Chissà cosa penserebbe Walter Gropius dell’economia circolare. Nel 1919 il celebre architetto tedesco ebbe la straordinaria intuizione di fondare la scuola d’arte Bauhaus, forse la più importante del 20esimo secolo, in cui creazione artistica e metodo artigianale entrarono finalmente in armonia con la produzione industriale. Simbiosi e interdisciplinarietà erano due parole care a Gropius durante il secolo scorso. Per affrontare le sfide del presente e del futuro, un secolo dopo, la Commissione europea ha pensato di lanciare un’iniziativa culturale e formativa che riviva quel florido momento storico attraverso l’implementazione di un modello di progettazione circolare.
Il New European Bauhaus invita “tutti gli europei a immaginare e costruire insieme un futuro sostenibile e inclusivo, che sia piacevole per gli occhi, il cuore e la mente”. Gli attori coinvolti sono tanti ma il design e l’architettura, come nel cuore e nella mente di Gropius, occupano un posto speciale nel mondo delle arti e dell’economia che dovrà essere rigenerativa per progettazione, costruita sui principi di eliminazione dei rifiuti e dell’inquinamento, sul mantenimento dell’uso di materiali e della rigenerazione dei sistemi naturali.
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Un ponte che unisce più discipline
Il New European Bauhaus ha l’ambizione di collegare due atti della storia europea del 21° secolo: il momento in cui ci troviamo e il futuro che vogliamo abitare. Un ponte che connetta il mondo della scienza e della tecnologia e il mondo dell’arte e della cultura attraverso un movimento che integri tre dimensioni: sostenibilità (inclusa la circolarità), qualità dell’esperienza (estetica) e inclusione (compresa la convenienza). Se il precedente Bauhaus fu una ribellione all’arretrato contesto industriale ottocentesco in cui la produzione di oggetti doveva tornare ad essere un’esperienza umana, il New Bauhaus grazie alle nuove tecnologie e all’intelligenza artificiale ha la possibilità di ridare valore al materiale, rigenerandolo all’interno di un sistema circolare e olistico. Il Nuovo Bauhaus Europeo si svilupperà in tre fasi: design (progettazione), delivery (interazione progetti pilota) e diffusione (networking e diffusione di idee). Le fasi opereranno in parte in parallelo, poiché è molto probabile che gli attori interessati possano diventare partner per realizzare e potenziare l’iniziativa.
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Valore e funzionalità: gli obiettivi dei designer del futuro
Le soluzioni innovative vanno dal bio-designed packaging che si dissolve nel momento in cui viene utilizzato, alla costruzione di facciate di palazzi costituite da alghe per generare energia, alla modifica della struttura dei materiali per creare nuove abitazioni, all’utilizzo di materiali durevoli per allungare il ciclo vita al prodotto. La tecnologia e gli innovatori stanno già scoprendo queste opportunità, ma il vero progresso richiede anche un cambiamento sistemico. “Se vogliamo un’economia circolare sicura, salutare e rigenerativa, i materiali contano. Non si tratta solo di “chiudere il ciclo”, ma considerare i materiali parte del ciclo”, si legge in un articolo della Ellen MacArthur Foundation. Per i designer che operano in ottica circolare è una sfida creativa in cui la domanda principale da porsi è: come creare valore per l’utente e per la società in generale? I designer di oggi sono insoddisfatti della prospettiva di creare cose inutili o superficiali che non forniscono funzionalità o valore. Desiderano risolvere problemi reali per le persone e per sistemi sempre più ampi.
Le sfide climatiche di questo secolo offrono un’opportunità unica per coloro che vogliono usare la creatività per uno scopo più alto della mera estetica. I creativi di tutto il mondo stanno scoprendo che il quadro dell’economia circolare offre un’ottima guida per sfruttare questo potenziale e il New European Bauhaus potrà essere la piattaforma ideale in cui scambiare idee e conoscenze.
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Le barriere legislative da infrangere
Da luglio è iniziata ufficialmente la fase di realizzazione con la messa a punto e attuazione di nuovi progetti pilota. I progetti saranno seguiti da vicino e monitorati in modalità “comunità per gli esercizi pratici”, per condividere gli insegnamenti tratti dai primi esperimenti. Si tratta di creare una rete di conoscenze al fine di individuare metodi, soluzioni e prototipi aperti e replicabili, mettendoli a disposizione di città, località, architetti e progettisti. Tuttavia, in questo percorso di transizione, la burocrazia e alcune norme obsolete possono davvero rappresentare delle barriere difficili da infrangere.
L’azienda danese Grundfos, il più grande produttore mondiale di pompe e sistemi di pompaggio, è sempre più impegnata nell’economia circolare. Il ritiro, la rigenerazione dei componenti e il riciclaggio dei materiali sono diventati servizi essenziali ed economicamente redditizi. Grundfos prevede di espandere il suo programma di ritiro dei prodotti a fine vita in altri Paesi europei, ma deve affrontare ostacoli normativi dal momento che ogni Paese ha una legislazione sui rifiuti. I prodotti Grundfos alla fine del ciclo di vita sono considerati rifiuti ambrati e quindi dovrebbero essere trasportati come tali. A parte l’onere amministrativo conseguente a questa classificazione, il costo del trasporto dei rifiuti ambrati, che li riporterebbe in Danimarca, è 3/5 volte superiore rispetto al carico ordinario. “L’attuale regolamentazione, sia in termini di definizione dei rifiuti che di requisiti per il trasporto e la gestione dei prodotti EOL (end-of-life) non supporta la transizione all’economia circolare”, dice Joost Maarse, Global lead on Circular Economy alla Grundfos.
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L’esperienza di una startup danese
Dalla collaborazione tra la startup danese Nordic Harvest e la società tech taiwanese YesHealth Group è nata una delle più grandi vertical farm indoor idroponiche d’Europa. Una coltivazione in verticale indoor e idroponica permette un notevole risparmio di consumo di suolo, di risorse ed energia. Infatti, la tecnica di coltivazione idroponica, non prevedendo utilizzo di terreno, consente un grande risparmio di acqua e rende superfluo il ricorso ai pesticidi, dato l’ambiente chiuso e costantemente monitorato. In questo caso, però, l’azienda Nordic Harvest non può ottenere la certificazione biologica per i propri prodotti, perché il regolamento Ue relativo al biologico stabilisce che i prodotti bio debbano essere coltivati nel suolo. “L’altra criticità la riscontriamo nel contributi per la ricerca destinati alla coltivazione di piante – spiega il CEO dell’azienda Anders Riemann – I fondi sono sempre assegnati dalla ricerca sul suolo, questo frena i potenziali benefici dello spostamento della produzione di ortaggi di nicchia nelle città e quindi consentire il rimboschimento dei terreni agricoli”. Riemann poi aggiunge che si dovrebbe guardare al modello statunitense, in cui la certificazione biologica e le limitazioni all’uso di pesticidi sono separate. Questi casi e testimonianze sono la prova che l’impatto positivo del new Bauhaus nel breve periodo dipenderà anche dalla velocità nello snellire la burocrazia e nell’implementazione di politiche legislative uniformi in tutta l’Unione europea.
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