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venerdì, Novembre 15, 2024

Altro che donazioni: un report svela i dubbi e i dati (pochi) sulle esportazioni tessili dell’Europa

Sui tessili esportati dall'Unione europea prova a fare chiarezza un report dell'Agenzia Europea dell'Ambiente. In 20 anni i flussi sono triplicati, indirizzandosi soprattutto verso Africa e Asia. Anche se qui non vengono riutilizzati e più spesso vengono conferiti in discarica

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Redazione EconomiaCircolare.com

Il tessile, ma sarebbe più corretto chiamarlo al plurale tessili per via dell’eterogeneità del settore, è la quarta fonte di pressione sull’ambiente e sulla crisi climatica dal punto di vista europeo. Ad attestarlo, in numerosi report, è l’Agenzia Europea dell’Ambiente. Ora un nuovo report dell’AEA (nota anche con l’acronimo inglese EEA) si concentra sulla gestione dei tessili usati, compresi i rifiuti.

“Poiché le capacità di riutilizzo e riciclaggio in Europa sono limitate – si legge nel report – un’ampia quota di tessili usati raccolti nell’Unione europea viene commercializzata ed esportata in Africa e in Asia, e il loro destino è altamente incerto. La comune percezione pubblica delle donazioni di abiti usati come doni generosi a persone bisognose non corrisponde pienamente alla realtà”.

Il lavoro è stato realizzato analizzando i dati delle Nazioni Unite in un arco temporale che va dal 2000 al 2019, fermandosi dunque all’ultimo anno prima del Covid che ha modificato ogni aspetto delle nostre vite e, probabilmente, anche la gestione più o meno circolare dei rifiuti tessili. Va comunque precisato che i dati si basano sui rapporti dei 27 Paesi membri dell’Unione e che dunque presentano alcuni livelli di incertezza. Pertanto i numeri e i grafici devono essere intesi come indicativi. Ma forniscono in ogni caso tendenze interessanti.

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Il destino incerto dei tessili europei

La quantità di tessili usati esportati dall’Unione europea, si legge nel report dell’Agenzia Europea dell’Ambiente, è triplicata negli ultimi due decenni, passando da poco più di 550.000 tonnellate nel 2000 a quasi 1,7 milioni di tonnellate nel 2019. Una media di 3,8 chilogrammi a persona, ovvero il 25% dei circa 15 chilogrammi di prodotti tessili consumati ogni anno nell’Ue. È solo partendo da questi dati, seppur parziali, che si può comprendere la gravità dell’assenza di trasparenza di un fenomeno sempre più esteso.

grafico tessili

“Il destino dei tessili usati esportati dall’Ue è molto incerto – si legge nel report – La percezione delle donazioni di abiti usati come doni generosi a persone bisognose non corrisponde pienamente alla realtà. L’abbigliamento usato fa sempre più parte di una catena del valore delle materie prime globale specializzata e scambiata”.Ma dove finiscono questi enormi flussi?.

“Nel 2019 il 46% dei tessili usati è finito in Africa. I tessuti importati e usati in questo continente vanno principalmente verso il riutilizzo locale in quanto vi è una domanda di vestiti usati a buon mercato dall’Europa. Ciò che non è idoneo al riutilizzo finisce per lo più in discariche a cielo aperto e flussi di rifiuti informali”. Al secondo posto arriva l’Asia, che accoglie il 41% dei tessili usati. Da soli, quindi, Africa e Asia ricevono la quasi totalità dei tessili usati europei.

“I tessuti più utilizzati in questo continente vengono importati in zone economiche dedicate dove vengono smistati e lavorati. I tessuti usati vengono per lo più riciclati in stracci o imbottiture industriali, o riesportati per essere riciclati in altri paesi asiatici o per essere riutilizzati in Africa. È probabile che i tessuti che non possono essere riciclati o riesportati finiscano nelle discariche. A causa dell’obbligo di raccogliere i rifiuti tessili come frazione separata in tutti i paesi dell’Ue entro il 2025, la quantità di tessili usati raccolti potrebbe aumentare ulteriormente”.

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Da dove arrivano i tessili? E che fine fanno?

Tra i 27 Stati membri dell’Unione europea quelli che esportano più rifiuti tessili, agendo anche da hub di import-export per i tessili usati dall’Ue, sono Germania, Polonia e Paesi Bassi. Ma se si prova a indagare sul motivo di questa prevalenza l’agenzia non sa fornire risposte certe, sempre per via dell’assenza di coordinamento e di dati comuni.

“Potrebbe essere in parte perché questi paesi stanno scartando più tessuti usati perché hanno sistemi di raccolta migliori rispetto ad altri paesi, o perché hanno meno riutilizzo interno – si legge –  In media, il 38% dei tessili usati viene raccolto separatamente nell’Unione europea, ma vi sono grandi differenze tra i paesi. Ad esempio, solo il 12% è stato raccolto in Spagna, ma il 60% è stato raccolto in Germania. Tuttavia, i ricercatori hanno scoperto che i tessili usati sono soggetti a complessi scambi commerciali tra gli Stati membri dell’Ue prima di lasciare il luogo di provenienza”.

Abbiamo già detto che Africa e Asia fanno la parte del leone in merito alle importazioni di tessili usati. D’altra parte i paesi europei non Ue hanno importato una piccola percentuale di tessili usati dell’UE, circa il 10%, che è rimasta relativamente costante nel corso degli anni.

“Nei paesi africani studiati – riporta il report dell’AEA – l’importazione di tessili usati sembra essere destinata principalmente al riuso locale. Questo perché dall’Europa c’è una richiesta di vestiti usati a buon mercato, che sembrano essere preferiti ai capi nuovi. Ciò che non è idoneo al riutilizzo finisce per lo più in discariche a cielo aperto e flussi di rifiuti informali. Diversi paesi africani hanno discusso di vietare le importazioni di tessuti usati come un modo per proteggere e rafforzare la produzione tessile locale. Ciò indica che le importazioni comportano anche impatti sociali e ambientali negativi. In Asia, invece, la maggior parte dei tessuti usati viene importata nelle cosiddette zone economiche dove vengono smistati e lavorati. Nei paesi studiati per questo briefing, l’importazione per il riutilizzo locale è limitata. Invece, i tessuti usati sembrano essere riciclati localmente, per lo più riciclati in stracci o imbottiture industriali, o riesportati per essere riciclati in altri paesi asiatici o riutilizzati in Africa. È probabile che i tessuti che non possono essere riciclati o riesportati finiscano nel sistema generale di gestione dei rifiuti, la maggior parte dei quali è la discarica”.

Insomma: sappiamo poco del destino dei tessili che l’Europa esporta e quando siamo in grado di fare delle deduzioni sono delle peggiori. Questo perché “esistono poche ricerche o informazioni sull’effettivo tasso di riutilizzo nei paesi riceventi, sulla quota di tessuti usati che finisce come rifiuto, sugli specifici sistemi di gestione dei rifiuti e sulla loro capacità di gestire i tessuti usati che non possono essere riutilizzati in modo sostenibile. Sia l’Ue che i paesi di destinazione devono affrontare le sfide relative alle crescenti quantità di tessili usati esportati e alla generale incertezza sul loro destino”.

Inoltre “se i tessuti usati esportati dall’Ue sono di qualità troppo bassa per essere riutilizzati, non vengono riutilizzati per molto tempo o non sostituiscono i nuovi acquisti di abbigliamento, potrebbero non sostituire realmente la nuova produzione o apportare benefici all’ambiente. Invece, le esportazioni porteranno solo a più tessili che finiscono come rifiuti. Date le limitate strutture di gestione dei rifiuti in molti paesi riceventi, la situazione potrebbe essere peggiore: questi tessuti esportati possono causare danni ambientali ancora maggiori rispetto a quelli che sarebbero stati avviati al riciclaggio o all’incenerimento dei rifiuti in Europa. Tuttavia, questo richiede ulteriori ricerche”.

Leggi anche: I rifiuti tessili in Italia, spiegati coi numeri

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