Lo scorso novembre la popolazione mondiale ha superato gli 8 miliardi di persone e, secondo una stima dell’Onu, nel 2037 raggiungeremo i 9 miliardi. Nutrire una popolazione mondiale sempre crescente e non pesare ulteriormente sulla grave crisi climatica in corso sarà dunque una sfida non da poco: in questo senso, un semplice cereale, relegato negli ultimi decenni persino a mangime per animali, potrebbe essere un valido aiuto.
Si tratta del miglio, un cereale resistente a condizioni climatiche difficili ma anche dalle ottime proprietà nutrizionali. A dicembre, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione che dichiara il 2023 “Anno internazionale del miglio” (in inglese International Year of Millets, IYM 2023). La proposta, avanzata dall’India, è stata approvata dai membri degli organi di governo della FAO durante la 75° sessione dell’Assemblea Generale.
Perché proprio il miglio?
Per miglio si intende un vasto gruppo di cereali, come il perlato, il proso, il coda di volpe, il miglio da cortile, il piccolo, il kodo e il miglio bruno, per citarne alcuni.
“Sono incredibili colture ancestrali con un alto valore nutrizionale. Il miglio può svolgere un ruolo importante e contribuire ai nostri sforzi collettivi per dare potere ai piccoli agricoltori, raggiungere uno sviluppo sostenibile, eliminare la fame, adattarsi al cambiamento climatico, promuovere la biodiversità e trasformare i sistemi agroalimentari”, ha detto il Direttore Generale della FAO Qu Dongyu ai partecipanti alla cerimonia di apertura dell’Anno Internazionale del miglio 2023 (IYM) presso la sede dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO).
Con l’IYM 2023, l’ONU spera di suscitare interesse per il miglio tra diversi soggetti, come agricoltori, giovani e società civile, e di spingere governi e politici a privilegiare la produzione e il commercio di questi cereali, incoraggiando un maggior numero di regioni dell’Asia e dell’Africa a sostituire riso, grano e mais con il miglio: una strategia che sarebbe in grado, inoltre, di sviluppare opportunità di mercato per gli agricoltori e gli altri attori della filiera.
Una maggiore produzione di miglio può infatti provvedere al sostentamento dei piccoli agricoltori e fornire posti di lavoro dignitosi alle fasce della popolazione più fragili.
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I benefici per la nostra alimentazione e per l’ambiente
Negli ultimi tempi il miglio sta guadagnando popolarità grazie alle diete vegane e i pasti senza glutine, proprio perché ne è privo. Inoltre, l’elevato valore nutrizionale lo ha reso una scelta alimentare frequente tra le persone attente alla salute: è cinque volte più nutriente del riso e del grano in termini di proteine, minerali e vitamine, è poi una ricca fonte di calcio, ferro, vitamina B, magnesio, potassio e zinco. Il miglio ha inoltre un basso indice glicemico, contribuendo così a ridurre i livelli di colesterolo e di zucchero.
Gli usi poi possono essere non solo alimentari: può essere ampiamente utilizzato come foraggio, per la produzione di birra e come biocarburante.
Al di là dell’aspetto legato alla nutrizione, i cereali che fanno parte della famiglia del miglio possono avere anche un ottimo impatto sul Pianeta, promuovendo un’agricoltura sostenibile: il Programma delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura ha riconosciuto l’importanza del miglio per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile 2, 3, 12 e 13.
Il miglio tollera condizioni climatiche e temperature estreme, resiste alla siccità e può essere coltivato con un basso apporto di sostanze chimiche, come fertilizzanti e pesticidi. Richiede 2,5 volte meno acqua del riso e agisce come ammendante naturale del suolo. Offre inoltre una maggiore resistenza del riso e del grano ai parassiti e alle malattie delle colture.
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La storia di un cereale dimenticato
Nei decenni il consumo e la coltivazione del miglio sono diminuiti per varie ragioni. Con la globalizzazione, c’è stato un drastico cambiamento nelle abitudini alimentari e questi antichi cereali sono stati considerati cibo per poveri o alimenti inferiori e sono stati sostituiti da riso e grano.
Il miglio è ancora un alimento importante per milioni di persone: è stato per 7.000 anni un alimento tradizionale per migliaia di persone nell’Africa subsahariana e in Asia – anche se qui l’uso in alcune di queste aree è diminuito notevolmente dall’inizio degli anni Settanta, fino quasi ad estinguersi – ed è profondamente radicato nella cultura e nelle tradizioni delle popolazioni indigene. In Nord America e in Europa è un cereale che si trova comunemente nei negozi di animali e viene venduto come mangime per uccelli.
L’India è importante per l’evoluzione del miglio perché nel 100 a.C., oltre alle varietà autoctone, vi confluivano tutte le varietà provenienti dalla Cina e dall’Africa, commerciate lungo la Via della Seta. Le prime civiltà indiane conosciute coltivavano il miglio, tra cui il sanwa, il browntop, il kodo e il miglio piccolo. I colonizzatori britannici, ignari della sua importanza nutrizionale, preferirono il grano e altre colture redditizie come l’indaco, da cui ricavavano una tintura naturale.
Fino agli anni Sessanta e all’avvento della Rivoluzione Verde e del relativo efficientamento tecnologico delle coltivazioni di grano e riso, nonché dei sussidi governativi in favore di questi cereali, il miglio era uno dei principali prodotti in India; tuttavia, tra il 1962 e il 2010, il consumo pro capite di questo cereale è diminuito di quasi il 90%, passando da 33 chilogrammi all’anno a soli 4. Nello stesso periodo, il consumo di grano è quasi raddoppiato, passando da 27 a 52 chilogrammi.
La sostituzione del miglio a favore di nuove varietà di riso e grano che necessitano di fertilizzanti e molta acqua ha portato diverse conseguenze sul piano ambientale e sociale: le risorse idriche si sono esaurite, i terreni sono stati decimati e gli agricoltori sono diventati dipendenti dai fertilizzanti.
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Miglio, presente e futuro
L’India è oggi il maggior produttore al mondo di miglio: qui l’aumento della produttività ha portato a un incremento di 45 milioni di tonnellate nella produzione.
Nonostante questo, nel Paese il miglio non è riuscito a imporsi nel mercato delle esportazioni, a causa di problemi di qualità e standard di sicurezza. Le esportazioni di miglio sono comunque aumentate nel 2020-2021 raggiungendo circa i 26,97 milioni. Ci si augura quindi che – con adeguate misure di sicurezza e qualità ed una maggiore educazione degli agricoltori, durante tutte le fasi di raccolto e produzione – l’India possa esplorare le opportunità commerciali e crearsi una nicchia nel mercato internazionale.
D’altronde, il momento per una rivincita del miglio è propizio: la sicurezza alimentare è un tema caldo che la guerra, purtroppo, porta con sé. L’invasione russa dell’Ucraina ha posto sotto i riflettori la problematica dipendenza di diversi Paesi dalle importazioni di grano: la Russia è il più grande esportatore di grano al mondo, mentre l’Ucraina è il quinto, e insieme rappresentano un quinto della fornitura. La crisi alimentare legata alla guerra spinge dunque a guardare a soluzioni alimentari diverse dal grano e dal riso.
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