Molti di noi, quando acquistano un prodotto, cercano di prestare attenzione al packaging: lo scelgono il più leggero possibile, certamente riciclabile e magari riciclato.
Esistono però altre due macrocategorie di imballaggi che, il più delle volte, non sono sotto gli occhi del consumatore: gli imballaggi secondari e terziari. Questi servono per agevolare il flusso delle merci e non danneggiare il prodotto ma, così come i primari, ad un certo punto si traducono in rifiuti da smaltire. Fortunatamente, operazioni di sviluppo di eco-progettazione ed ecodesign possono interessare qualsiasi tipo di imballaggio e qualsiasi tipo di materiale ma per farlo è necessario conoscere come avviene la distribuzione e quali sia la corretta gestione ambientali degli imballaggi, a partire dalla prevenzione del rifiuto.
Questi sono stati solo alcuni dei punti sui cui si è riflettuto nel corso dell’incontro del workshop progettuale Ecodesign the future: packaging edition, in cui sono stati presentati interessanti casi studio relativi alla filiera del prodotto.
Imballaggio primario, secondario e terziario
Come detto in precedenza, esistono tre grandi tipologie di imballaggi: primario, secondario e terziario.
L’imballaggio primario è quello che vediamo sugli scaffali del punto vendita e che poi portiamo a casa al momento dell’acquisto, ad esempio una bottiglia di plastica che contiene una bevanda o la scatola di un telefono.
L’imballaggio secondario è invece concepito in modo da costituire il raggruppamento di un certo numero di unità di vendita, indipendentemente dal fatto che sia venduto come tale all’utente o che serva a facilitare il rifornimento degli scaffali nel negozio, ad esempio una scatola di carta.
Infine, l’imballaggio terziario è concepito in modo da facilitare la manipolazione ed il trasporto di merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, di un certo numero di unità di vendita oppure di imballaggi multipli per evitare la loro manipolazione ed i danni connessi al trasporto, come un pallet in legno.
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La distribuzione di un prodotto
Per comprendere che fine fanno una volta che hanno terminato il loro ciclo di vita questi imballaggi è necessario conoscere il flusso dei prodotti.
In questo sistema il distributore funge da intermediario tra produttore e consumatore, ricevendo dal produttore un prodotto e consegnandolo al punto vendita. Prendiamo ad esempio un telefono: il produttore lo consegna al distributore con pallet, film e scatole. Presso la logistica, le scatole vengono divise per essere inviate ad ogni punto vendita, mentre film e pallet restano alla logistica. Il punto vendita riceve le scatole, le apre per mettere in vendita il prodotto e consegnarlo al consumatore.
Dunque, la scatola del telefono viene smaltita direttamente dal consumatore nella raccolta differenziata del proprio Comune, mentre le scatole svuotate restano nel punto vendita, e film e pallet rimangono nella piattaforma logistica del distributore.
Per quanto riguarda prodotti, imballati con cellophane e cartone e consegnati a domicilio, come ad esempio una lavatrice, il flusso è leggermente diverso.
La lavatrice passa infatti dal produttore alla logistica e da qui viene inviata al punto vendita per essere esposta al pubblico per l’acquisto o riposta nei magazzini pronta per andare in consegna.
Ma, prodotti di questo tipo, non partono solo dal punto vendita; il prodotto può infatti arrivare a casa del consumatore anche direttamente dalla piattaforma logistica, perché spesso il punto vendita informa la logistica di recarsi direttamente a casa del consumatore per consegnare il prodotto.
Il più delle volte questi imballaggi in plastica, polistirolo, cartone, legno o altro non vengono lasciati a casa del cliente ma tornano presso le logistiche o il punto vendita, dove vengono accolti secondo le normative e smaltiti da aziende specializzate nel settore. Oppure, ma di rado, se il trasportatore è autorizzato, li conferisce direttamente nelle discariche locali.
A questo punto, i rifiuti di imballaggio che sono rimasti nel punto vendita vengono divisi per categoria negli scarrabili per poi essere prelevati dalle aziende incaricate al riciclo e, in alcuni casi, inseriti nei compattatori, soprattutto per quanto riguarda carta e cartone. Tuttavia, non sempre fuori dal punto vendita c’è lo spazio necessario per queste operazioni, se il negozio ad esempio non si trova in un centro commerciale ma in un centro storico, quando avviene una consegna di nuovi prodotti, gli imballaggi vuoti tornano direttamente alla logistica.
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Il costo degli imballaggi
Quando un produttore immette sul mercato un prodotto paga una certa cifra che va a coprire i costi dello smaltimento degli imballaggi: dunque il costo di carta, cartone e plastica, parte degli imballaggi primari, è pagato dal produttore.
A tale proposito, è interessante riflettere sui sistemi di responsabilità estesa del produttore (Extended Producer Responsibility-EPR), una questione importante e complessa, cui non a caso è stata dedicato il primo numero della collana di saggi editi della nostra rivista (I quaderni di EconomiaCircolare.com): “Guida Strategica alla progettazione di Sistemi EPR”.
Per quel che riguarda i costi degli imballaggi secondari e terziari, questi sono invece a carico del distributore che provvede al corretto smaltimento.
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La corretta gestione ambientale dei rifiuti di imballaggio
Alla luce di quanto detto finora e tenendo bene a mente l’enorme quantità di merci che ogni giorno si muovono per raggiungere il consumatore è evidente che il problema degli imballaggi va affrontata a monte, come accennavamo, pensando a soluzioni che abbiano il minor impatto ambientale.
Come farlo, è stato spiegato da Roberto Magnaghi, Interseroh Italia e Direttore generale di Erion Packaging.
Nel momento in cui si progetta un prodotto e un imballaggio, dovrebbero essere messi in moto una serie di interventi, secondo una scala di priorità: prima di tutto andrebbe fatta un’attività di prevenzione, per prevenire cioè il rifiuto da imballaggio, poi andrebbe riflettuto sulla riutilizzabilità dell’imballaggio e, solo dopo, sul suo grado di riciclabilità. In ultimo, andrebbe considerato un recupero di altro tipo, come quello energetico legato ai termoinceneritori e, infine, lo smaltimento in discarica, dove si cercherà di portare meno materiale possibile.
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Principali iniziative di prevenzione
Per quanto riguarda la prevenzione, la prima cosa da fare, secondo Magnaghi, è puntare sul risparmio di materia prima nell’imballaggio, ad esempio diminuendo il peso di una bottiglia di plastica, senza intaccare la qualità del packaging e la sua funzionalità.
Naturalmente si può ideare un imballaggio che possa essere riutilizzato, pensando sin dalla progettazione ad un circuito di riutilizzo per un uso identico a quello per cui è stato concepito.
Si può impiegare materiale riciclato, sostituendo una parte o la totalità di materia prima vergine con materiale riciclato, riducendo così il prelievo di risorse.
Un aspetto da non dimenticare in un’ottica di prevenzione del rifiuto è l’ottimizzazione della logistica, ovvero tutte quelle azioni che migliorano le operazioni di immagazzinamento ed esposizione, ottimizzando carichi su pallet e su mezzi di trasporto e perfezionando il rapporto tra imballaggio primario secondario e terziario.
Per facilitare al massimo le attività di riciclo, si possono mettere in campo azioni in grado di semplificare le fasi di recupero e riciclo del packaging, ad esempio realizzando prodotti con un solo materiale.
Allo stesso modo, per semplificare il sistema di imballaggio, si può ad esempio eliminare un elemento, integrando più funzioni in una sola componente: questo renderà il packaging più facilmente disassemblabile e riciclabile.
Ma, come teniamo più volte a specificare, non basta migliorare una caratteristica del packaging per decretare la sostenibilità di un prodotto.
“Una volta fatte queste operazioni – precisa Magnaghi – è necessario valutare se effettivamente queste portano ad un vantaggio ambientale o meno, devo cioè trovare un modo misurabile. Uno degli strumenti base dell’ecodesign è lo sviluppo e l’utilizzo di tecniche di Life Cycle Assessment (LCA), che permette di valutare un nuovo imballaggio attraverso un’analisi del ciclo di vita del prodotto e l’utilizzo di alcuni parametri, come ad esempio: il GWP (Global Warming Potential) che misura le emissioni di CO2, il Ger (Gross energy requirement), ossia un indicatore dell’energia totale risparmiata durante tutto il ciclo di vita, e l’impronta idrica, cioè la quantità di acqua di processo impiegata nei beni di consumo”.
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