Se il consumo globale di apparecchiature elettriche ed elettroniche aumenta ogni anno di 2,5 milioni di tonnellate, come si può affrontare la sfida del recupero delle risorse che contengono? All’interno di tali apparecchiature sono infatti presenti alte concentrazioni di materiali, anche preziosi e rari, per un valore economico globale che nel 2019 si stimava intorno ai 57 miliardi di dollari (fonte “The Global E-waste Monitor 2020: quantities, flows and the circular economy potential” del 2020). Eppure la capacità di recuperarli non è sempre adeguata, sia in termini di processi applicabili, sia in termini di costi relativi alle attività di riciclo, spesso molto elevati. La vera sfida del recupero di questi materiali risiede proprio nella matrice complessa nel quale sono dispersi, dal momento che le apparecchiature elettriche ed elettroniche non vengono ancora ideate né assemblate tenendo conto dei principi dell’economia circolare.
Nella cornice del progetto Training for Circularity (WEEE Edition), co-promosso da Erion WEEE, ENEA (Dipartimento Sostenibilità dei Sistemi Produttivi e Territoriali) e il CDCA – Centro di Documentazione sui Conflitti Ambientali, editore della testata EconomiaCircolare.com, la borsista Elisa Fischetti ha condotto una ricerca per contribuire a ripensare la progettazione e il riciclo delle apparecchiature elettriche ed elettroniche. Questo lavoro, supervisionato dalle ricercatrici dell’ENEA Caterina Marcoaldi e Federica Forte, fornisce un’analisi della caratterizzazione merceologica e chimica dei metalli e delle plastiche presenti in alcuni RAEE, in particolare nelle schede elettroniche a fine vita ottenute grazie alla dissaldatura chimica testata nell’impianto pilota ROMEO, brevettato dall’ENEA.
Caratterizzare i materiali delle schede elettroniche è un passaggio fondamentale per identificare quali componenti recuperare e quali invece smaltire. Tuttavia la letteratura scientifica non contiene studi approfonditi e recenti che riportino in modo dettagliato questa caratterizzazione, soprattutto perché i produttori sono restii a fornire informazioni specifiche per tutelare gli interessi delle loro aziende e, grazie anche ad accordi di riservatezza, non sono autorizzati a rivelarne la composizione. Per ovviare a questa mancanza, la ricerca di Elisa Fischetti ha dunque indagato le caratteristiche fisiche, chimiche e morfologiche di un campione di schede elettroniche a fine vita per restituire un’accurata quantificazione e qualificazione dei materiali in esse contenuti e per contribuire a immaginare percorsi di recupero efficienti.
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Le schede elettroniche e i loro componenti
“Le schede elettroniche suscitano più interesse rispetto ad altri tipi di RAEE – spiega Elisa Fischetti – perché considerabili vere e proprie miniere urbane di metalli preziosi e critici. Non solo: anche le plastiche che contengono possono essere trasformate e riutilizzate per diverse applicazioni – si pensi, per esempio, alla stampa 3D o alle microfibre di carbonio”. La varietà delle parti e la presenza di un mix complesso di materiali pongono quindi non poche sfide per la loro caratterizzazione e poi per il loro recupero: le schede elettroniche, infatti, si compongono di un substrato o laminato non conduttore, un substrato di rame conduttore all’interno o sopra il laminato e vari componenti elettronici fissati al substrato (chip, connettori, condensatori, eccetera). Perciò, per cominciare il trattamento, sono stati innanzitutto separati manualmente i componenti elettronici, poi classificati, ponderati e infine sono state caratterizzate le loro frazioni plastiche e metalliche. In particolare, sono state identificate 9 frazioni (Figura 2): plastiche, plastiche nere, condensatori elettrolitici, condensatori al tantalio, induttanze, resistenze, plastiche con all’interno metalli, metalli e la frazione fine non separabile manualmente.
I risultati della caratterizzazione della frazione plastica
Per identificare i polimeri plastici è stata eseguita, grazie agli strumenti del laboratorio T4RM (Tecnologie per il Riuso, il Riciclo, il Recupero e la Valorizzazione di Rifiuti e Materiali), la tecnica analitica di spettroscopia infrarossa (IR), che serve per studiare i legami chimici e i loro caratteristici gruppi funzionali tramite l’interazione della radiazione elettromagnetica con la materia.
I risultati in Figura 3 mostrano che ci sono diversi tipi di plastica (almeno 8) all’interno dei componenti di schede elettroniche: in maggiore quantità sono presenti quelle del polimero di solfuro di polifenilene (PPS), fino al 35% in peso, e dal nylon con il 28% in peso. Il poliarilato (PAR) e il polibutilene tereftalato (PBT) rappresentano rispettivamente il 14 e il 13%. Le tipologie di polimeri plastici presenti in minore quantità sono invece il polimetilmetacrilato (PMMA), 3%, il silicone (1%), il poliestere (elastomero) presente all’1% e infine il policarbonato (1%). I componenti plastici di cui non è stata possibile l’identificazione corrispondono invece al 4%.
I risultati della caratterizzazione della frazione metallica
La frazione metallica, nelle sue due componenti chiamate “frazione fine” e “frazione di plastiche nere”, ha subìto innanzitutto un processo di trattamento meccanico di macinazione, operato per ridurre i componenti in polveri fini in modo tale da prepararli al processo di lisciviazione chimica (parte del trattamento idrometallurgico), finalizzata alla dissoluzione, più o meno selettiva, del campione tramite agenti liscivianti. Tali agenti, in questo caso, sono stati degli acidi aggressivi (acido nitrico al 30% e l’acqua regia) che hanno portato in soluzione i metalli pesanti presenti nelle due frazioni, dei quali si è potuto ricavare le percentuali.
Nel primo caso, la grande concentrazione di bario e titanio indica come la matrice fine sia composta principalmente da titanato di bario, che infatti costituisce le ceramiche presenti nelle schede elettroniche. In entrambi i casi, nichel e ferro sono presenti come elementi costruttivi per i contatti sulla scheda o all’interno di trasformatori e induttanze. La presenza di rame è invece attribuibile alla composizione del substrato della scheda, impiegato come conduttore di corrente elettrica. La presenza di stagno e piombo è riconducibile ai residui di saldatura presenti all’interno del campione. La presenza dell’oro, oltre che dell’argento, è imputabile all’acqua regia, capace di disciogliere anche i metalli preziosi.
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