Il Green Procurement, in italiano acquisti verdi, è un processo di acquisto, che può essere applicato sia al settore pubblico che privato, di prodotti e servizi che hanno un minore impatto ambientale in tutto il loro ciclo di vita rispetto ad altri prodotti e servizi utilizzati allo stesso scopo. Ad essere valutati sono tutti gli aspetti che riguardano un dato prodotto o servizio, dalla progettazione alla produzione e utilizzo fino a ciò che riguarda le procedure di smaltimento. Sulla base del GP sono quindi da preferire prodotti, ad esempio, poco energivori, realizzati con materiale riciclato e di facile riciclabilità oppure che sono il frutto di processi produttivi a basso impatto ambientale.
Si tratta quindi di un sistema che facendo perno sul potere di acquisto è in grado di orientare il mercato verso prodotti sostenibili favorendo in questo modo lo sviluppo della green economy.
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Il Green Public Procurement
Nell’ambito del green procurement assume un ruolo centrale il Green Public Procurement (GPP), un vero e proprio strumento di politica ambientale per orientare gli acquisti delle pubbliche amministrazioni e volto a favorire lo sviluppo di un mercato di prodotti e servizi a ridotto impatto ambientale attraverso il “potere” della domanda pubblica. Il GPP viene definito dalla Commissione Europea come “l’approccio in base al quale le amministrazioni pubbliche integrano i criteri ambientali in tutte le fasi del processo di acquisto, incoraggiando la diffusione di tecnologie ambientali e lo sviluppo di prodotti validi sotto il profilo ambientale, attraverso la ricerca e la scelta dei risultati e delle soluzioni che hanno il minore impatto possibile sull’ambiente lungo l’intero ciclo di vita”.
Grazie a questo approccio il comparto pubblico può in primo luogo ridurre nell’immediato il proprio impatto ambientale attraverso scelte di acquisto sostenibili, contribuendo, inoltre, allo sviluppo di un mercato green. Ma come? In quanto grande consumatore di beni e servizi ha il potere di creare una forte domanda in grado di sostenere una produzione che rispetti l’ambiente in cui viviamo, in modo tale da permettere alle aziende della green economy di affermarsi sul mercato anche del settore privato. È infatti importante ricordare come secondo le stime della Commissione Europea la spesa pubblica nei paesi membri per l’acquisto di beni, servizi e lavori ammonta annualmente a circa il 19% del relativo PIL: è quindi di tutta evidenza l’importanza di questo sistema come leva per la crescita di un modello di produzione e sviluppo ecosostenibile.
L’evoluzione normativa in Europa
L’impiego del GPP venne inizialmente incoraggiato a livello europeo, se ne parla infatti sia nel Libro Verde sulla politica integrata dei prodotti del 1996, sia nel Sesto Programma d’Azione in campo ambientale e sviluppato nella Politica Integrata di Prodotto (IPP – Integrated Product Policy). Nel 2003 il GPP è stato inoltre riconosciuto dalla Commissione Europea come uno strumento cardine della Politica Integrata dei Prodotti nell’ambito della Comunicazione COM 2003/302, con la quale sono stati invitati gli Stati membri ad adottare dei Piani d’azione nazionali sul GPP, per garantirne la massima diffusione.
La svolta si ha però solo nel 2004 con la pubblicazione, sempre ad opera della Commissione Europea, del Manuale Buying Green e con le direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, con le quali si fa chiarezza del quadro normativo, riconoscendo esplicitamente sia la possibilità di inserire la variabile ambientale come criterio di valorizzazione dell’offerta di acquisto sia le modalità con le quali le amministrazioni pubbliche potevano procedere.
E in Italia?
Nel nostro Paese un quadro di riferimento complessivo sia tecnico che metodologico del Green Public Procurement è stato introdotto con il decreto interministeriale dell’11 aprile 2008, recante l’approvazione del Piano d’azione nazionale sul GPP (PAN GPP) con lo scopo di facilitarne l’adozione e implementare il sistema degli acquisti verdi e che ha previsto l’entrata in vigore, con successivi decreti ministeriali, dei Criteri Ambientali Minimi per ogni categoria di prodotti, servizi e lavori acquistati o affidati dalla pubblica amministrazione.
Vi sono però riferimenti al GPP anche in alcune norme antecedenti questo atto e che stabilivano per le pubbliche amministrazioni requisiti specifici per l’acquisto di prodotti e servizi. Un esempio è la delibera del CIPE n. 57 del 2 agosto 2002 “Strategia d’azione ambientale per lo sviluppo sostenibile in Italia”, che stabiliva che “almeno il 30% dei beni acquistati debba rispondere anche a requisiti ecologici; il 30-40% del parco dei beni durevoli debba essere a ridotto consumo energetico, tenendo conto della sostituzione e facendo ricorso al meccanismo della rottamazione”.
La spinta, ad oggi, più importante per lo sviluppo in Italia degli acquisti verdi si è avuta nel 2017, con la versione definitiva dell’articolo 34 del nuovo Codice degli Appalti, d.lgs 50/2016 così come modificato dal decreto legislativo 19 aprile 2017 n. 56, che ha previsto l’obbligatorietà di applicazione, per l’intero valore dell’importo della gara, delle “specifiche tecniche” e delle “clausole contrattuali” contenute nei criteri ambientali minimi (CAM), prevedendo altresì che si debba tener conto degli stessi anche per la definizione dei “criteri di aggiudicazione dell’appalto”. Stabilendo poi nell’art 213 del Codice che il monitoraggio dell’applicazione dei Criteri Ambientali Minimi deve avvenire ad opera dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC).
Cosa sono i Criteri ambientali Minimi?
Per poter orientare le pubbliche amministrazioni negli acquisti, come abbiamo già avuto modo di specificare in precedenza, il Piano d’azione nazionale sul GPP ha previsto l’adozione, con decreto ministeriale, dei Criteri Ambientali Minimi.
I CAM sono i requisiti ambientali definiti per le varie fasi del processo di acquisto, volti a individuare la soluzione progettuale, il prodotto o il servizio migliore sotto il profilo ambientale lungo il ciclo di vita, tenuto conto della disponibilità di mercato.
Scopo della loro applicazione sistematica e omogenea è quello di diffondere le tecnologie ambientali e i prodotti ambientalmente preferibili facendo da leva per il mercato e spronando gli operatori economici meno virtuosi ad adeguarsi alla domanda della pubblica amministrazione, con l’obiettivo di promuovere modelli di produzione e consumo più sostenibili, ispirati ai principi dell’economia circolare e di diffusione del lavoro “verde”.
I CAM sono definiti per diverse aree di applicazione come ad esempio edilizia, rifiuti urbani, sanificazione veicoli, verde pubblico per un totale di 17 categorie di forniture ed affidamenti. Questi vengono aggiornati periodicamente sulla base dell’evoluzione tecnologica e di mercato, ma ad ora riguardano le categorie di forniture ed affidamenti individuate nel Piano d’azione nazionale sul GPP. Potranno essere comunque definiti CAM anche su nuove categorie merceologiche qualora queste abbiano analoghe caratteristiche a quelle già contenute nel Piano.
Ad esempio, oggi sono in corso di definizione i criteri ambientali minimi per i servizi di progettazione e lavori per la nuova costruzione e manutenzione di strade, altri ancora sono programmati per il 2021, come il servizio trasporto pubblico e gli eventi culturali, e il 2022, come la revisione del CAM relativo ai servizi energetici per gli edifici.
Come procede la loro applicazione?
Secondo i dati resi noti dall’Osservatorio Appalti Verdi (OAV), costituito da Legambiente e dalla Fondazione Ecosistemi, nel report 2020 emerge che nonostante l’obbligatorietà dell’adozione dei CAM per tutte le stazioni appaltanti si riscontrano ancora non poche difficoltà nella loro applicazione.
L’analisi riguarda il livello di adozione dei CAM da parte di tre comparti della pubblica amministrazione: i Comuni capoluogo (88), gli Enti Gestori delle Aree Protette (68) e un campione dei Comuni Ricicloni (538).
Dal rapporto di Fondazione Ecosistemi e Legambiente, intitolato proprio “I numeri del Green Public Procurement in Italia”, si evidenzia come quasi 1 comune capoluogo su 4 adotta, nell’80% dei casi, i Criteri Ambientali Minimi nelle procedure di gara. Tra le maggiori difficoltà riscontrate quella che riguarda la capacità di trasformare i CAM in un “appalto verde” e questo nonostante vi sia stato un incremento delle attività di formazione del personale sui temi del GPP. Il CAM più applicato? Quello della carta, adottato dal 70,8% dei Comuni capoluogo.
Per i Comuni ricicloni uno dei dati più rilevanti è che soprattutto nel Centro Sud viene evidenziata una difficoltà nel redigere i “bandi verdi”, nel 70,2% dei Comuni del Centro e nel 58,7% di quelli del Sud, a cui si aggiunge la paura di non trovare un “mercato verde”, ovvero imprese che riescano a rispondere a bandi con l’applicazione dei Criteri ambientali Minimi. Inoltre, solo nelle regioni centrali la maggioranza dei Comuni (il 64%) conosce il GPP e i CAM; al Nord (47,3% di risposte negative) e al Sud (con il 43% delle risposte negative) circa un’amministrazione comunale su due non conosce il GPP.
Per quanto riguarda gli enti gestori delle aree protette su 68 realtà analizzate sono complessivamente 10 quelle che dichiarano di applicare sempre i CAM, mentre la conoscenza del GPP riguarda il 95,6% del totale degli enti. Ciò nonostante, anche in questo caso si riscontra che il 50,7% delle amministrazioni ha difficoltà nella stesura dei bandi.
I dati fin qui riportati, pur evidenziando dei progressi rispetto al passato, sottolineano come ci sia ancora tanta strada da fare nell’ambito del Green Public Procurement per far si che le amministrazioni pubbliche possano operare come efficace impulso per lo sviluppo e affermazione della green economy.
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