L’energia solare, attraverso l’uso dei pannelli fotovoltaici, rappresenta una delle soluzioni più promettenti per la transizione verso un futuro energetico sostenibile e a basse emissioni di gas a effetto serra. Sfruttando una fonte di energia rinnovabile e inesauribile, cioè il sole, i sistemi fotovoltaici convertono la radiazione solare in energia elettrica evitando di bruciare carbone, petrolio o gas naturale come avviene invece all’interno delle centrali elettriche tradizionali. Riducendo la dipendenza da questi combustibili, i sistemi fotovoltaici contribuiscono quindi a diminuire le emissioni globali e a mitigare gli impatti ambientali legati all’estrazione di risorse non rinnovabili. Tuttavia, la diffusione di questa tecnologia porta con sé delle sfide complesse legate, in particolare, all’approvvigionamento delle materie prime critiche che le compongono e alla legislazione e alla circolarità dei prodotti dell’industria fotovoltaica.
Nella cornice del progetto Training for Circularity – Borse di Studio (WEEE Edition), promosso dal Centro di Documentazione sui Conflitti Ambientali in collaborazione con Erion WEEE ed ENEA – Dipartimento Sostenibilità dei Sistemi Produttivi e Territoriali, la ricerca condotta dalla borsista Rossana Giurintano sotto la supervisione delle ricercatrici dell’ENEA Erika Mancuso e Laura Cutaia ha avuto l’obiettivo di analizzare lo stato dell’arte del fotovoltaico in Europa, indagando le materie prime critiche utilizzate, i costi ambientali derivanti dalla loro estrazione ed esplorando le attuali possibilità di riciclo.
Le materie prime critiche dei pannelli fotovoltaici
I pannelli fotovoltaici sono composti da materiali come silicio, rame, alluminio, gallio e germanio, molti dei quali sono classificati come materie prime critiche (MPC). “Questi materiali – spiega Giurintano – sono fondamentali per la produzione di celle solari e altre componenti dei pannelli fotovoltaici, ma la loro estrazione e lavorazione sollevano preoccupazioni significative in termini di sostenibilità ambientale ed energetica. L’estrazione delle MPC, infatti, è spesso concentrata in un numero limitato di Paesi, come la Cina e la Russia: ciò rappresenta un rischio di approvvigionamento significativo, aggravato dal fatto che i processi di estrazione dei materiali spesso comportano grandi impatti ambientali, con elevate emissioni di CO2, un intenso consumo di acqua e danni agli ecosistemi locali”.
L’Europa è consapevole di queste problematiche e ha introdotto delle politiche per diversificare le fonti di approvvigionamento e promuovere l’uso di materie prime critiche “seconde”, cioè riciclate e riutilizzate, per ridurre la dipendenza dalle importazioni e minimizzare l’impatto ambientale. Una di queste politiche è la Direttiva europea 2012/19 sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), che dà disposizioni specifiche per il riciclo dei componenti dei pannelli fotovoltaici. “Ma il riciclo delle MPC dai pannelli fotovoltaici a fine vita è ancora in una fase embrionale”, commenta Giurintano. “Per esempio, le tecnologie esistenti per il recupero di silicio, germanio e gallio non sono ancora ampiamente commercializzate, sicché i tassi di riciclo rimangono vicini allo zero. Processi di lisciviazione chimica o trattamenti termici sono inoltre spesso costosi, mentre quelli pirometallurgici e idrometallurgici producono scarti difficili da gestire. La situazione è ancora più critica per elementi come il boro e il fosforo, presenti nei pannelli in quantità molto ridotte, il cui recupero è proprio economicamente svantaggioso”.
Leggi anche: Dalla discarica alla stampante 3D: il viaggio della plastica dei RAEE
I bassi tassi del riciclo delle componenti
In altre parti del mondo la regolamentazione in questo ambito è meno sviluppata, con linee guida spesso insufficienti per gestire correttamente i rifiuti fotovoltaici. “L’Europa deve continuare a sviluppare politiche innovative e a rafforzare la cooperazione internazionale per garantire che la transizione energetica non comprometta la sostenibilità ambientale e la sicurezza delle risorse. I dati quantificano il lavoro che ancora c’è da fare: per alcune materie prime, come l’alluminio, il rame e il boro, il tasso di riciclo a fine vita risulta basso e quello relativo alla dipendenza dalle importazioni ancora estremamente alto, pari rispettivamente all’89%, 48% e 100%. Ciò suggerisce che, nonostante queste MPC siano riciclabili, la domanda che cresce impedisce alla produzione derivante dal riciclo di coprirla nella sua interezza e, contemporaneamente, che parte dei materiali riciclabili vengono esportati illegalmente o dispersi. Solo attraverso un impegno concertato in questi ambiti sarà possibile realizzare appieno il potenziale del riciclo, e di quello dei pannelli fotovoltaici in particolare, come pilastro della transizione verso un’economia verde”.
Leggi anche: L’economia circolare dei RAEE? A mancare è il contributo del pubblico
© Riproduzione riservata