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venerdì, Novembre 15, 2024

Riuso contro riciclo: nemici per forza? Un’analisi giuridica

Sotto il profilo giuridico, guardando alla gerarchia dei rifiuti europea, la presunta dicotomia tra riuso e riciclo ha ragion d’essere? E in tal caso esiste un’opzione prevalente sull’altra? Un'analisi "in punta di diritto"

Carlo Cimellaro
Carlo Cimellaro
Classe 1995, giurista ambientalista. Si è specializzato in Diritto dell’Ambiente presso l’Università La Sapienza di Roma, svolgendo poi uno stage presso l’ENEA, occupandosi di simbiosi industriale. Ha collaborato con uno studio legale ambientale di Bologna e scritto vari contenuti per la relativa rivista di settore. Oggi, nelle vesti di consulente giuridico, si occupa di economia circolare e collabora come legale volontario con il WWF Sud Milano.

Una lotta all’ultimo sangue tra riciclo e riutilizzo. Così alcuni media e diversi esponenti del mondo imprenditoriale e delle istituzioni hanno dipinto la bozza di Regolamento Imballaggi sulla quale, non senza fatica, si è trovato recentemente un accordo tra Europarlamento e Consiglio Ue.

Ma sotto il profilo giuridico, guardando alla gerarchia dei rifiuti europea, questa presunta dicotomia ha ragion d’essere? E in tal caso esiste un’opzione prevalente sull’altra?

Proviamo a individuare una risposta a queste domande “in punta di diritto”.

Una piramide fondata sulla prevenzione

Il faro di questa analisi è senza dubbio la Waste Framework Directive o Direttiva quadro sui rifiuti 2008/98/CE, che all’art. 4 paragrafo 1 ha introdotto appunto la cosiddetta gerarchia dei rifiuti”, raffigurata come una piramide rovesciata con la parte più ampia in alto a rappresentare la preminenza di un principio, quello di prevenzione, che opera ben prima che si possa parlare di rifiuti e proprio per evitare che se ne producano.

Non a caso il concetto di prevenzione viene più volte richiamato dalla Direttiva quadro sui rifiuti all’articolo 9, il quale, con riferimento ad alcune particolari categorie di rifiuti, tra cui gli imballaggi, invita gli Stati membri ad adottare soluzioni che incoraggino “[…] il riutilizzo di prodotti e la creazione di sistemi che promuovano attività di riparazione e di riutilizzo”, chiudendo poi con la promessa di consentire alla Commissione di “valutare la fattibilità di misure volte a incoraggiare il riutilizzo dei prodotti” e, se del caso, trasmettere una proposta legislativa al Parlamento.

Fin qui l’opzione del riutilizzo sembra in effetti la più aderente ai principi del diritto nazionale (perché l’art. articolo 9 della direttiva viene ripreso dal “nostrano” decreto legislativo 152/2006 all’art. 18) ed europeo. Ciò non toglie però che la stessa normativa comunitaria tende ad incoraggiare anche l’adozione di misure volte a implementare il riciclaggio, e non a caso anche il nuovo Regolamento Imballaggi porta con sé importanti prescrizione in materia.

Gerarchia dei rifiuti

Principio guida o regola generale?

Resta dunque da individuare quale relazione c’è tra le due opzioni e per farlo torniamo alla “piramide rovesciata” della gerarchia dei rifiuti, che mette in cima la prevenzione e, solo due scalini più in giù, il ricorso al riciclo. La configurazione della gerarchia come “ordine di priorità” riflette il compromesso raggiunto, durante i lavori preparatori, tra la visione del Consiglio, che considera la piramide un vero e proprio principio guida, come tale altamente vincolante, e quella del Parlamento, più propensa a prenderla in considerazione come semplice regola generale.

Non sono pochi i commenti alla normativa, come quello dell’ex funzionario della Commissione Andreas Versmann, che fanno propendere per la tesi del Consiglio: il fatto che la piramide ponga sul gradino più alto la prevenzione, volta ad anticipare la produzione di rifiuti piuttosto che a gestirli in senso stretto, finisce quasi per elevarla al ruolo di principio ambientale di carattere generale. D’altronde le stesse “Guidelines on the interpretation of key provisions of Directive 2008/98/CE” definiscono la gerarchia come “pietra miliare” e “principio chiave” della legislazione europea in materia, sottolineando come il suo più importante elemento di novità sia quello di distinguere tra i vari gradini e classificarli secondo un ordine vincolante.

Riutilizzare: una regola con pochissime eccezioni

Considerato dunque il carattere generalmente vincolante della gerarchia dei rifiuti, diventa importante chiedersi se la scelta di non valorizzare pienamente il riutilizzo costituisca o meno una violazione della stessa.

In realtà, lo stesso articolo 4 della Direttiva 2008/98/CE, al paragrafo 2, prevede la possibilità che “[…] flussi di rifiuti specifici si discostino dalla gerarchia laddove ciò sia giustificato dall’impostazione in termini di ciclo di vita in relazione agli impatti complessivi della produzione e della gestione di tali rifiuti. […]”. Da questo si può desumere che la gerarchia dei rifiuti delinea un vero e proprio ordine di priorità dal quale, però, è consentito discostarsi in casi eccezionali, sulla scorta dell’analisi degli impatti complessivi della produzione e della gestione di singoli e specifici flussi di rifiuti, sia sotto il profilo ambientale e sanitario, che sotto quello sociale ed economico. Insomma, il legislatore comunitario, prevedendo che ciò avvenga solo per flussi specifici di rifiuti, sembra limitare ad un numero rarissimo di casi la possibilità di discostarsi della gerarchia, addossando poi un onere della prova piuttosto consistente in capo a colui che intende derogarvi.

Si può dire che tale prova “oltre ogni ragionevole LCA” sia stata data per gli imballaggi riutilizzabili? Non secondo il Centro comune di ricerca dell’Unione Europea, in sigla inglese Jrc, che nel paper “Environmental analysis of Reuse scenarios” mette in evidenza come l’efficacia ambientale del riutilizzo dipenda da una serie di fattori (ad es. pratiche di lavaggio e risciacquo, numero di riutilizzi, comportamento dei consumatori ecc.) ma al contempo riafferma il minor impatto ambientale delle soluzioni multiuso. In particolare, tra le variabili accennate, quella riguardante il comportamento dei consumatori, o meglio, in questo caso ri-utilizzatori, sembra perfettamente aderente allo stesso principio di “responsabilità condivisa” già valorizzato con la raccolta differenziata.

L’adozione di sistemi di riutilizzo costituirebbe però l’espressione più compiuta di tale principio, nonostante, come ci ricorda Marco Musso, Senior Policy Officer for Circular Economy and Fiscal Reform della rete europea di associazioni ambientaliste EEB, la maggior parte dei sistemi di riutilizzo sui quali si dovrà basare l’intero sistema dovranno comunque prevedere delle forme di incentivazione economica dell’utente. Il nuovo testo affida poi alla Commissione il compito di indicare il numero minimo di rotazioni degli imballaggi che ne renda ambientalmente vantaggioso il riutilizzo, mentre c’è chi aveva chiesto che le condizioni da rispettare fossero chiare e definite fin dal principio.

L’obiettivo chiave del riciclo di qualità

Questo non implica in ogni caso che si ponga un aut aut tra riutilizzo e riciclo, anzi, lungi dal volere affossare il riciclaggio, l’intento della proposta di Regolamento è quello di affiancare a questa virtuosa filiera una metodologia che, secondo diversi studi – tra cui quello della Ellen MacArthur Foundation intitolato “Unlocking a reuse revolution: scaling returnable packaging” – apporterebbe vantaggi ambientali indiscutibili. Tanto è vero che, continua Marco Musso, l’obbligatoria riciclabilità di tutti gli imballaggi riutilizzabili garantirebbe un riciclo di maggiore qualità, che avrebbe ad oggetto solo flussi monomateriali e che eliminerebbe ogni rischio di contaminazione con altri tipi di rifiuti. Negli ultimi dieci anni sono infatti proliferati imballaggi sempre più complessi e compositi, dunque più difficili da riciclare: secondo gli esperti infatti proprio l’introduzione di imballaggi flessibili e/o multimateriali ha contribuito a generale il sostanziale ristagno dei tassi di riciclo registrati in Europa.

Un riciclo di maggiore qualità significherebbe poi, soprattutto per la plastica, una maggiore quantità di materia prima seconda reimmessa in circolazione “from packaging to packaging”, che andrebbe a ridurre il fenomeno del downcycling, vale a dire la produzione di nuovi materiali e prodotti “da riciclo” ma con prestazioni meno evolute e qualità ridotta. La disponibilità di un materiale riciclato che possieda la stessa qualità dell’originale, e che possa adempiere alla medesima funzione, ben si sposa con la previsione dell’obbligo di integrazione di un contenuto minimo di riciclato all’interno dei prodotti. Aspetto questo che sottolinea la coerenza dell’architettura delineata dalla proposta di Regolamento e che rafforza ulteriormente il ruolo dei riciclatori.

Il PPWR? “Un’ottima notizia per i riciclatori”

D’altronde la proposta non si disinteressa affatto del riciclaggio, prevedendo anzi la definizione di criteri di progettazione armonizzati per il riciclaggio in tutta l’UE, in modo tale che tutti i rifiuti di imballaggio generati possano essere riciclati in maniera efficace e uniforme. Le misure previste per migliorare il riciclaggio dovrebbero così portare, secondo il primo Impact Assessment che accompagna la proposta di nuovo Regolamento, ad aumentare il tasso complessivo di riciclaggio degli imballaggi dal 66,5% del 2018 al 73% nel 2030.

“La proposta di regolamento è anzi un’ottima notizia per i riciclatori” assicura Musso di EEB, che ci sfida a trovare un’associazione di settore che, studiandone approfonditamente il contenuto, sia tout court contraria all’adozione del testo originale. E in effetti il business case di tali soggetti non verte tanto sulle quantità, quanto piuttosto sulla qualità di separazione e raccolta, nonché sulla domanda delle materie prime seconde. Il maggior valore tratto da un riciclo di qualità superiore permetterebbe dunque agli operatori del settore di ottenere più materiale di qualità dal trattamento di quantità complessive minori. Al di là delle rumorose proteste italiane, infatti, giudicano positivamente l’armonizzazione delle pratiche di riciclaggio e produzione della plastica negli Stati membri europei e rivolgono piuttosto la loro attenzione sugli investimenti necessari per garantire la competitività dell’industria europea.

Gerarchia dei rifiuti riciclo contro riuso
Fonte: Unsplash

A chi (non) piace il compromesso

Insomma, il testo originale della proposta sembrava delineare un equilibrio armonico tra riutilizzo e riciclo; equilibro che, proprio nei giorni trascorsi, si è tradotto nella previsione di un obiettivo del 10 per cento dei tassi di riuso entro il 2030 per gli imballaggi primari di bevande alcoliche e analcoliche, nonché per quelli relativi alla loro vendita. A questo vanno aggiunte una serie di deroghe soggettive e oggettive, che riducono ulteriormente l’ambito di operatività del riutilizzo.

Tale ridimensionamento degli obiettivi originali di riutilizzo è stato accolto con favore da quegli Stati, Italia in primis, contrari sin da subito alla versione della Commissione. La viceministra dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Vannia Gava, ha infatti espresso parziale soddisfazione per “la deroga orizzontale agli obblighi di riuso e le restrizioni circoscritte”.

Una delusione forse pari a quella di chi sperava che il riutilizzo mantenesse un ambito di operatività maggiore, ma che, tuttavia, considera il suo ridimensionamento come un passaggio obbligato per arrivare all’adozione di un provvedimento che pur mantiene gli importantissimi obiettivi di riduzione per la maggior parte degli imballaggi da asporto. Tra questi Raphaëlle Catté, Policy & Research Support di Zero Waste Europe, che fino a qualche giorno prima dell’accordo ha manifestato la propria soddisfazione anche per “l’inclusione delle formulazioni aperte negli obiettivi, utilizzando termini come almeno”, così che “gli Stati membri che stanno già implementando ambiziose misure di riutilizzo non siano tenuti a tornare agli imballaggi usa e getta”. Il tutto converge in quello che lo stesso Marco Musso definisce un “compromesso necessario” per non vanificare del tutto la portata innovativa del nuovo Regolamento imballaggi, che finalmente comincia a vedere la luce.

Questo articolo è stato realizzato nell’ambito del workshop conclusivo del “Corso di giornalismo d’inchiesta ambientale” organizzato da A Sud, CDCA – Centro di Documentazione sui Conflitti Ambientali ed EconomiaCircolare.com, in collaborazione con IRPI MEDIA, Fandango e Centro di Giornalismo Permanente.

© Riproduzione riservata

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