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domenica, Dicembre 22, 2024

Contro lo spreco alimentare una guida per le città

Zero Waste Europe e Slow Food presentano una guida dedicata alle amministrazioni comunali per un sistema alimentare locale più sostenibile, circolare e senza rifiuti. Tra le buone pratiche anche il “Food Waste Hub” di Milano

Nicoletta Fascetti Leon
Nicoletta Fascetti Leon
Giornalista pubblicista, allevata nella carta stampata. Formata in comunicazione alla Sapienza, in giornalismo alla Scuola Lelio Basso, in diritti umani all’E.ma (European Master’s Programme in Human Rights and Democratisation) di Venezia. Ha lavorato a Ginevra e New York nella delegazione UE alle Nazioni Unite. Vive a Roma e da nove anni si occupa di comunicazione ambientale e progetti di sostenibilità

Quanto pesano le città nella riduzione dello spreco del cibo e nella possibilità di disegnare un sistema alimentare più equo e sostenibile? Secondo l’opinione degli esperti di Zero Waste Europe, network europeo per l’eliminazione dei rifiuti, molto più di quanto si pensi. Proprio per questo, insieme a Slow Food, hanno di recente pubblicato una guida prettamente dedicata alle amministrazioni locali, per aiutarle a realizzare sistemi alimentari capaci di ridurre gli sprechi lungo tutta la filiera.

Lo spreco alimentare pesa su ambiente e clima

Lo spreco di cibo è attualmente una conseguenza sistemica del nostro sistema alimentare che, non solo è inquinante e poco sostenibile, rappresenta oggi una delle principali cause della crisi climatica, oltre a non riuscire a garantire la sicurezza alimentare del pianeta. Elevati livelli di spreco alimentare sono, dunque, il risultato diretto di un sistema industriale fondato sul meccanismo di sovrapproduzione che tratta il cibo come una merce qualunque. Nell’Unione europea, per fare un esempio, si stima che il 20% del cibo prodotto venga sprecato o perso. Se lo spreco alimentare fosse un paese, sarebbe il terzo per emissioni di gas serra. Oltre all’impatto sul clima, esso provoca  un inutile stress sull’ambiente, sulla catena alimentare e sul sistema di gestione dei rifiuti. Per questo, secondo Zero Waste Europe, è cruciale affrontare lo spreco di cibo per realizzare la transizione verso un sistema alimentare sostenibile.

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Le città nel cuore della filiera

Guidance for municipalities to reduce food waste within local food systems”, nelle parole di Pierre Condamine, Waste Policy officer di Zero Waste Europe, “mira ad adottare una visione sistemica in tema di spreco alimentare. Lo spreco infatti non avviene solo a livello domestico – precisa Condamine – ma coinvolge tutte le fasi di produzione. Pertanto, risolvere il problema in modo coerente richiede azioni e misure lungo tutta la filiera”.

I Comuni diventano, quindi, l’interlocutore perfetto per influenzare tale filiera e l’intero sistema alimentare locale. È innegabile che sempre più regioni e comuni sono oggi attori chiave dell’economia circolare. Realizzano misure concrete sul campo e rappresentano il livello di governance più vicino ai cittadini e alle imprese locali. Secondo Zero Waste Europe, grazie alla loro posizione unica nella filiera alimentare, le città hanno la capacità di stimolare il sistema, attraverso appalti pubblici verdi, mense pubbliche o mercati comunali, nonché di incidere sull’agricoltura periurbana e sulle abitudini di consumo dei cittadini.

Per tale ampia capacità di azione, continua Condamine che è anche uno degli autori del dossier, “nella nostra guida è possibile trovare diversi tipi di misure, dalla pianificazione delle politiche alimentari alla transizione verso un sistema alimentare locale sostenibile, alla raccolta locale dei rifiuti alimentari, fino alle pratiche di compostaggio”.

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Le buone pratiche europee per la lotta agli sprechi

La guida costituisce in effetti un’interessante rassegna di casi studio raccolti in varie città europee, piccole e grandi, quali Parigi, Milano, Ghent, Porto, Mouans-Sartoux, Bruges, Lubiana, etc.

“Tutti i casi  – spiega Condamine – sono interessanti perché ognuno affronta un aspetto diverso di ciò che un comune può fare per influenzare il proprio sistema alimentare locale. Non esiste, infatti, una soluzione univoca”.

Tra tutte le esperienze, quella della cittadina portoghese spicca, secondo Condamine, “per aver davvero cercato di adottare una visione integrata su spreco alimentare, produzione di cibo e compostaggio”. Nel 2017, infatti, Porto ha intrapreso una roadmap integrata per costruire un sistema alimentare locale sostenibile, basato su quattro principi: la promozione dell’agricoltura locale urbana e periurbana, la prevenzione dello spreco alimentare attraverso la distribuzione degli avanzi di cibo e la diffusione di buone pratiche, la gestione dei rifiuti mediante raccolta e compostaggio, la partecipazione e consapevolezza dei cittadini attraverso programmi educativi.

Tra i casi studio di Zero Waste, per l’Italia compare il capoluogo meneghino che, in special modo a seguito dell’Expo 2015 dedicato proprio al tema dell’alimentazione, ha avviato innovative politiche di sostenibilità per il sistema alimentare urbano. In particolare, a Milano è stato creato il primo “Food Waste Hub” dedicato al recupero del surplus di cibo dai supermercati e dalle mense locali, poi ridistribuito tramite organizzazioni di volontariato. Grazie a questo progetto pilota nel 2018, la città di Milano ha recuperato e donato circa 7.000 tonnellate di cibo, equivalenti a 13 milioni di pasti.

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Più ambizione per Farm to fork

Al di là dei consigli rivolti alle città, Zero Waste Europe si rivolge anche all’Unione europea perché agisca più fermamente nella lotta allo spreco alimentare stabilendo obiettivi di riduzione sistemici e vincolanti. Su questo punto il network europeo, insieme ad altre nove organizzazioni ambientaliste, ha firmato nel 2020 una lettera congiunta in cui chiede che la strategia “Farm to fork” includa esplicitamente i rifiuti alimentari prodotti a livello primario e nella trasformazione degli alimenti, oltre allo spreco alimentare creato nella vendita al dettaglio o dal consumatore.

Le ONG chiedono politiche appropriate, che includano una misurazione completa del cibo non raccolto e la definizione di obiettivi vincolanti, come la riduzione del 50% entro il 2030 di tutti gli sprechi alimentari dal campo alla tavola. Si chiede inoltre che anche i fondi della politica agricola comune (PAC) siano destinati ad azioni di prevenzione delle perdite e degli sprechi alimentari a livello di azienda agricola, sostenendo lo sviluppo di filiere alimentari corte, che riducono il rischio di sprechi.

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