Il contesto multi-crisi che l’Europa si trova a fronteggiare mette a nudo come ancora oggi genere, classe e geografie possano influenzare in modo strutturale la capacità di un individuo o di una comunità di rispondere alle difficili sfide che questo tempo pone quotidianamente.
Sembra ormai risaputo, e ribadito da centinaia di articoli, saggi e di report prodotti dall’UE così come di molte ONG, che “eliminare le disuguaglianze sociali e realizzare la parità di genere costituiscono un pilastro essenziale dell’obiettivo strategico dell’Unione Europea di inclusione sociale”.
Il rapporto europeo su genere e transizione energetica, dal titolo Gender and Energy: The effects of the energy transition on women, pubblicato lo scorso gennaio, sottolinea l’importanza di “politiche inclusive nel garantire il coinvolgimento attivo e la rappresentanza delle donne nell’industria dell’energia, non solo come clienti ma anche come decision maker e innovatrici”. Lo studio è stato condotto dal Centro Comune di Ricerca della Commissione Europea in cooperazione con il centro di esperti olandese sulla diversità nella transizione energetica 75inQ e sottolinea l’urgente necessità di ridurre le disparità di genere nella transizione energetica. Ammettendo che una transizione giusta non possa che passare dal superamento delle disuguaglianze dovute a genere, classe sociale e provenienza geografica. Il documento, inoltre, riflette sulla relazione tra genere e povertà energetica, tema già trattato in precedenza su EconomiaCircolare.com, evidenziando come questo sia un elemento critico per la costruzione di una transizione energetica giusta e inclusiva.
Il documento si pone quindi l’obiettivo di approfondire la comprensione dei determinanti delle disparità di genere, di ciò che ostacola l’empowerment delle donne nel settore energetico e dei fattori che contribuiscono al vivere in un contesto di povertà energetica. Questo avviene anche attraverso l’analisi di una serie di interventi politici e buone pratiche legate al tema della povertà energetica. Questi dati, sostiene il report “possono essere utilizzati per ridurre la povertà energetica delle donne, aumentare la loro rappresentanza nel settore energetico e il loro empowerment complessivo nel contesto della transizione energetica”.
Il ruolo delle donne nella transizione energetica
Il report ha considerato – basandosi fra gli altri sugli studi di Clancy, Della Valle & Czako – tre fattori su cui agire per studiare e trasformare il ruolo della donna nella transizione energetica. La donna ha infatti un triplice ruolo in quanto: consumatrice, ossia utilizzatrice di servizi energetici, produttrice e fornitrice di servizi energetici all’utente finale e in quanto cittadino dell’energia diventando parte attiva del settore energetico in quanto parte sociale e politica.
L’analisi su genere e transizione energetica proposta dall’UE viene quindi condotta considerando questi tre aspetti. Per quanto riguarda la dimensione lavorativa e produttiva, secondo i dati di IRENA riportati nello studio UE, lavorano più donne nel settore delle energie rinnovabili di quanto ne siano mai state impiegate nel settore del fossile. Secondo il rapporto IRENA del 2022 le donne costituiscono circa il 30% della forza lavoro in posizioni a tempo pieno all’interno del settore energie rinnovabili (Figura 1) ed arrivano quasi al 40% per il sottosettore dei pannelli fotovoltaici. Mentre nell’eolico e nel settore del petrolio e del gas sono impiegate meno della metà delle donne, rispettivamente con il 21% e 22%.
D’altra parte, in quanto prosumer, le donne dovrebbero invece avere un ruolo sempre più di rilievo e questo perché, come sostiene il report, “le partecipanti femminili delle comunità energetiche tendono a favorire maggiormente i principi di giustizia energetica”.
Non esistono statistiche in merito alle caratteristiche demografiche della partecipazione alla costituzione e creazione di comunità energetiche nell’Unione Europea, ma ci sono diversi articoli scientifici, tra cui uno studio di Wierling, che documentano la sotto-rappresentazione delle donne nel quadro d’insieme delle comunità energetiche. Ovviamente ogni contesto ha le sue differenze in termini di partecipazione ed empowerment di genere, ma nel rafforzare queste riflessioni anche un altro studio, in questo caso di Lupi, conferma che il profilo generale di un partecipante alle comunità energetiche è quello di un uomo di mezza età.
Leggi anche: C’è un gender divide nell’accesso ai finanziamenti e siamo lontani da chiuderlo
Genere e povertà energetica
Le donne di tutto il mondo, ancora oggi, assorbono in modo asimmetrico gli effetti dei cambiamenti in corso: crisi climatica, energetica, economica, dei diritti e della salute hanno infatti profonde conseguenze su donne e altre categorie marginalizzate. Secondo Eurostat, tra il 2015 e il 2019, il divario di genere a livello europeo si è acuito, a fronte di una generale diminuzione delle persone a rischio di povertà, fino a prima della crisi pandemica. Un dato che restituisce chiaramente le disparità di genere odierne è il divario retributivo di genere nell’UE che si attesta al 12,7% nel 2021 ed è cambiato solo minimamente nell’ultimo decennio. Ciò significa che le donne guadagnano in media il 13,0% in meno all’ora rispetto agli uomini. Questa disparità economica le rende particolarmente vulnerabili agli impatti finanziari delle crisi, poiché questi soggetti hanno minori risorse a disposizione per far fronte ad aumenti dei costi e a situazioni di emergenza.
Nel condurre un’analisi sulla povertà energetica gli indicatori che vengono analizzati (come si può vedere nello schema in basso) sono in larga parte connessi al reddito. Questo evidenzia come il divario di retribuzione economica, in relazione ai carichi di responsabilità e cura che gravano in modo asimmetrico funzione del genere, siano elementi importantissimi nello studio della povertà energetica in relazione al genere.
Da una prospettiva globale le donne svolgono lavori meno retribuiti, circa il 24% in meno rispetto agli uomini e, al ritmo attuale di progresso, ci vorranno 170 anni per ridurre il divario di genere in termini di reddito. L’Oxfam nel 2022 ha messo in evidenza come nel mondo ci siano 700 milioni di donne in meno, rispetto agli uomini, che fanno un lavoro regolarmente retribuito. Il 75% delle donne nelle regioni in via di sviluppo lavora in modo informale, dove è meno probabile che abbiano contratti di lavoro e diritti e dove spesso non vengono pagate abbastanza per uscire da un regime di povertà e dipendenza economica. Si afferma quindi che oltre 600 milioni di lavoratrici si trovano in contesti lavorativi insicuri e precari. Il lavoro di cura che viene svolto prevalentemente dalle donne ha globalmente un valore pari a 10/14 trilioni di euro, più del triplo delle dimensioni del settore tecnologico globale. Le donne, quindi, lavorano più ore al giorno rispetto agli uomini se si considera il lavoro retribuito e non retribuito insieme.
In questo quadro, donne, famiglie monogenitoriali e molte altre categorie vulnerabili vengono colpite in modo profondo e violento dalle diverse crisi in corso, tra cui quelle legate all’energia e all’accesso all’energia.
Leggi anche: Crisi energetica, ecco perché i costi dell’energia pesano di più sulle donne
Politiche per una transizione inclusiva
Oggi sono numerose le politiche e le progettualità che mettono al centro la transizione energetica e vengono portate avanti ad ogni livello, da quello Europeo a quello più locale e di comunità. Dal 2009 oltre 17 progetti sono stati proposti dall’UE per mitigare la povertà energetica e perseguire una transizione giusta ed equa e, è un primo passo, ben più della metà sono stati attuati dal 2018 in avanti. Questi sono strumenti, iniziative e meccanismi volti a migliorare la partecipazione delle donne e a mitigare le disuguaglianze di genere nella transizione energetica. Il contesto critico in cui viviamo evidenzia quotidianamente la necessità di politiche pratiche, puntuali e d’azione che mettano al centro la decostruzione di quelle ingiustizie che colpiscono l’Europa ma ancora di più il mondo intero.
I risultati di questo studio sottolineano la necessità di metodi affidabili per la raccolta dati e il monitoraggio, utili a tracciare il successo delle attività che mettono in relazione inclusione e transizione energetica. Questo, sostiene lo studio, consentirebbe “interventi informati e mirati sia a livello nazionale che europeo”.
In conclusione, ciò che emerge dal report è che le donne sono spesso più esposte alla povertà energetica a causa di redditi disponibili inferiori. Di conseguenza, le donne sono più esposte alle varie ripercussioni della povertà energetica come: rischi per la salute, esclusione sociale, violenza di genere, limitato accesso a istituti di formazione superiore ecc.
Ovviamente, evidenzia il report: “Ci sono ancora disuguaglianze di genere nel settore energetico che devono essere affrontate meglio per garantire una transizione energetica di successo: le donne rappresentavano in media il 32% della forza lavoro nel settore delle energie rinnovabili nel 2019”.
Se il fatto che sempre più report mettono in evidenza la stretta relazione tra donne e povertà energetica evidenzia che questo argomento sta ricevendo e merita attenzione, d’altra parte indica anche la necessità di misurarsi con quelle sfide quotidiane che coinvolgono chi abita e vive i territori.
Leggi anche: Poche donne nelle Stem e nella ricerca scientifica e ambientale. Come invertire la rotta
© Riproduzione riservata