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venerdì, Novembre 15, 2024

La sfida della narrazione contro la crisi climatica: una transizione ecologica possibile

Le storie che raccontiamo per contrastare il riscaldamento globale non funzionano. Per trasformare il nostro sistema produttivo e di consumo serve uno sforzo di immaginazione. E bisogna crederci

Nicoletta Fascetti Leon
Nicoletta Fascetti Leon
Giornalista pubblicista, allevata nella carta stampata. Formata in comunicazione alla Sapienza, in giornalismo alla Scuola Lelio Basso, in diritti umani all’E.ma (European Master’s Programme in Human Rights and Democratisation) di Venezia. Ha lavorato a Ginevra e New York nella delegazione UE alle Nazioni Unite. Vive a Roma e da nove anni si occupa di comunicazione ambientale e progetti di sostenibilità

Servono nuove storie per cambiare la storia. È quello che sostiene l’autrice statunitense Rebecca Solnit, nel suo intervento alla Princeton University nel novembre 2022, pubblicato da The Guardian col titolo “If you win the popular imagination, you change the game: why we need new stories on climate” (tradotto da Internazionale sull’ultimo numero di febbraio 2023). Solnit spiega che ogni crisi è anche una crisi di narrazione e sul tema della crisi climatica siamo circondati da storie che ci impediscono di immaginare il cambiamento e, in ultima analisi, credere in un futuro migliore.

Impegnarsi per ridisegnare il nostro sistema produttivo e di consumo, dire addio ai combustibili fossili, modificare i nostri stili di vita significa riconoscere, da un lato, il pericolo che stiamo fronteggiando, ma dall’altro, anche credere possibile una grande trasformazione. E non è cosa da poco.

Mission possible

Sul tema della consapevolezza degli effetti negativi del clima, abbiamo fatto passi avanti. Il negazionismo climatico può dirsi obsoleto, sostiene Solnit, con buona pace delle opinioni espresse, a volte, anche da alcuni esponenti del governo italiano. Ma anche se siamo consci del problema, tanto da sviluppare fenomeni come l’eco-ansia, siamo pronti all’azione? Siamo capaci di immaginare la corsa contro il tempo per evitare la catastrofe climatica come una mission possible? In altre parole, le storie che raccontiamo sono adatte a promuovere un vero cambiamento?

Il ruolo dell’informazione

Su questa linea di pensiero, anche se su scala più di dettaglio, sembra muoversi il dibattito aperto da Italy for Climate con l’iniziativa, svolta a Rimini lo scorso 23 marzo, “Falsi miti sulle rinnovabili: il pregiudizio culturale che blocca la transizione”. La tesi di base, che ha dato vita anche ad una piattaforma dedicata a contrastare la disinformazione, è che le “storie”, appunto, che circolano intorno alle energie rinnovabili siano tra i motivi che impediscono la loro piena diffusione.

I falsi miti sulle rinnovabili

Sul tema delle rinnovabili in Italia, la prima cosa da sapere è che la loro espansione è troppo lenta. Mentre le grandi economie europee stanno istallando molti più impianti, nel nostro paese si registra una battuta d’arresto che ci allontana dagli obiettivi dell’Accordo di Parigi e del Green deal europeo. Secondo Italy for Climate, i motivi di questo ritardo – oltre alle norme obsolete, lunghi iter autorizzativi e ostacoli burocratici come denunciato da Legambiente in Scacco matto alle rinnovabili – sono da imputarsi anche alla diffusione di idee sbagliate sull’energia pulita, basate su presupposti scorretti o semplicemente informazioni ormai obsolete che continuano a circolare. I più comuni falsi miti considerano le rinnovabili fonti di produzione di energia marginali, troppo care, insufficienti al nostro fabbisogno, svantaggiose economicamente, e persino dannose per il nostro bel paesaggio. Gli esperti invitati al workshop di Rimini confutano con i dati ognuna di queste considerazioni, cercando di fare luce sul fenomeno.

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Il ruolo delle lobby

Ovviamente non si tratta solo di false credenze. Esistono apposite narrazioni diffuse volontariamente dalle lobby energetiche volte a frenare il cambiamento. Un esempio che arriva dall’America riguarda il tema dell’inquinamento indoor dovuto all’uso dei fornelli a gas. Per fronteggiare la notizia, secondo un’inchiesta della giornalista Rebecca Leber su Mother Jones, le associazioni industriali del gas hanno ingaggiato già nel 2018 alcune influencer per pubblicare post a favore dei benefici dei fornelli con l’hashtag #cookingwithgas (#cucinareconilgas).

Secondo Stella Levantesi, che riporta la vicenda su Internazionale, la strategia delle lobby dei combustibili fossili punta sia a coprire la verità che a creare diversivi. Come è successo con le proteste degli attivisti di Ultima generazione – che imbrattano opere d’arte con vernice lavabile e bloccano il traffico – stigmatizzate nella forma e represse con violenza, senza prenderle in considerazione dal punto di vista dei contenuti.

Il ruolo della scienza

Human Rights Watch denunciava, lo scorso anno, che le dure azioni delle autorità australiane contro gli attivisti per il clima sono volte a ridurre e scoraggiare l’attivismo per il clima tout court. Forse le proteste creano disagi, ma con l’intento di sollevare l’attenzione sul riscaldamento globale, che è inequivocabilmente un fatto antropico, come ribadiscono gli scienziati nell’ultimo rapporto di sintesi dell’IPCC. Secondo uno studio pubblicato su Science, la compagnia petrolifera Exxon sapeva dalla fine degli anni ‘70 che i suoi prodotti a base di combustibili fossili avrebbero potuto portare al riscaldamento globale con “drammatici effetti ambientali prima del 2050”. Eppure non condivise queste convinzioni con l’opinione pubblica, negando la certezza del nesso tra anidride carbonica e riscaldamento globale.

La comunità scientifica mondiale ribadisce, oggi, che le scelte che faremo nei prossimi anni determineranno il destino del pianeta per millenni. Ma dicono anche un’altra cosa. Disponiamo del mix di tecnologie e soluzioni in grado di affrontare efficacemente il problema.

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Il ruolo della fiction

Dello stesso avviso è lo scrittore americano Kim Stanley, autore del romanzo di fantascienza, “The ministry for the future”. Secondo Stanley, protagonista di un incontro al Kroc Institute for Peace and Justice dell’Università di San Diego, anche la fiction e lo story telling possono giocare un ruolo importante per generare quel senso di possibilità che risiede nell’immaginazione e che può stimolare l’azione. Il suo libro, pubblicato nel 2020, catalogato come climate fiction, narra di un’organizzazione internazionale denominata “Ministero per il futuro”, nata per difende le future generazioni di cittadini del mondo. Il cambiamento climatico è considerata una minaccia che compromette la sicurezza e la prosperità. Al di là delle analogie con la realtà, la fiction descrive e immagina soluzioni innovative, che aprono le porte del possibile.

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Il disfattismo italiano

“Un altro mondo è possibile” era lo slogan del popolo di Seattle che si batteva contro le regole spietate del capitalismo e della globalizzazione. In mezzo a quel popolo c’erano anche gli ecologisti, che hanno sfilato insieme a trecentomila persone nelle drammatiche giornate del G8 di Genova. Dopo più di vent’anni cosa è rimasto della speranza di poter cambiare il mondo?

Il giornalista di repubblica Jaime D’Alessandro, intervenuto al workshop sulle rinnovabili di cui si è parlato, registra in Italia una consolidata e diffusa sfiducia, che provoca resistenza e pessimismo nei confronti di qualsiasi innovazione. L’insoddisfazione per le nostre condizioni di vita ci rende diffidenti a qualsiasi novità.

Le buone idee e la fiducia

Eppure anche in Italia, le aziende che hanno puntato sull’innovazione green hanno riportato successo e buoni risultati di fatturato. Una esempio per tutte, la piccola due posti elettrica Birò, nata come spin-off da un’azienda di Porcia che produce cabine per macchine movimento terra e altri usi, ha visto aumentare gli ordini del 70%, nei primi mesi del 2022.

Forse non bastano, ma le idee non mancano. La Danimarca, per esempio, con le isole eoliche off-shore nel Mare del Nord, punta a produrre energia rinnovabile in grado di soddisfare il fabbisogno di elettricità e fermare l’estrazione di idrocarburi dai fondali marini. Secondo Soul Griffith, ingegnere australiano autore di “Electrify Everything”, la maggior parte delle persone crede che un futuro di energia pulita costringerà tutti ad accontentarsi di meno cose, mentre a suo avviso significherà avere cose migliori.

Per scoprire se ha ragione, i compiti per casa impongono esercizi di immaginazione, coraggio e molta più fiducia.

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