“Un processo caotico e polarizzante”. La definizione di un funzionario della Commissione europea dell’iter di approvazione della tassonomia rende bene l’idea di quale sia la situazione attuale a Bruxelles. Tanto che probabilmente, anticipa la stessa fonte ai giornalisti, l’Unione europea ancora una volta rimanderà la decisione finale.
La bocciatura, il 21 gennaio, da parte dei tecnici della piattaforma per la finanza sostenibile della bozza del documento che dovrebbe stabilire quali investimenti siano verdi era nell’aria, e non è stata una sorpresa. Del resto è da mesi che i tecnici lo ripetono: una tassonomia in cui energia nucleare e gas sono riconosciuti come “green” non ha basi scientifiche.
Conclusione, però, indigesta per molti Paesi. Primi fra tutti la Francia, con enormi interessi nel nucleare, e l’Italia, importante hub di gas nel Mediterraneo. Da qui l’incessante trattativa tra Stati membri con posizioni inconciliabili e il costante lavoro di lobbying all’interno della Commissione per influenzarne l’orientamento. Col risultato che adesso la tassonomia rischia di trasformarsi in un clamoroso nulla di fatto.
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Alcuni Stati minacciano ricorso (ma l’Italia va controcorrente)
La Spagna, riporta il Financial Times, potrebbe infatti decidere di non riconoscere lo standard europeo per la finanza sostenibile e adottarne uno proprio. A mettere in guardia dal pericolo è stato il ministro dell’Energia del Lussemburgo, Claude Turmes. Anziché fornire uno standard comune, ha dichiarato, la tassonomia porterà “a una maggiore frattura poiché i Paesi andranno ognuno per la propria strada”.
Di fronte a un eventuale muro di Bruxelles – o al cedimento, a seconda di come si voglia intendere l’atteggiamento della Commissione nel caso in cui adottasse l’Atto delegato complementare così com’è – lo scontro potrebbe arrivare fino alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, visto che Austria e Lussemburgo annunciano il ricorso nell’ipotesi in cui Bruxelles metta il bollino verde su fonti di energia come gas e nucleare.
Se il parere di Austria, Lussemburgo, Danimarca e Spagna sulla bozza è negativo a 360°, la Germania resta in mezzo al guado: dice sì al gas come fonte di transizione e si oppone al nucleare. L’Italia, addirittura, ritiene siano eccessivamente severe quelle stesse soglie sulle emissioni delle centrali a gas definite “troppo permissive” dai tecnici, mentre sul nucleare non si esprime per non urtare la Francia. Che, a questo punto, non si capisce perché dovrebbe cedere sul nucleare e poi accettare il gas in tassonomia.
Insomma: non c’è dubbio si tratti di una situazione “caotica”, “polarizzata” e per il momento anche “bloccata”. E non stiamo parlando di cavilli, per quanto la materia sia tecnica, ma di una questione che, secondo i piani dell’Unione europea, dovrebbe permettere di raccogliere ogni anno da qui al 2050 miliardi di euro da impiegare per raggiungere gli obiettivi del Green Deal.
Cosa cambia con gas e nucleare in tassonomia
E adesso le associazioni ambientaliste, insieme ai partiti politici verdi dell’Ue, lanciano l’allarme. Il timore è che la tassonomia sarà utilizzata per altri scopi rispetto alla finanza sostenibile, come dirottare fondi privati e pubblici a favore di investimenti su gas e nucleare. Snaturandone l’obiettivo: rendere più semplice finanziare tecnologie verdi in linea con il Green Deal.
Il meccanismo alla base della finanza sostenibile, infatti, è il “greenium”, uno spread per cui un’obbligazione green paga più di una inquinante e, dunque, un’attività verde ha il duplice vantaggio di raccogliere più soldi sul mercato e ad un prezzo migliore. Poiché i green bond dovranno essere allineati al Green Bond Standard, a sua volta allineato alla tassonomia, questo vuol dire che potranno essere emesse obbligazioni verdi anche dalle società fornitrici di gas oppure da chi gestisce centrali nucleari.
“Accettare nella tassonomia il nucleare è un modo per rendere ‘tossici’ i futuri green bond europei nella culla”, ha commentato Giuseppe Onufrio, presidente di Greenpeace Italia. Con il sospetto che nei prossimi anni Paesi come la Francia utilizzeranno fondi europei per alleggerire i costi proibitivi dell’energia nucleare o addirittura per finanziare la ricerca.
L’Unione europea, infatti, vorrebbe estendere l’allineamento alla tassonomia ai fondi pubblici. Su questo aspetto, però, siamo a livello di speculazione politica, visto che ad oggi la tassonomia agevola il finanziamento privato e non ha alcun effetto sulla finanza pubblica. Mentre per quanto riguarda i fondi alla ricerca, Marzia Traverso, ingegnere ambientale e professore ordinario all’Università di Aquisgrana, nonché membro dei consulenti tecnici della piattaforma per la finanza sostenibile, rassicura: “L’attività di ricerca non è considerata nell’Atto delegato complementare”.
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I green bond europei e la tassonomia
Tuttavia, come ha ricordato la Commissione europea, dei limiti ci sono, sia nella tassonomia, sia nel progetto di mercato dei green bond. “Se il documento verrà approvato – spiega Traverso – soltanto alcuni degli impianti a gas saranno riconosciuti allineati alla tassonomia, ovvero tutti quelli che rispettano i criteri riportati nell’Atto delegato complementare stesso”.
Solo in questo caso, potranno essere emessi green bond per finanziarli. Stefano Battiston, docente di Finanza sostenibile all’Università di Zurigo, invita, infatti, a “fare attenzione quando si stima il livello di allineamento di un investimento. Un green bond è tale se i fondi ricevuti dall’impresa sono utilizzati soltanto rispettando gli stessi criteri previsti per i green bond”. Principalmente due, come si legge sul sito della Commissione:
- Per finanziare progetti pluriennali di allineamento alla tassonomia, come la conversione di un impianto di produzione (ad esempio un impianto siderurgico) per ridurre le emissioni e rispettare i valori limite della tassonomia. La condizione è che la trasformazione abbia come risultato un progetto allineato alla tassonomia dell’UE;
- Oppure un’impresa potrebbe emettere un green bond europeo per acquistare o costruire un bene allineato alla tassonomia dell’UE, come un nuovo edificio efficiente sotto il profilo energetico (o una centrale elettrica a gas se rispetta i criteri, ndr). In tal modo, l’impresa aumenta gradualmente la propria quota di attività allineate alla tassonomia.
Ci si attende che la tassonomia e i green bond dell’Ue favoriscano e incoraggino la transizione verso la sostenibilità, ma si tratta di una funzione di orientamento nelle scelte, senza proibire a chi partecipa ai mercati finanziari di investire in alcuna attività, né imporre alle imprese di allinearsi alla tassonomia o emettere solo certe tipologie di obbligazioni.
Dunque, “nel caso dei bond generici emessi da un’impresa che, per fare un esempio, produce elettricità da varie fonti – spiega Battiston – l’obbligazione sarà considerata con un tasso di allineamento alla tassonomia proporzionale al peso delle attività dell’impresa stessa individualmente allineate alla tassonomia”.
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Rischi per gli investitori: i green bond improvvisamene fuori dalla tassonomia UE
Resta il timore, però, che una volta aperta la porta ai green bond per gas e nucleare, sarà complicato richiuderla. Luca Bonaccorsi, un altro membro della piattaforma per la finanza sostenibile ed esperto della ong Transport&Enviroment, mette in guardia da un possibile problema già tra otto anni.
“Non bisogna dimenticare che i criteri attuali cesseranno di essere applicati per nuove centrali elettriche a gas a partire dal 2030. Quindi – avverte – i bond emessi seguendo le regole di oggi avranno bisogno di clausole specifiche di salvaguardia per evitare si vada incontro ad un elevato numero di contenziosi legali, ma probabilmente accadrà lo stesso”.
In pratica, gli investitori si ritroveranno, infatti, da un momento all’altro nel portafoglio green bond tagliati fuori dalla tassonomia, dopo essere stati “incoraggiati” dalla tassonomia stessa a investire denaro in centrali che green non lo sono più.
La tassonomia perde credibilità per gli investitori
Nonostante le rassicurazioni di Bruxelles, secondo Bonaccorsi la tassonomia non riuscirà neppure a indirizzare gli investimenti almeno nella direzione delle centrali elettriche a gas più moderne ed ecosostenibili. “Gli investitori punteranno sugli investimenti meno costosi, ovvero sulle centrali con turbine a gas – prevede l’esperto di T&E – e questo avrà effetti disastrosi per la credibilità della finanza sostenibile, visto che la Commissione stessa ammette che dal 2030 non saranno più una tecnologia verde”.
Il pericolo è che perda di significato l’intero progetto della finanza sostenibile. A sostenerlo, senza giri di parole, è stata la ministra per l’Energia dell’Austria, Leonore Gewessler: “Con l’attuale bozza, le persone perdono ogni certezza che i loro soldi andranno a beneficio della protezione del clima, la Commissione europea soddisfa solo i desideri della lobby nucleare e del gas”.
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Tassonomia e investimenti pubblici
Lobby che continuano a lavorare alacremente. Facendo passare il messaggio che tutto si bloccherà nel caso di esclusione dalla tassonomia per colpa delle regole troppo severe di Bruxelles. Il Sole 24 Ore ha scritto che “nessuno dei progetti italiani di centrali elettriche a metano pare rispondere ai requisiti ambientali davvero stringenti della bozza della Commissione”.
Eppure, tecnici della piattaforma per la finanza sostenibile, come Luca Bonaccorsi, sostengono l’esatto opposto: “L’Atto delegato complementare sembra disegnato per venire incontro alle esigenze italiane”. In ogni caso, “non è corretto affermare che le attività al di fuori della tassonomia non otterranno più fondi”, chiarisce Marzia Traverso. “Non ci saranno solo i green bond nel futuro, resteranno anche gli investimenti con risorse proprie o con obbligazioni ordinarie, sui quali la tassonomia non ha alcun effetto”. Insomma, nessuno impedisce a un governo di finanziare la costruzione di una centrale elettrica a metano. Però non può farlo attraverso i green bond.
Del resto il Consiglio europeo dell’11-12 dicembre 2020 ha riconosciuto il ruolo delle tecnologie di transizione come il gas e, quindi, spiega la Commissione europea in un documento ufficiale, “gli investimenti in progetti del gas naturale sono ammessi a beneficiare di finanziamenti a titolo di strumenti Ue se sostengono gli obiettivi strategici dell’Ue in modo conforme al Green Deal. Ne sono un esempio il dispositivo per la ripresa e la resilienza, InvestEU, il Fondo europeo di sviluppo regionale e il Fondo per la modernizzazione del sistema di scambio delle quote di emissione”.
Sebbene il finanziamento sia possibile sulla base di “valutazioni caso per caso” e, ad esempio, i green bond emessi dalla Commissione per ripagare il Recovery fund non contemplano gas e nucleare. Tuttavia, se è vero che i piani di ripresa e resilienza devono rispettare il principio contenuto in tassonomia del “non arrecare un danno significativo”, i criteri definiti negli atti delegati non hanno alcun effetto diretto e vincolante sull’attuazione dei vari Pnrr.
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