Sappiamo di dover agire, ma non sappiamo bene come. Siamo cittadini virtuosi, ma ancora poco consapevoli e informati. È questo ciò che emerge dalla ricerca “RAEE, Economia Circolare e Cambiamento Climatico. Una ricognizione dei livelli di conoscenza dei cittadini, delle loro opinioni e comportamenti” presentata oggi nel corso dell’evento “L’economia circolare non è un circo” e realizzata da Ipsos per conto di Erion (su un campione di 1.000 cittadini italiani dai 18 ai 75 anni; metodologia CAWI, Computer Assisted Web Interview; interviste settembre 2021).
Il sondaggio, commissionato in occasione dell’International E-Waste Day e presentato a Milano per il primo compleanno del sistema multiconsortile Erion e di EconomiaCircolare.com, fotografa un progressivo cambiamento di mentalità degli italiani, che sono molto più sensibili alle tematiche riguardanti la crisi climatica, la raccolta differenziata dei rifiuti e l’economia circolare, ma che spesso non conoscono gli strumenti e non hanno le giuste informazioni per adottare buone pratiche sostenibili.
Voglia di sostenibilità, ma mancano gli strumenti
Le persone intervistate da Ipsos dichiarano di voler vivere in un mondo più sostenibile, ma dal punto di vista pratico 1 su 3 non sa come fare, anche se di fatto svolgono una corretta raccolta differenziata separando plastica (91%), carta (90%), vetro (89%), lattine di alluminio (87%), organico (87%), pile (70%), farmaci (66%) e anche gli stessi Raee (58%), nonostante el amerà del campione non sappia che la sigla indica i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche.
Dalla ricerca emerge che gli italiani sono piuttosto inclini ad assumere comportamenti virtuosi: riparano un oggetto invece di comprarne uno nuovo (53%), evitano di acquistare prodotti usa e getta (45%), scelgono prodotti con poco packaging (44%) e acquistare prodotti a km zero (40%). Sono poco inclini a usare servizi di mobilità in sharing (solo il 13%) – dato probabilmente influenzato dal periodo pandemico – e a noleggiare beni durevoli invece di acquistarli (solo il 12%).
“La prima riflessione che scaturisce da questa rilevazione è che sono necessarie comunicazione, sensibilizzazione e politiche”, commenta Giorgio Arienti, General Manager di Erion. “I cittadini spesso non agiscono perché credono che il problema sia troppo grande per essere risolto da comportamenti individuali. Questo ricade anche nel giudizio sulle istituzioni, che spesso non facilitano la vita a chi vuole adottare comportamenti sostenibili. Mancano spesso strumenti chiari che incentivino il cittadino a condurre comportamenti virtuosi, così la sua adesione è ancora più ideale che pratica”.
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“Economia circolare cosa?”
Analizzando i risultati del sondaggio emerge una popolazione ben disposta nei confronti della transizione ecologica, anche se il 60% non conosce perfettamente il significato di economia circolare. Il 50% lo ritiene addirittura un concetto complicato e difficile da comprendere per le persone comuni, oltre che un processo costoso che mette a rischio molti posti di lavoro. “L’economia circolare sta crescendo come comprensione e consapevolezza nell’opinione pubblica italiana – commenta dichiara Chiara Ferrari, Ipsos Public Affairs Service Line Leader – ma non essendo un concetto semplice, a domanda specifica, solo il 40% dice di pensare di conoscerla”. Anche il concetto di neutralità climatica è conosciuto soltanto da un quinto del campione, a dimostrazione che c’è ancora un importante lavoro di formazione e informazione da compiere.
I cambiamenti climatici come emergenza, ma per alcuni non esistono
Nonostante gli impegni che saranno presentati in occasione del prossimo vertice sul clima delle Nazioni Unite, la Cop26 di Glasgow, il 56% degli intervistati afferma che le autorità italiane e internazionali non stanno facendo abbastanza per contrastare i cambiamenti climatici, vissuti come un’emergenza da affrontare subito dal 76% del campione. “Lavoriamo da tempo su queste tematiche: gli italiani si sono sensibilizzati al tema e capiscono che sono necessari interventi”, puntualizza Chiara Ferrari. Il 24% però dichiara che gli sconvolgimenti del clima non esistano e che siano altre le priorità da affrontare. “Quel 24% è rappresentato specialmente dalla fasce d’età centrale. Non è una questione di mancanza di sensibilità – continua Chiara Ferrari –: si tratta di quella generazione che si è trovata in mezzo ad un guado, tra lo sperpero delle ricchezze della generazione precedente e la crisi economica del 2008. Questo non li rende insensibili, a cambiare è semplicemente la scala delle loro priorità personali”.
Le condizioni economiche e di lavoro dell’individuo quindi possono incidere parecchio sulla preoccupazione generale nei confronti della crisi climatica. Per l’86% degli intervistati le attività umane sono la principale causa dei cambiamenti climatici. Affiora fortemente anche la consapevolezza che le nostre abitudini di consumo non siano più sostenibili (per l’86%) e che il riscaldamento globale avrà un grosso impatto sulla vita delle persone (82%). “C’è una conoscenza teorica mediamente sviluppata di questi temi, ma non c’è ancora la percezione dell’urgenza – afferma Giorgio Arienti – né del fatto che i comportamenti individuali debbano essere cambiati per passare a modelli circolari”.
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Più consapevoli rispetto ai Raee, ma la strada è ancora lunga
Un italiano su due ancora non conosce il significato della parola Raee e il gap aumenta quando si parla di piccoli elettrodomestici come stampanti, monitor, microonde, tostapane. “Sono certa – commenta Chiara Ferrari – che la media di circa 2 apparecchi elettronici fuori uso dichiarati dagli intervistati è sottostimata rispetto a quella che è la realtà. Data la pervasività degli apparecchi elettronici come telefoni cellulari, cuffie e cavi nella vita di tutti i giorni, c’è da immaginarsi che nelle case degli italiani ci sia una specie di patrimonio di Raee”. Il 40% degli intervistati dichiara di averne almeno 1-2 in casa da smaltire e il 18% tra i 3 e i 5. Nonostante ciò, l’81% sa come smaltirli correttamente in ricicleria o isola ecologica, il 77% conosce il luogo dove si trova l’isola ecologica più vicina e un 72% utilizza regolarmente il centro di raccolta della propria zona.
“Qualche anno fa avevamo mappato le conoscenze in termini di Raee e dismissione Raee – spiega Giorgio Arienti – e questo report da un lato mi lascia contento perché dimostra che i cittadini italiani hanno fatto passi in avanti. Tuttavia solo il 44% ha sentito parlare dei Raee, quindi la strada da fare è ancora tantissima. È evidente che c’è da fare un grande lavoro di sensibilizzazione e di comunicazione se vogliamo raggiungere il target fissato dall’Europa, ovvero una raccolta annuale di circa 10 kg/abitante (oggi siamo a poco più di 6 kg)”.
Bassa è anche la percezione della presenza di sostanze inquinanti in questa tipologia di rifiuti: un quinto degli italiani non sa dei rischi associati allo smaltimento errato e circa metà ne ha una conoscenza solo superficiale. Ancora poco diffuse sono le pratiche di “ritiro 1 contro 1” e di “ritiro 1 contro 0”. Due terzi degli intervistati sa che acquistando un nuovo elettrodomestico è possibile richiedere il ritiro gratuito dell’apparecchiatura equivalente di cui ci si vuole disfare, ma solo il 36% se ne avvale.
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