Siamo ormai abituati a sentir parlare di mari ‘infestati’ di rifiuti, ma dovremmo iniziare a ricordarci che il problema arriva soprattutto dai fiumi, che portano a largo i rifiuti prodotti nell’entroterra, città in primis. ISPRA, in collaborazione con la Fondazione Sviluppo Sostenibile e Nauta srl, ha effettuato un monitoraggio su 12 fiumi italiani per vedere che tipo di oggetti viene disperso nei corsi d’acqua italiani per poi arrivano al mare. I risultati, presentati qualche giorno fa presso l’ISPRA, evidenziano che “i fattori che più influenzano la presenza dei rifiuti dispersi negli ambienti fluviali derivano da insediamenti urbani”. La fonte dei rifiuti nei fiumi sono dunque le nostre città, dicono le ricerche di ISPRA, Fondazione Sviluppo Sostenibile e Nauta.
L’attività svolta è inserita all’interno dell’Accordo operativo tra il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica ed ISPRA nell’ambito dei monitoraggi per la Direttiva quadro sulla strategia marina, ed ha l’obiettivo di “aumentare le conoscenze sull’origine e le modalità di arrivo dei rifiuti in mare, arricchendo l’esperienza già maturata da ISPRA in 8 anni di monitoraggio dei rifiuti fluviali alla foce del Tevere”, spiega l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale.
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Il monitoraggio
L’analisi è durata 12 mesi, in modo da osservare anche le differenze legate alle stagioni e al variare delle portate dei corsi d’acqua, ed stata condotta su 12 fiumi italiani: Adige, Agri, Magra, Misa, Neto, Ombrone, Pescara, Po, Reno, Sarno, Simeto e Tevere.
I rifiuti monitorati sono i cosiddetti “macro rifiuti galleggianti”, quelli di grandezza maggiore di 2,5 cm. A partire da punti di osservazione fissi su ponti localizzati in prossimità della foce, per un anno, seguendo un protocollo di ricerca sistematico, sono stati raccolti dati relativi al trasporto di macro litter da parte dei fiumi. Sono state inoltre studiate le dinamiche di spostamento degli oggetti nei fiumi prima del loro arrivo al mare, rilevando il percorso e la velocità media grazie all’utilizzo di tracciatori GPS inseriti in contenitori che simulano il comportamento di plastiche galleggianti trasportate dall’acqua.
I risultati
La larga maggioranza (circa l’85%) degli oggetti avvistati nei fiumi sono costituiti da materiali di plastica. Seguono, ma in quantità molto ridotta, gli oggetti di carta (circa 5%) e di metallo (3%). Sul totale di quanto è stato visto passare nei nostri fiumi, circa il 35% è un rifiuto di plastica monouso. Spiega ISPRA che “la maggior parte dei rifiuti deriva da attività legate alla produzione e consumo di alimenti, anche se per molti oggetti non è stato possibile identificarne l’uso originale a causa della dimensione estremamente ridotta dei frammenti rilevati”
L’uso di tracciatori GPS ha permesso di verificare che “lo spostamento è quasi sempre intermittente, con un forte effetto di intrappolamento lungo il corso del fiume”. I rifiuti quindi viaggiano portati dalla corrente ma restano a lungo incagliati per riprendere il viaggio verso il mare a seguito di “significative variazioni di portata”. Generalmente “compiono percorsi brevi, fermandosi in numerose aree di accumulo differenti prima di giungere a mare”. Sono inverno e primavera le stagioni in cui dalle stazioni di avvistamento viene osservato il maggior numero di rifiuti.
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