiono poi molto ristretti e c’è pure il rischio che sia un intervento spot, che non si ripeterà.
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Buio sull’Osservatorio nazionale della povertà energetica
Ma quante sono le persone in Italia che soffrono di povertà energetica? Non esiste un dato ufficiale. L’ultima cifra che circola è tratta da un’elaborazione dei dati ISTAT condotta da OIPE (Osservatorio Italiano sulla Povertà Energetica), da cui emerge che la povertà energetica in Italia oggi coinvolge 2,2 milioni di famiglie. Si tratta di un numero notevolissimo e preoccupante proprio perché si tratta di una stima.
Nel Piano Nazionale Integrato Energia e Clima, cioè lo strumento con il quale il governo indica le politiche energetiche e climatiche che intende portare avanti da qui al 2030, di povertà energetica si parla pochissimo. Neppure l’ultima versione, quella che il governo dovrà inviare entro il 30 giugno alla Commissione Europea, pare aver recepito le numerose indicazioni in tal senso che erano arrivate, durante la fase delle osservazioni al PNIEC, da parte di numerose organizzazioni.
Ad esempio ECCO, il think thank italiano sul clima, faceva notare che “queste considerazioni non sono accompagnate, ad oggi, da una definizione ufficiale di povertà energetica che rispecchi la situazione del Paese e che, negli strumenti di pianificazione, riesca a tenere conto degli effetti della crisi pandemica, economica, energetica e climatica che l’Italia sta affrontando”. Inoltre “la governance sulla povertà energetica rimane tutt’ora molto frammentata e la mancanza di un chiaro indirizzo è anche evidente dall’approccio adottato nella definizione delle misure e degli incentivi per l’efficienza energetica”.
E che la povertà energetica sia ancora un tema sottovalutato lo si evince anche dall’esito dell’Osservatorio nazionale sulla povertà energetica, istituito nel marzo 2022. Ad oltre due anni di distanza, però, il sito del MASE riporta soltanto che con due successivi decreti sono stati individuati i componenti dell’Osservatorio. Per il resto non vengono riportati altri aggiornamenti.
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