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venerdì, Novembre 15, 2024

Verde, digitale e resiliente: è la crescita su cui punta l’Unione europea

La Commissione europea delinea il modello di crescita dell’Ue per i prossimi anni. Da un lato digitalizzazione e transizione green, dall’altro più inclusione sociale e riforme. Lungo il crinale tra sviluppo economico e tutela dell’ambiente

Tiziano Rugi
Tiziano Rugi
Giornalista, collaboratore di EconomiaCircolare.com, si è occupato per anni di cronaca locale per il quotidiano Il Tirreno Ha collaborato con La Repubblica, l’agenzia stampa Adnkronos e la rivista musicale Il Mucchio Selvaggio. Attualmente scrive per il blog minima&moralia, dove si occupa di recensioni di libri. Ha collaborato con la casa editrice il Saggiatore e con Round Robin editrice, per la quale ha scritto il libro "Bergamo anno zero"

Appare quantomeno fiducioso parlare di crescita economica all’indomani di una crisi pandemica ancora non esaurita e di una guerra alle porte dell’Unione europea. Tuttavia, è proprio per rispondere a shock esogeni di questo tipo che Bruxelles lavora per dotarsi di un’agenda sostenibile per affrontare le sfide del futuro.

La “comunicazione sul modello di crescita europeo”, presentata a inizio marzo dalla Commissione va in tale direzione. “I recenti eventi non devono far perdere di vista gli obiettivi. Anzi, confermano la necessità di una risposta coordinata dell’Ue per rinforzare una crescita”, si legge nelle prime righe del documento di Bruxelles. E quali siano gli obiettivi programmatici, è spiegato nel titolo: “Verso un’economia verde, digitale e resiliente”.

Tornare indietro rispetto al percorso già avviato con il Pnrr sarebbe il fallimento peggiore per l’Unione europea. Eppure il recente rischio di un’inflazione fuori controllo legata ai prezzi delle materie prime e dell’energia e il drammatico contesto geopolitico hanno dimostrato quanto uno scenario simile sia dietro l’angolo, con i Paesi europei pronti a utilizzare il carbone pur di emanciparsi dalla dipendenza energetica verso il gas russo e tornare a investire nei settori della difesa e aerospaziale.

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Quale crescita economica per tutelare l’ambiente

Il timore, perciò, è che nel tentativo di attutire gli effetti negativi della congiuntura su economia reale e mercati finanziari e non affossare la ripresa, l’ambiente sarà la prima vittima sacrificale. Lo ha notato la stessa Agenzia europea per l’ambiente (EEA) nel documento “Crescita senza crescita economica”: “La crescita economica è strettamente legata all’aumento della produzione, del consumo e dell’uso delle risorse e ha effetti dannosi sull’ambiente naturale e sulla salute umana”.

Perciò l’EEA invitava le istituzioni a ripensare a cosa si intende per crescita e progresso e al loro significato per la sostenibilità globale. Perché lo sviluppo economico da solo non basta e può, anzi, avere effetti negativi. Sebbene la “crescita green” resti uno dei capisaldi dell’ultimo documento di Bruxelles, il modello prospettato sembra, tuttavia, molto ancorato all’idea “classica” di crescita economica basata su investimenti e mercato per tutelare la “prosperità e gli standard di vita dei cittadini Ue” e fare dell’Unione Europea “un leader globale”.

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Il primo pilastro: investimenti (green e digitali)

Non si tratta, però, di una completa retromarcia. Il Green Deal resta la stella polare. Per conciliare investimenti e obiettivi ambientali e sociali la Commissione sta lavorando da mesi alla finanza sostenibile che sostenga e acceleri la transizione green e digitale. In effetti, la ripartenza degli investimenti è indispensabile, se si pensa che dall’inizio della crisi economica del 2007 si sono ridotti di almeno il 15 per cento.

Devono però essere “indirizzati” nella giusta direzione. E se l’Ue vuole rispettare quanto previsto dal Green Deal, serviranno secondo i calcoli della Commissione europea almeno 520 miliardi di euro in più di investimenti ogni anno per i prossimi dieci anni. Circa 390 da impiegare nel settore dell’energia per la decarbonizzazione e i restanti 130 per altri obiettivi ambientali.

Spiega il documento: “Serviranno investimenti in nuove infrastrutture, in particolare nell’energia rinnovabile, nell’immagazzinamento dell’energia, nel potenziamento della rete elettrica e dei gasdotti e per sviluppare nuovi carburanti sintetici o in tecnologie funzionali alla transizione green, come le batterie, i pannelli solari e l’idrogeno”.

Ci sono poi gli obiettivi legati alla protezione e al ripristino degli ecosistemi e della biodiversità, la transizione verso un’economia circolare, l’utilizzo sostenibile e la protezione dell’acqua e delle risorse marine e la prevenzione e il controllo dell’inquinamento. Non si tratta, però, solo di obiettivi a lungo termine, spiega la Commissione: “La transizione verde aiuterà anche a ridurre le bollette energetiche e la dipendenza dai carburanti fossili”.

L’altro ambito di investimento è la transizione digitale. Serviranno altri 125 miliardi di euro e investimenti in “tecnologie chiave”, come sicurezza informatica, cloud, intelligenza artificiale, blockchain, computer quantistici e semiconduttori, oltre che nelle competenze tecniche necessarie. La digitalizzazione, spiega Bruxelles, avrà un effetto concreto sull’economia, con benefici per le imprese, il settore pubblico e il mercato unico, ma anche in vista della transizione green grazie alle possibili sinergie, in particolare nella smart circular economy.

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Il secondo pilastro: le riforme (per un’economia resiliente)

È necessario, però, predisporre una struttura economica e normativa favorevole alla trasformazione e alla crescita. E per questo “servono le riforme a tutti i livelli, per rimuovere barriere agli investimenti, migliorare la produzione e il mercato del lavoro, adattare nuovi modelli di produzione e di consumo e rafforzare la resilienza socioeconomica”.

E la Commissione europea elenca quali siano: “Rafforzare il Mercato Unico Europeo, completare l’Unione bancaria e andare avanti con l’Unione dei mercati e dei capitali”. Più tutti gli interventi necessari per contrastare le vulnerabilità emerse nell’economia europea e renderla più “resiliente”: “Colli di bottiglia logistici e nella filiera di distribuzione, carenza di manodopera e di competenze, minacce informatiche e preoccupazioni legate all’approvvigionamento in settori chiave, ad esempio quello energetico”.

Senza dimenticare politiche trasversali come la tassazione, il libero commercio e la competitività per creare un ecosistema favorevole a nuovi investimenti. Il documento, insomma, non fa altro che ribadire l’indirizzo di politica economica adottata dall’Unione europea, ricordando, infine, la necessità di rendere sostenibile il debito pubblico consolidando i conti dello Stato.

Bruxelles sembra avere appreso, tuttavia, la lezione della crisi del 2009 e i danni dell’austerità senza misura, visto che subito dopo ribadisce quanto siano “fondamentali” gli interventi pubblici. Del resto il piano da 2 miliardi di euro Next Generation EU è stato progettato in modo che almeno il 37 per cento dei finanziamenti del Pnrr vada a progetti green e il 20 per cento per la digitalizzazione. La Commissione europea mette in conto altri interventi della mano pubblica in futuro, in particolare per ridurre i rischi d’impresa per progetti innovativi e intervenendo nel caso di fallimento di mercato.

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Una transizione equa e inclusiva

Soprattutto il settore pubblico, riconosce la Commissione europea, sarà l’unico a poter contrastare gli effetti negativi legati alla transizione: “È necessario assicurare l’equità del modello di crescita e proteggere coloro che saranno più danneggiati dalla transizione o privi di strumenti per beneficiarne. La trasformazione dell’economia europea avrà successo solo se saprà essere inclusiva”, mette in guardia il documento.

L’Unione europea è consapevole che, altrimenti, digitalizzazione e decarbonizzazione potrebbero influire in maniera disomogenea sul livello di benessere dei cittadini. Tra le fasce di reddito più basse, infatti, il bilancio familiare è assorbito principalmente da spese in servizi essenziali come l’alloggio, i trasporti e l’acquisto di beni alimentari: quelli che saranno più colpiti dall’inflazione. Il pacchetto “Fit for 55” contiene interventi mirati in questi ambiti, ma non sarà sufficiente.

Per un modello di crescita sostenibile, nota Bruxelles, ci sarà bisogno di una “forte dimensione sociale che si concentri sull’occupazione e sulle competenze per il futuro”. La trasformazione digitale creerà, infatti, nuove opportunità di lavoro ma ne renderà obsoleti altri per effetto dell’automatizzazione. Quindi serviranno “investimenti su vasta scala” di riqualificazione e formazione di lavoratori e studenti, perché abbiano le competenze allineate ai cambiamenti dell’economia europea.

Insomma, almeno dal punto di vista dei propositi c’è la consapevolezza di dover rinforzare le politiche di welfare. Le disuguaglianze sociali esistono però già da prima dell’avvio della transizione green e digitale e, spesso, a originarle sono state proprio le politiche economiche del modello economico liberista adottate dagli stessi Paesi Ue. La scommessa, adesso, è invece di utilizzare la transizione come un’opportunità per colmarle. Riuscirci segnerebbe davvero un profondo cambiamento nel modello di crescita economica nell’Europa dei prossimi anni.

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