Nei giorni in cui gli inceneritori sono tornati tra i temi del dibattito pubblico, soprattutto a Roma e nel Lazio, protagonisti di una narrazione che li vuole come “la” soluzione al problema dei rifiuti (anche il Conai è sceso in campo), l’Agenzia europea per l’ambiente (AEA) ha pubblicato un documento dal titolo “Raggiungere l’obiettivo dei rifiuti urbani residui del 2030: perché il riciclaggio non è sufficiente”.
Uscito il 26 aprile, il paper ricorda l’obiettivo europeo di dimezzare entro il 2030 i rifiuti urbani non riciclati (inviati cioè in discarica o inceneriti) ed evidenzia le difficoltà di raggiungerlo senza importanti misure di prevenzione.
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Gli obiettivi europei
Gli urbani rappresentano il 27% del totale dei rifiuti prodotti in Europa. La direttiva quadro stabilisce che almeno il 60% dei rifiuti urbani prodotti dai singoli Paesi deve essere preparato per il riutilizzo o riciclato. Inoltre il Piano d’azione per l’economia circolare stabilisce che i rifiuti urbani residui – rifiuti che non vengono né riutilizzati né riciclati, gli scarti dei processi di riciclo, del compostaggio e della digestione che finiscono in discarica o negli inceneritori – dovrebbero essere ridotti della metà: “Ridurre in misura significativa la produzione totale di rifiuti e dimezzare la quantità di rifiuti urbani residui (non riciclati) entro il 2030”. Il condizionale è d’obbligo, anche perché per questo obiettivo non vengono fissati target vincolanti e non viene indicato nemmeno l’anno di riferimento: convenzionalmente si sceglie il 2020, poiché corrisponde all’anno in cui è stato adottato il Piano d’azione.
Quindi, utilizzando quelli relativi al 2020 come dati di riferimento, nei prossimi 8 anni i rifiuti urbani residui devono scendere in Europa fino a un massimo di 56,5 milioni di tonnellate.
Il trend: non diminuisce la quantità di rifiuti prodotti
L’agenzia europea per l’ambiente ricorda che mentre dal 2004 la quantità di rifiuti urbani residui è diminuita del 16% attestandosi (nel 2020, ultimo dato disponibile) a 113 milioni di tonnellate, dal 2015 le quantità si sono stabilizzate, senza calare ulteriormente. Questo nonostante negli stessi anni (2015-2020) il tasso di riciclaggio di rifiuti urbani sia aumentato dal 45% al 48%. Il motivo, scrive l’AEA, è legato al fatto che “i miglioramenti nel riciclaggio sono stati compensati da aumento della produzione di rifiuti”. Fenomeno controintuitivo che ci riporta però all’essenza del problema, la produzione dei rifiuti, e al primo livello della gerarchia europea dei rifiuti: la prevenzione. “Nonostante i miglioramenti nella gestione dei rifiuti determinati da varie politiche e obiettivi dell’UE, dal 2015 non è diminuita la quantità di rifiuti urbani generati, né quelli totali né quelli residui”, leggiamo nel documento.
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Gli scenari
Per ragionare in prospettiva sulla riduzione dei flussi che vanno nelle discariche e negli inceneritori l’AEA prende come base un recente studio realizzato per la Commissione Europea che prefigura scenari per la produzione di rifiuti urbani relativamente stabili fino al 2030: nello specifico, uno scenario indica una leggera diminuzione (- 3,6%) e uno un leggero aumento (+3,7%), rispetto ai valori del 2018.
Volendo essere ottimisti e considerando la proiezione che prevede i rifiuti urbani in diminuzione, spiega l’Agenzia, raggiungere l’obiettivo del tasso di riciclaggio del 60% non sarebbe comunque sufficiente per arrivare all’obiettivo fissato per i rifiuti residui: resterebbero ancora 81 milioni di tonnellate di rifiuti residui, un +44% rispetto l’obiettivo fissato.
Considerando invece pessimisticamente lo scenario che prevede un aumento dei rifiuti urbani, e ipotizzando che tutti gli Stati membri dell’UE raggiungano, ma non superino l’obiettivo di riciclaggio del 60%, la quantità di rifiuti urbani residui sarebbe di circa 87 milioni di tonnellate. “Ciò significherebbe mancare la quantità target (56,5 milioni di tonnellate) di oltre la metà”.
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Il ruolo del riciclo
Senza agire con convinzione sulla prevenzione dei rifiuti, il tasso medio di riciclo dell’UE, calcolano i tecnici dell’Agenzia, dovrebbe aumentare al 72% o al 73% per raggiungere l’obiettivo dei rifiuti residui entro il 2030. “Tali tassi di riciclaggio – evidenziano i ricercatori europei – sono di gran lunga superiori all’attuale tasso del 48% e notevolmente superiori anche all’obiettivo di riciclaggio del 65% per il 2035 fissato nella direttiva quadro sui rifiuti”.
Inoltre, poiché molti Stati membri dell’UE stanno già faticando per raggiungere gli obiettivi fissati per il 2020 e il 2025: “È improbabile che raggiungano questi tassi senza precedenti”, tassi che “richiederebbero un miglioramento significativo dei sistemi di raccolta differenziata e delle infrastrutture di riciclaggio, sostenuto da una riprogettazione diffusa dei prodotti per renderli più riciclabili”. Non solo: “Un tale aumento del riciclaggio richiederebbe probabilmente investimenti considerevoli e potrebbe portare a un riciclaggio di bassa qualità”. Quindi, conclude l’Agenzia, “prevenire la generazione di rifiuti difficili da riciclare o non riciclabili deve essere una priorità”.
Ripensare le politiche di prevenzione
La parola d’ordine, dunque, secondo l’AEA, è prevenzione. “Le proiezioni indicano chiaramente che è improbabile che l’obiettivo di dimezzare i rifiuti urbani residui entro il 2030 sia raggiunto senza ridurre la produzione di rifiuti”. L’agenzia europea per l’ambiente calcola che il dimezzamento dei rifiuti in discarica e a incenerimento “richiede sia la riduzione della produzione di rifiuti e che l’aumento considerevole del riciclaggio, possibilmente anche oltre l’obiettivo vincolante di riciclaggio del 60%”. Uno scenario parallelo valutato dall’Agenzia è la riduzione della produzione di rifiuti urbani di un terzo: in questo caso sarebbe possibile raggiungere l’obiettivo di dimezzare i rifiuti urbani residui con un tasso di riciclaggio del 60%. Una tale riduzione, riflette l’AEA, “richiederebbe agli Stati membri dell’UE di ripensare immediatamente le proprie politiche di prevenzione dei rifiuti e di attuare misure di ampia portata rivolte a una vasta gamma di aspetti di prevenzione, dalla progettazione di prodotti alla promozione del riutilizzo”.
Quale che sia la strada che sarà percorsa, conclude l’Agenzia, “è chiaro che sono necessarie misure molto più forti e azioni di attuazione efficaci per raggiungere l’obiettivo di dimezzare la quantità di rifiuti urbani residui entro il 2030”. Azioni che devono mirare a “ottenere una riduzione sostanziale dei rifiuti prodotti nell’UE”. Tra le opzioni in campo, l’AEA ipotizza anche che si potrebbero includere “obiettivi vincolanti per i rifiuti prevenzione, spostando così l’attenzione al vertice della gerarchia dei rifiuti e affrontando la produzione di rifiuti alla fonte”.
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