Alla fine ci sono arrivate pure le persone più ricche del mondo, dal patron di Amazon Jeff Bezos all’ex guru di Microsoft Bill Gates: il capitalismo è insostenibile, la crisi climatica è in atto e serve un piano concreto per raggiungere le zero emissioni. È ciò che emerge dal libro “Zero emissioni con gli OKR”, scritto dall’autore del New York Times John Doerr e pubblicato in Italia da Edizioni Lswr.
Si tratta di un volume corposo – oltre 400 pagine – che decide di trattare la crisi climatica come fosse un piano aziendale, basandosi sul metodo OKR, definendo obiettivi e risultati chiave. Si punta ad avere zero emissioni di gas serra entro il 2050 con una tecnica che ha reso possibile il successo di numerose aziende, da Google a Intel. Quella che viene definita “la più grande sfida dell’umanità” viene affrontata attraverso la definizione di 10 obiettivi, da raggiungere mediante 55 risultati, perché “senza un piano d’azione le persone non sono propense al cambiamento”.
Il libro, scritto in maniera appassionata e curata da uno dei più rinomati venture capitalist (già autore del bestseller “Rivoluzione OKR”), si avvale dei contributi di alcune delle persone più influenti del pianeta: dai già citati Bezos e Gates all’ex segretario di stato Usa John Kerry e a Christiana Figueres, ex segretaria esecutiva della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici dell’Onu. Tutti concordi sulla necessità di agire. Senza, però, modificare i rapporti di forza esistenti ma chiedendo “investimenti massicci” e “politiche coerenti”.
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Chi ha creato il problema intende risolverlo
“Papà, la tua generazione ha creato questo problema, vedi di risolverlo”. È il 2006 quando John Doerr organizza una cena dopo una proiezione di “Una scomoda verità”, il documentario dell’ex vicepresidente Al Gore sulla crisi climatica che negli Stati Uniti fu un formidabile strumento di divulgazione e consapevolezza. La risposta della figlia colpì il venture capitalist che da allora, come racconta nel libro, ha cominciato ad affrontare seriamente il problema. Applicando a esso le sue conoscenze e il suo metodo OKR perché “rabbia e disperazione non sono piani, e non lo sono speranze e sogni”. Così nel prologo ai tipici mantra manageriali (“questo libro è stato scritto per il leader che è in voi”) si accompagna anche la consapevolezza che “le azioni individuali sono necessarie e attesa ma non saranno nemmeno lontanamente sufficienti” e che si deve puntare su “un’azione concertata, collettiva, globale”.A ciò si aggiunge che Doerr è consapevole di poter apparire come “portavoce improbabile per questa chiamata all’azione”. In fondo, come sempre più ricerche testimoniamo, la crisi climatica è anche una crisi di diseguaglianze, e i ricchi sono i maggiori responsabili delle emissioni. D’altra parte Doerr è “americano, cittadino del Paese che è il maggior inquinatore sulla Terra”, un “bianco benestante” che appartiene “a una generazione la cui negligenza ha contribuito a creare questo problema”. Chi ha creato il problema, dunque, intende risolverlo. Alla sua maniera, approcciando una questione complessa come la crisi climatica – che mette insieme ambiente, politica, economia – come fosse una skill da far maneggiare a un problem solver. Se non del tutto ingenuo, appare certamente un approccio semplicistico. Tuttavia gli spunti interessanti nel volume restano.
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I dieci obiettivi da raggiungere (più facile a dirsi che a farsi?)
Per ognuno dei 10 obiettivi, e ancor di più per ognuno dei 55 risultati chiave da raggiungere, il libro pubblicato da Edizioni Lswr entra nel dettaglio di ogni singola mossa da intraprendere. Ecco l’elenco delle priorità da perseguire secondo John Doerr:
Parte I. Emissioni zero
- Elettrificare i trasporti
- Decarbonizzare la rete elettrica
- Cambiare l’alimentazione
- Proteggere la natura
- Rendere pulita l’industria
- Rimuovere il carbonio
Parte II. Accelerare la transizione
- Politiche vincenti
- Trasformare i movimenti in azioni
- Innovare!
- Investire!
Come si può notare, si tratta di punti che possono risultare “nuovi” solo a chi è digiugno di questi temi. Sono punti più e più volte ribaditi dai governi riuniti nelle annuali conferenze per il clima (note come COP), invocati dalla comunità scientifica nei report dell’IPCC, richiesti a gran voce dalle associazioni e dai movimenti ambientali. Il merito principale del volume, perciò, è il suo carattere divulgativo, rivolto soprattutto ai neofiti, insieme alla capacità di semplificare questioni complesse.Se poi il piano OKR diventasse un utile vademecum per governi e imprese, le principali responsabili delle emissioni di gas serra, allora la sua importanza aumenterebbe in maniera esponenziale. Ma dato che le imprese fossili conoscono gli effetti della crisi climatica da almeno 50 anni, come testimoniato ultimamente dal libro “Tutte le colpe dei petrolieri” (Edizioni PiEmme, 2020), e i governi da almeno 25 anni, basti pensare al Protocollo di Kyoto del 1997, c’è da immaginare che non saranno le ricette di un venture capitalist a modificare gli interessi, le pressioni, gli equilibri e gli immobilismi che ci stanno portando verso la catastrofe climatica.
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Le buone pratiche e il caso General Motors
Da apprezzare poi la miriade di esempi e di buone pratiche che si accompagnano a ogni risultato chiave. A fianco, poi, ci sono le esperienze di persone di successo che testimoniano come non si parli di utopie ma di obiettivi concreti da perseguire. Rimane la sensazione, in più di un passaggio, che la si faccia troppo facile e che si tenda a sopravvalutare la forza della ragione e quella dei numeri. Ma in fondo, si potrebbe obiettare, è quello che in fondo fa la finanza: supporta ciò in cui crede, altrimenti non lo riterrebbe redditizio.
In questo senso la storia di General Motors è, tra quelle riportate, forse la più significativa. “È iniziato tutto parlando con i clienti in giro per il Paese – racconta nel libro Mary Barra, amministratrice delegata di General Motors dal 2014 – Abbiamo visto un punto di svolta nell’atteggiamento verso i veicoli elettrici: se ha l’autonomia giusta, se esiste l’infrastruttura giusta per la ricarica, se la vettura soddisfa le mie esigenze e posso permettermela, la prenderei in considerazione. Ce lo siamo sentito dire ovunque”.
Da alcuni anni l’azienda statunitense simbolo di Detroit ha cambiato marcia: dopo 112 anni di storia di produzione di automobili con motori a combustione interna, a novembre 2020 l’azienda ha annunciato una nuova linea di 30 modelli elettrici da introdurre entro il 2025. E, soprattutto, sta lavorando affinché il prezzo delle auto elettriche sia più basso, con l’obiettivo di porsi alla guida del settore nel mondo.
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