La crisi climatica corre veloce e non c’è più tempo per indugiare. Le realtà virtuose vanno messe a sistema e quelle rimaste indietro vanno accompagnate verso la transizione. A maggior ragione in questa fase così difficile, la scuola deve orientare i nostri giovani e giovanissimi alla costruzione della società nuova che ci aspetta.
Così la sottosegretaria al Ministero dell’Istruzione Barbara Floridia introduce il senso profondo di RiGenerazione Scuola, il Piano del Ministero dell’Istruzione attuativo degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU, pensato per accompagnare le scuole nella transizione ecologica e culturale e nell’attuazione dei percorsi di educazione allo sviluppo sostenibile previsti dall’insegnamento dell’educazione civica. Presentato lo scorso giugno, il Piano entra ora a far parte dell’offerta formativa delle istituzioni scolastiche: nella fase di elaborazione del Piano dell’offerta formativa per il triennio 2022-2025 le scuole potranno infatti inserire, a partire da settembre 2022, nel curricolo di istituto, le attività relative ai temi della transizione ecologica e culturale.
Ma cosa cambierà per le studentesse, gli studenti e per tutto il sistema scolastico? EconomiaCircolare.com ne ha parlato con la sottosegretaria Floridia.
Senatrice Floridia, cos’è RiGenerazione scuola?
RiGenerazione scuola è il Piano sistemico voluto dal Ministero dell’Istruzione per poter accompagnare le scuole verso la transizione ecologica e culturale. Il che significa, non soltanto dare strumenti, risorse, materiale didattico ed esperti alle scuole per formare alla sostenibilità i nostri giovani ma anche dare agli enti locali gli strumenti affinché le scuole stesse, come edifici e come infrastrutture, possano sempre più essere efficienti, sicure e verdi.
Cosa si intende per “rigenerazione”?
La parola “rigenerazione” vuole sottolineare il superamento della resilienza, non dobbiamo più resistere ma dobbiamo rigenerare il nostro modello abitativo: i ragazzi devono rigenerare la propria esistenza in un mondo che va abitato in maniera diversa. Inoltre, nel termine “rigenerazione” abbiamo la parola “generazione”. La sostenibilità, altro non è che la pace tra le diverse generazioni e la “generazione scuola” è una generazione che appartiene a tutti, perché tutti siamo andati a scuola o andremo a scuola ed è in quella fase che dobbiamo imparare cosa significa comportarci in modo sostenibile, in modo che la generazione che seguirà non dovrà subire i danni dei nostri comportamenti.
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Come sarà la scuola della RiGenerazione e quali risultati raccoglieremo quando il progetto sarà entrato nel vivo in tutti gli istituti?
Io mi auguro che una volta che il modello RiGenerazione scuola si sarà diffusa in tutte le scuole di ogni ordine e grado, insieme all’educazione civica, forse avremo una società che avrà finalmente completato il percorso di transizione ecologica, cioè che avrà imparato ad abitare il mondo in modo nuovo, anche perché un mondo nuovo non c’è per cui dobbiamo imparare un modello abitativo diverso ed io credo che il piano rigenerazione scuola dia gli strumenti intellettuali ai ragazzi e anche gli esercizi comportamentali tali per cui la società sarà diversa.
Che cosa implica il fatto che dal prossimo anno scolastico, e nel triennio 2022-2025, questo piano potrà essere parte integrante del curriculum formativo delle scuole?
Significa che le scuole possono darselo come obiettivo nel Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF) quindi potranno anche auto-valutare gli obiettivi raggiunti. Per i ragazzi questo vuol dire anche maturare quelle che sono le nuove competenze green: oggi tutti gli ambienti lavorativi prevedono, non soltanto le soft skills, ma le green skills, e questo è un tema che ancora la scuola italiana non aveva affrontato, per cui il piano rigenerazione era necessario e ormai improcrastinabile.
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Il Piano poggia su quattro “pilastri”: la rigenerazione dei saperi, dei comportamenti, delle infrastrutture e delle opportunità.
L’ecologia è la scienza delle relazioni e ci insegna che tutto funziona solo se visto in maniera sistemica, alla stessa maniera il Piano RiGenerazione Scuola voleva essere sistemico, non soltanto migliorando e implementando l’educazione ambientale che si studia a scuola: vogliamo infatti che i ragazzi imparino comportamenti differenti, che si abituino a muoversi, mangiare e a consumare diversamente e questo è il secondo pilastro, il pilastro dei comportamenti, oltre quello dei saperi. C’è poi il pilastro abitativo: i ragazzi abitano le scuole e io non posso insegnare loro l’educazione ambientale, dicendo che magari è meglio venire a scuola in bicicletta e poi far vivere ai ragazzi una scuola che ha ancora dell’amianto che non ha l’efficientamento energetico, che non ha spazi verdi. Il terzo pilastro riguarda quindi le infrastrutture che vanno attenzionate sempre nella direzione green. Infine, una volta educato i ragazzi a questo nuovo modello abitativo, non posso dire che non hanno opportunità lavorative quindi il quarto pilastro riguarda non solo gli indirizzi di scuola ma anche le opportunità dei green job.
E che ruolo ha l’economia circolare in questo progetto?
L’economia circolare e la bioeconomia sono fondamentali nella misura in cui gli obiettivi del Piano sono di tre tipi: sociali, ambientali ed economici. Sociali perché solo è attraverso l’educazione alla sostenibilità che noi ci riappropriamo delle relazioni e, dopo due anni di pandemia ne abbiamo bisogno, e gli spazi verdi sono i luoghi ideali dove recuperare anche la fisicità e la relazione. Poi gli obiettivi ambientali che sono evidenti, e gli obiettivi economici: i ragazzi devono comprendere che un’economia lineare non è più sostenibile. L’economia circolare invece è sorella della cultura circolare: la natura ci insegna che non esiste il rifiuto, questo non deve esistere neanche nell’economia e nella società. Dunque l’economia circolare va insegnata a scuola, oltre alla bioeconomia che ormai è fondamentale e in cui l’Italia è, per altro, la terza potenza per produzione.
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Veniamo al ruolo che riveste in questo progetto la scuola fuori dalla scuola, quella che voi chiamate Green Community e che, a un livello diverso, viene definita comunità educante.
Parliamoci chiaro: la scuola non è pronta, non può esserlo immediatamente e invece la necessità di un modello diverso di educazione e di formazione abitativa è improcrastinabile e urgente. Dunque, mentre formiamo anche i docenti e i dirigenti – perché la formazione specifica per il Piano RiGenerazione Scuola sta partendo – contemporaneamente ci siamo rivolti alla società civile perché è necessario creare la rete. La Green Community (GC) è un insieme di enti pubblici e privati, associazioni ed esperti che saranno a disposizione delle scuole per poter coadiuvare i docenti nella formazione della sostenibilità per i ragazzi e nella progettazione di attività che possano educarli.
Quali sono i feedback che ha raccolto dalla scuola, dalla società, dal terzo settore e dalle imprese e come sono evoluti in questi mesi?
Il feedback è stato positivo per una serie di ragioni. La prima è perché esistevano in Italia già molti modelli eccellenti sia di scuole che si relazionavano ad associazioni, ed anche ad enti, e sia perché enti del terzo settore spontaneamente avevo cominciato a fare ciò che il Piano RiGenerazione oggi vuole fare in maniera sistemica. Quindi in realtà dal Ministero abbiamo solo messo a sistema, reso visibili e messo in rete tutti affinché la volontà di educare alla sostenibilità arrivi, non soltanto nei luoghi virtuosi dove ci sono eccellenze, dirigenti illuminati o associazioni attive ma anche i luoghi più remoti. Quindi il feedback è stato positivo perché finalmente molti enti e scuole si sono visti riconosciuti un lavoro che fanno da anni, e c’è stato anche l’entusiasmo da parte di quelle scuole che non avevano avuto l’input di cominciare questo percorso e che adesso hanno invece gli strumenti per poterlo fare.
C’è stata un’esperienza che l’ha particolarmente colpita, o un progetto che ha trovato particolarmente rilevante o innovativo?
Di virtuosismi ne ho raccolti veramente tanti. A Vittoria, in Sicilia, c’è un modello eccellente: una scuola ha addirittura prodotto dell’olio e ha un orto attivo in cui i ragazzi sono impegnati. Poi ho anche incontrato scuole, come ad esempio nel Lazio, che si sono concentrate sulla mobilità e che quindi hanno creato reti di ciclo-bus e di pedi-bus. C’è anche la volontà di alcune scuole di dare vita ad indirizzi di transizione ecologica, quindi declinare i curricula delle diverse discipline secondo nuovi saperi e questo è anche un altro elemento positivo.
Ci sono delle categorie che inviterebbe a dare un maggior contributo a partecipare e cosa chiederebbe ad esempio alle imprese, alla società civile o alle pubbliche amministrazioni locali?
Abbiamo in cabina di regia anche l’Associazione Nazionale Comuni Italiani (Anci), perché per noi la relazione con i Comuni è fondamentale, la scuola fa parte del comune, ne è il cuore pulsante. Un settore che invece è manchevole nella Green Community è il settore della moda, che secondo me è fondamentale soprattutto per le scuole secondarie di secondo grado. Ho avuto l’opportunità di incontrare attraverso Alessandro Gassmann i Green Heroes, imprenditori anche del campo della cosmesi e dell’abbigliamento che hanno fatto della sostenibilità un settore fondamentale. È quindi forse a quel settore che adesso rivolgo un appello, e che spero di accogliere e raccogliere nella Green Community, perché sono attraenti per i ragazzi e possono spiegargli che si può fare business, anzi che il fatturato cresce a volte del 300%, se si producono maglioni o cosmesi senza disperdere acqua e avendo altre attenzioni per l’ambiente.
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