Salvamare è legge. Il mondo ambientalista, e non solo, ha accolto con entusiasmo le “Disposizioni per il recupero dei rifiuti in mare e nelle acque interne e per la promozione dell’economia circolare”, la cosiddetta legge Salvamare.
La legge consente ai pescatori e alle diverse associazioni di settore di raccogliere e portare a riva i rifiuti in mare, laghi, fiumi e lagune e di conferirli in appositi spazi predisposti nei porti italiani. Un punto di svolta se si considera che fino ad oggi chi portava rifiuti a riva rischiava di essere sanzionato o di pagare una tassa commisurata al quantitativo, come se li avesse prodotti a bordo. I pescatori dunque finivano per ributtare in acqua la plastica pescata accidentalmente.
Presentata nel 2018 dall’allora ministro dell’Ambiente Sergio Costa, ha avuto un iter travagliato con importanti ritardi. Lo scorso ottobre l’Onlus Marevivo ha lanciato un appello per accelerare sulla legge e finalmente l’11 maggio è stata approvata in via definitiva al Senato, con 198 favorevoli, nessun contrario e 17 astenuti.
La questione delle microplastiche e del tessile
Il testo definitivo non include l’obbligo di etichettatura ambientale per il rilascio di microfibre dei prodotti tessili previsto inizialmente. L’articolo 12 della versione modificata al Senato a novembre 2021 prevedeva infatti che fosse consigliato, nel caso in cui fosse possibile, il lavaggio a mano e a secco per ridurre il rilascio di microplastiche e, in generale, qualsiasi altro prodotto tessile o di abbigliamento che rilasci microfibre al lavaggio avrebbe dovuto, dal 30 giugno 2022, indicare sull’etichetta la dicitura “questo prodotto rilascia microfibre ad ogni lavaggio contribuendo all’inquinamento da plastiche del mare”.
A seguito delle criticità sollevate per il settore tessile, l’articolo 12 è stato soppresso dalla Commissione Ambiente della Camera a fine febbraio 2022.
I “Salvamare” prima della Salvamare
Non ci è nuovo che il Mediterraneo sia particolarmente esposto al problema della plastica. Secondo un report WWF, ogni anno finiscono nel Mediterraneo 229 mila tonnellate di plastiche, l’equivalente del contenuto di 500 container. Tra i fattori scatenanti di questo enorme e complesso problema ci sono le attività costiere, una gestione inefficace dei rifiuti e le attività in mare, come pesca, agricoltura e navigazione, che disperdono nasse, reti e cassette per il trasporto del pesce.
Ma sono proprio i pescatori che, negli anni scorsi, nonostante le carenze normative, sono stati al centro di diverse iniziative di raccolta e riciclo della plastica che, grazie a protocolli d’intesa locali, hanno coinvolto anche associazioni e cittadini, come Fishing for litter della Regione Lazio e Corepla, dove nel 2021 i pescherecci laziali hanno recuperato 25mila chili di plastica in mare. Simili iniziative sono state realizzate in Abruzzo, Toscana, Marche, e molte altre località.
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I RAP e i RVR
Grazie alla nuova legge queste buone pratiche saranno ora estese a tutti i pescherecci, a livello nazionale. Con questo provvedimento si introducono infatti le definizioni di “rifiuti accidentalmente pescati” (RAP) e “rifiuti volontariamente raccolti” (RVR), non solo durante campagne di pulizia del mare, dei laghi, fiumi e lagune ma anche mediante sistemi di cattura.
Salvamare stabilisce, inoltre, che i rifiuti accidentalmente pescati siano equiparati ai rifiuti delle navi ai sensi della direttiva europea: potranno quindi essere conferiti separatamente, e in modo gratuito, all’impianto portuale di raccolta. I costi di gestione di questi rifiuti sono coperti con una specifica componente che sarà inserita nella bolletta della Tassa sui rifiuti (Tari) e sarà compito dell’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera) disciplinare le modalità di applicazione di questa nuova componente, rendendola trasparente in bolletta.
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Il recupero dei rifiuti galleggianti
Il Ministero della Transizione ecologica (MiTe) avvierà un programma sperimentale triennale, finanziato con 6 milioni di euro, per il recupero nei fiumi di rifiuti galleggianti, compatibili con le esigenze idrauliche e di tutela degli ecosistemi.
La norma reca disposizioni in materia di attività di monitoraggio e controllo dell’ambiente marino: verrà istituito, presso il MiTe, un tavolo interministeriale al fine di coordinare l’azione di contrasto dell’inquinamento marino, ottimizzare l’azione dei pescatori e monitorare l’andamento del recupero dei rifiuti. Ogni anno il ministro dell’Ambiente dovrà inviare alle Camere una relazione sull’attuazione della legge.
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I premi per i pescherecci più virtuosi
Entro quattro mesi dall’approvazione della legge, e attraverso un decreto ministeriale del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (Mipaaf), di concerto con il MiTe, verranno adottate misure premiali per incentivare la raccolta di rifiuti da parte dei comandanti dei pescherecci. Agli imprenditori ittici che utilizzano materiali di ridotto impatto ambientale, partecipano a campagne di pulizia o conferiscono i rifiuti accidentalmente pescati potrà essere assegnato un riconoscimento ambientale che attesti l’impegno per il rispetto dell’ambiente e la sostenibilità dell’attività di pesca.
Le campagne di pulizia
Le campagne di pulizia potranno essere avviate su iniziativa dei Comuni e dei soggetti promotori, tra cui figurano gli enti gestori delle aree protette, le associazioni ambientaliste, dei pescatori sportivi e ricreativi, di categoria nonché gestori di stabilimenti balneari, onlus, l’Associazione di promozione sociale (Aps) e altri soggetti individuati dall’autorità competente.
Si definiscono, inoltre, le norme per la gestione delle biomasse vegetali spiaggiate per la loro reimmissione nell’ambiente naturale, anche mediante il riaffondamento in mare o il trasferimento nell’area retrodunale o in altre zone comunque appartenenti alla stessa unità fisiografica. Inoltre tutte le problematiche collegate alla desalinizzazione e la gestione delle relative salamoie saranno regolamentate in sede preventiva a determinate condizioni di sicurezza e sottoposte a Valutazione di Impatto Ambientale Nazionale.
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L’educazione ambientale nelle scuole
“Da oggi – ha commentato l’ex ministro Costa su Facebook, dopo l’approvazione della legge – l’educazione ambientale entra prepotentemente in tutte le scuole italiane. Prima era possibile, ma non obbligatorio. Da adesso si. Inoltre, tutte le scuole dovranno fare raccolta differenziata, con l’aiuto degli studenti”.
La Salvamare prevede infatti la promozione, nelle scuole di ogni ordine e grado, di attività sulla conservazione dell’ambiente e, in particolare, del mare. Nelle scuole saranno inoltre promosse pratiche di corretto conferimento dei rifiuti e sul recupero e riuso dei beni e dei prodotti a fine ciclo, anche con riferimento alla riduzione dell’utilizzo della plastica, e sui sistemi di riutilizzo disponibili. Queste attività saranno coordinate con le misure e le iniziative previste nell’ambito dell’insegnamento trasversale dell’educazione civica, e potranno attingere a risorse ad hoc grazie al piano RiGenerazione Scuola.
La legge è stata dedicata, su iniziativa del gruppo parlamentare del Movimento 5 Stelle, ad Angelo Vassallo, il sindaco-pescatore di Pollica (Salerno) che tanto si era prodigato per l’ambiente e la legalità, barbaramente ucciso nel settembre 2010.
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Il monito di Greenpeace
Tra i diversi plausi delle associazioni ambientaliste, Greenpeace pur sottolineando l’importanza e la necessità di questa legge, mette in guardia sul certificare come sostenibile un’attività di pesca solo perché i pescatori hanno recuperato rifiuti in mare. Lo sguardo è sempre puntato sulla pesca a strascico, che metterebbe a rischio l’integrità dei fondali marini e non sarebbe dunque da equiparare, secondo Greenpeace, ad altri tipi di pesca più responsabili.
Al netto dell’impellenza della Salvamare, quel che è certo è che quello della plastica in mare è un problema complesso che va affrontato su più fronti, a partire dalla progettazione dei prodotti, dai consumi fino alla gestione dei rifiuti, e in fretta.
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