La Catalogna ha lanciato a marzo la campagna “Ciclo mio, regole mie“, per garantire il diritto all’equità mestruale e lottare contro lo stigma mestruale persistente. Dal 4 marzo, le farmacie della comunità autonoma del nord-est della Spagna distribuiscono gratuitamente prodotti mestruali riutilizzabili. L’iniziativa è rivolta alle 2,5 milioni di donne, persone transgender e persone non binarie che hanno le mestruazioni. Per accedere al servizio bisogna scaricare un Qr code reperibile nell’applicazione del sistema sanitario pubblico catalano e recarsi in farmacia a ritirare un prodotto scelto tra confezioni di assorbenti in stoffa, coppette mestruali o mutande assorbenti lavabili.
Debellare la precarietà mestruale
La misura del governo della comunità autonoma della Catalogna si inserisce nei 50 obiettivi per attuare il Piano Globale per l’Equità Mestruale e Climaterica 2023-2025 e mira a debellare la precarietà mestruale e a ridurre l’impatto ambientale in una regione dove ogni anno vengono prodotte 9000 tonnellate di rifiuti da assorbenti interni ed esterni monouso e dove, secondo El Periódico, una catalana su quattro è stata costretta a riutilizzare assorbenti monouso per motivi economici, esposta quindi a un maggior rischio di infezione o di shock tossico.
Tra le discriminazioni legate al ciclo, oltre alle difficoltà economiche nell’accesso alle protezioni intime, va sottolineato anche la difficoltà di accesso ad assorbenti di qualità : presenza di pesticidi e componenti in plastica nocivi per la salute di chi li indossa sono all’ordine del giorno e sulla maggior parte delle confezioni o dei foglietti illustrativi, non viene indicata la loro composizione.
In Francia, dopo oltre un decennio di battaglie, entrerà finalmente in vigore il primo aprile 2024 (con un margine fino al 31 dicembre 2024 per lo smaltimento delle scorte già presenti sul mercato) un decreto che prevede più trasparenza sulla composizione dei prodotti di protezione mestruale. Ogni anno vengono vendute 2,8 miliardi di protezioni igieniche in Francia, d’ora in poi chi le fabbrica dovrà divulgare anche le informazioni sulla loro composizione e il loro buon uso. Proprio per permettere alle donne di potere scegliere consapevolmente tra cotone, viscosa o plastica, ed essere informate dei rischi legati all’uso prolungato di prodotti che possono contenere sostanze chimiche pericolose, in particolare ftalati, formaldeide e diossine. Informazioni necessarie per « la prevenzione del rischio di sindrome da shock tossico » – secondo la Direzione generale della concorrenza, del consumo e della repressione delle frode francese, che stima che una donna « utilizzi tra 6000 e 13000 prodotti di protezione intima monouso nel corso della sua vita ».
Il governo scozzese è stato il primo, nel 2022, ad introdurre la gratuità degli assorbenti – monouso ahimé – distribuiti nelle scuole, le università e gli edifici pubblici nel 2022 per lottare contro la period poverty. Anche in Sudafrica, Bostswana, Zambia e Uganda, gli assorbenti vengono distribuiti gratuitamente a scuola. Mentre in Francia, dal 2024 i prodotti riutilizzabili sono rimborsabili al 100 percento per tutte le donne di meno di 25 anni.
Ma la strada resta ancora lunga e dal 2004, quando il Kenya fu il primo paese a detassare gli assorbenti, restano in pochi ad avere hanno seguito la sua scia. È il caso del Canada, dove la tampon tax è stata abolita nel 2015 grazie ad una mobilitazione iniziata con una petizione. In Australia e in Ruanda, i prodotti mestruali sono esenti dal 2019. Lo stesso è avvenuto in diversi paesi tra cui Namibia, Lesotho, Malawi, in Bangladesh, nel Regno Unito e in Irlanda, unico paese europeo ad avere usufruito della modifica della direttiva 112 del 2006 che semplifica l’iter per cancellare la Tampon tax nei paesi dell’Ue.
Per il resto il panorama europeo – le mappe elaborate Wash United sono utilissime – varia dall’aliquota al 27 percento dell’Ungheria ai 20 di Svezia, Danimarca, Bulgaria e Croazia. In Germania, grazie a una mobilitazione femminista, l’aliquota è stata abbassata dal 19 al 7 per cento. Mentre si assesta al 5 per cento a Malta, Cipro e in Polonia. Anche in Francia la tassazione sui prodotti mestruali è passata dal 20 al 5 per cento.
In Spagna è al 4 per cento dal 2023 mentre in Lussemburgo è al 3 per cento.
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La tampon tax in Italia
L’Italia – come la Slovenia – ha l’Iva sui prodotti mestruali al 10 per cento, questa tassazione riguarda circa 13 milioni di donne. Passata dal 22 percento al 10 percento con il governo Draghi e poi al 5 percento con la legge di Bilancio 2023 che introduceva la riduzione dell’Iva sugli assorbenti e sui prodotti per l’igiene intima compostabili, con la legge di bilancio 2024 il governo Meloni ha rialzato l’Iva al 10 percento e gli assorbenti sono tornati ad essere un bene di lusso.
Per contrastare questo passo indietro, ci sono state molte proteste da parte dei movimenti femministi e di associazioni come Non una di meno, Period Think tank e Onde Rosa e molte altre che dal 1973 contestano questo regime fiscale.
Onde Rosa e Coop Italia – che insieme avevano lanciato nel 2018 una petizione per chiedere l’abbassamento della tampon tax che aveva raccolto 680 mila firme – hanno rilanciato nel 2024 la loro petizione che è arrivata a 750 mila firme e punta al milione. Coop Italia ha inoltre deciso di mantenere un prezzo ivato al 5 percento nei suoi punti vendita fino a fine maggio 2024 per un costo stimato dalla presidente di Coop Italia Maura Latini a circa 1 milione di euro. Anche la catena LloydsFarmacia (ora BENU farmacia) azzerra l’Iva dal 2020 sugli assorbenti.
Intanto, si moltiplicano le iniziative per fronteggiare la period poverty e in alcune scuole e università italiane stanno spuntando delle Tampon box, dove si può lasciare o pescare un assorbente mentre si sistematizzano le iniziative come quella dell’Università di Padova o delll’Università Statale di Milano che distribuiscono gratuitamente assorbenti a chi studia e chi lavora nell’Ateneo. Aspettando che la lotta alla discriminazione fiscale di genere porti finalmente anche in Italia all’abolizione della tampon tax.
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