Da tempo è scontro aperto. Dopo la pubblicazione da parte della Commissione europea della bozza di regolamento sugli imballaggi (Packaging and Packaging Waste Regulation – PPWR) quelle che fino ad allora erano due fasi successive e complementari della gerarchia europea dei rifiuti, il riuso e il riciclo, oggi nelle letture dei supporter più agguerriti identificano due partiti contrapposti che combattono non di rado a colpi di slogan, luoghi comuni, banalizzazioni per la palma dell’economia circolare. Qualche giorno fa, un contributo ben argomentato e ricco di studi a sostegno al dibattito è arrivato da un documento di Delara Burkhardt. Eurodeputata del Partito Socialdemocratico tedesco (Gruppo dell’Alleanza Progressista di Socialisti e Democratici – S&D all’eurocamera), relatrice ombra in commissione ENVI del regolamento, Burkhardt è favorevole a potenziare il riuso senza contrapporlo al riciclo ma puntando alla riduzione dei rifiuti da imballaggio (che in Europa sono aumentati in parallelo ai tassi di riciclo: da 66 a quasi 80 milioni di tonnellate tra il 2009 e il 2020: Eurostat).
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La posizione di Delara Burkhardt: “Il riciclaggio non basta”
Come abbiamo detto, l’eurodeputata tedesca sostiene le novità proposte dalla Commissione. In particolare nel settore alberghiero, dei ristoranti e dei caffè (HORECA). “La mia priorità – spiega – è quindi quella di ottenere una legislazione che apra le porte a un cambiamento nel settore HORECA, abbandonando l’attuale modello di imballaggio monouso da buttare. Un maggiore riutilizzo è necessario per raggiungere i nostri obiettivi di riduzione dei rifiuti”. Il riutilizzo viene indiato come uno strumento essenziale, soprattutto in vista della prevista crescita dei consumi da asporto.
Il riciclaggio, sostiene Burkhardt (e con lei chi chiede il potenziamento del riutilizzo) “da solo non può affrontare adeguatamente la crisi dei rifiuti”. E nelle misure della Commissione “le quote di riutilizzo per il settore del cibo da asporto sono ragionevolmente elevate, consentendo alle aziende di utilizzare in modo flessibile gli imballaggi monouso quando opportuno. Le proposte raggiungono un equilibrio proporzionato”. Il riutilizzo, poi, afferma, “può avere prestazioni migliori dal punto di vista ambientale rispetto agli imballaggi monouso”.
A sostengo di questa affermazione indica i risultati di diversi studi.
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Gli assunti irrealistici di alcuni studi pro-monouso
Secondo S&D molti studi di valutazione del ciclo di vita (Life Cycle Assesment – LCA) finanziati dall’industria che affermano la maggiore sostenibilità ambientale degli gli imballaggi monouso rispetto a quelli riutilizzabili “sono sbilanciati verso il monouso”. Non sono dunque pienamente oggettivi (e il nostro magazine ha raccontato come uno studio LCA può non essere oggettivo e addirittura orientato ad un particolare risultato).
Nel dettaglio. Alcuni studi finanziati dall’industria “stanno influenzano pesantemente il dibattito sugli imballaggi monouso rispetto a quelli riutilizzabili a Bruxelles”, ricostruisce: “Questi studi sostengono che gli imballaggi monouso basati sulla carta hanno una migliore performance ambientale rispetto agli imballaggi riutilizzabili a causa degli oneri aggiuntivi legati al lavaggio, agli obblighi di ritiro per i rivenditori e alla rottura/perdita di unità”. Ma, continua, le conclusioni di questi studi sono molto discutibili, in quanto “si basano su ipotesi irrealistiche e non tengono conto di importanti variabili ambientali”.
Due gli studi cui il documento fa riferimento: uno studio dell’European Paper Packaging Alliance (EPPA) condotto con Ramboll; uno studio commissionato a Kearney da McDonald’s (analisi critiche su queste valutazioni sono state effettuate da Eunomia e Deutsche Umwelthilfe – DUH).
L’esempio riportato dal documento della deputata europea fa riferimento al lavaggio degli imballaggi riutilizzabili. Rispetto ad altri studi sull’argomento (vedi immagine sotto) lo studio Ramboll/EPPA ipotizza un consumo da due a tre volte superiore per l’acqua e venti o più volte per l’energia.
Gli altri studi citati sono:
Carbotech, Austrian Ecology Instute, Eco-Institute Germany (2008, tazze per bevande, in tedesco: https://www.oeko.de/publikationen/p-details/vergleichende-oekobilanz-verschiedener-bechersysteme-beim-getraenkeausschank-an-veranstaltungen)
German Environmental Agency (2019, tazze ber bevande, in tedesco: https://www.umweltbundesamt.de/publikationen/oekologische-bedeutung-einweggetraenkebecher )
Gallego-Schmid et al. (2018, contenitori in plastica: https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0959652618336230 )
Oltre ai dati sovrastimati, si citano anche quelli sottostimati o ignorati. “Il littering comporta notevoli oneri ambientali e finanziari per i bilanci di pulizia delle città, e quindi per i contribuenti. È un fattore che viene spesso trascurato nelle LCA”, si legge nel documento dell’eurodeputata, secondo il quale i comuni irlandesi tra il 2012 e il 2017 hanno speso una media di 68 milioni di euro all’anno per la pulizia delle strade e la raccolta dei rifiuti.
Burkhardt fa riferimento poi a quelle che definisce valutazioni “trasparenti” del ciclo di vita (LCA) per confrontare i sistemi di riutilizzo con le alternative monouso e che “hanno dimostrato che l’implementazione di sistemi di riutilizzo può ridurre i rifiuti e le emissioni di CO2”.
Le ricerche cui fa riferimento sono:
– Uno studio commissionato dall’Agenzia Federale Tedesca per l’Ambiente (in tedesco), secondo il quale, dopo circa 10 rotazioni (utilizzo, igienizzazione, riutilizzo) i bicchieri di plastica riutilizzabili sono più vantaggiosi di tutte le comuni alternative monouso;
– Uno studio dell’Istituto Fraunhofer (in tedesco) che ha confrontato i bicchieri monouso di carta con quelli riutilizzabili di plastica concludendo che l’uso di bicchieri riutilizzabili è più sensato dal punto di vista ambientale .
– Una metanalisi (studio che confronta e valuta altri studi scientifici, in questo caso un’ampia letteratura sugli imballaggi monouso nei supermarket e le loro alternative riutilizzabili) dell’agenzia dell’Onu per l’ambiente (UNEP) che in una larga maggioranza dei casi consigliea di privilegiare gli imballaggi riutilizzabili a quelli monouso, e l’assenza di imballaggio ogni volta che è possibile.
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“Non è vero che la Commissione non consideri gli impatti del riutilizzo”
Rispondendo a chi addita la Commissione per non aver effettuato, propedeuticamente alla stesure del regolamento, valutazioni sugli impatti ambientali degli imballaggi riutilizzabili, il documento della relatrice ombra ricorda che “la Commissione ha incluso gli impatti ambientali nelle sue valutazioni d’impatto, che giunge alla conclusione che il riutilizzo contribuirà a ridurre le emissioni di CO2 e il consumo di acqua”.
La valutazione d’impatto della Commissione considera tutte la fasi di vita degli imballaggi, ricorda, e conclude che “l’aumento dell’uso di imballaggi riutilizzabili dovrebbe portare a una riduzione netta di 1,25 milioni di tonnellate di CO2 entro il 2030 e di 5,53 milioni di tonnellate di CO2e entro il 2040. Si prevede inoltre una diminuzione del consumo di acqua di 69.300 m3 nel 2030 e di 212.800 m3 nel 2040 rispetto agli scenari business-as-usual”. Inoltre Burkhardt ricorda che la Commissione ha chiesto al Centro comune di ricerca (JRC) di condurre uno studio specifico per valutare le prestazioni ambientali degli imballaggi riutilizzabili, i cui risultati preliminari “dovrebbero essere disponibili a breve”.
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“Riciclabile non vuol dire riciclato”
“La maggior parte dei contenitori da asporto e delle tazze, dei piatti e delle posate monouso vengono smaltiti in viaggio e finiscono nei cestini pubblici o nell’ambiente, rendendone quasi impossibile il riciclo”, leggiamo ancora nel paper della deputata tedesca. Nelle città tedesche, afferma, “oltre il 40% dei rifiuti urbani è costituito da imballaggi monouso”.
Gli imballaggi monouso nella ristorazione sono spesso molto sporchi, aggiunge, come i cartoni per la pizza, gli involucri di carta per gli hamburger, “e non possono essere riciclati”.
E poi “anche gli imballaggi compositi con rivestimenti in plastica pongono problemi di riciclo e spesso finiscono in discarica o negli inceneritori”.
“Il riutilizzo e la ricarica non comportano minacce per l’igiene”
L’igiene, anche a causa della drammatica esperienza del Covid, è indicato spesso come uno dei motivi per i quali il riutilizzo non reggerebbe il confronto col monouso: non è abbastanza igienico. “Esempi reali dimostrano che la ricarica e il riutilizzo non comportano rischi per la salute. E il regolamento tiene conto delle problematiche igieniche già in diversi punti”, afferma invece Burkhardt.
I sistemi di riutilizzo esistenti e ben funzionanti, argomenta, dimostrano che “la sostituzione degli imballaggi monouso non compromette la sicurezza dei consumatori”. “Esistono già norme UE per l’igiene alimentare e regolamenti nazionali per garantire la sicurezza degli alimenti dagli imballaggi”. E poi “i sistemi di ricarica, sia per il ‘bring your own’ che per le confezioni riutilizzabili, possono essere implementati con standard igienici adeguati. Le linee guida esistenti, come quelle della Federazione alimentare tedesca e dell’Istituto Federale Tedesco per la Valutazione dei Rischi, possono servire da modello”. In diversi Stati membri dell’UE (vedi oltre) ci sono sistemi di riutilizzo industriale per bevande e alimenti “che operano con successo da decenni”.
“Gli imballaggi monouso non hanno ridotto lo spreco alimentare”
Gli imballaggi monouso sono necessari per ridurre i rifiuti alimentari, afferma spesso chi sostiene il riciclo contro il riuso. “Gli imballaggi monouso non prevengono automaticamente i rifiuti alimentari, i rifiuti alimentari e quelli di imballaggio sono cresciuti parallelamente”, risponde il documento.
“Lo spreco alimentare è causato principalmente dall’eccesso di offerta, che richiede cambiamenti sistemici al sistema alimentare oltre alla regolamentazione degli imballaggi. E i dati dei Paesi europei dimostrano che i rifiuti alimentari e di imballaggio sono aumentati contemporaneamente”. Secondo Burkhardt alcune pratiche di confezionamento contribuiscono ad aumentare i rifiuti alimentari e di imballaggio: “Le confezioni multiple, ad esempio, possono portare a sprechi inutili favorendo l’acquisto eccessivo. È stato dimostrato che la vendita di frutta e verdura sfusa riduce efficacemente i rifiuti alimentari, superando l’influenza dell’imballaggio sulla durata di conservazione”. Citando ancora la metanalisi dell’UNEP, sottolinea che “solo per i prodotti alimentari ad alto impatto ambientale, come la carne e il pesce, l’estensione della durata di conservazione dovrebbe essere prioritaria rispetto alla prevenzione dei rifiuti di imballaggio”.
“I sistemi di riutilizzo esistono già, e funzionano”
A chi afferma che per l’Europa il riutilizzo “è nuovo, difficile da implementare per le aziende e sovraccarica le imprese” Burkhardt risponde che diversi Stati membri hanno già in vigore alcune leggi per promuovere il riutilizzo e che “in alcuni Stati membri e a livello locale, le industrie si sono unite per creare sistemi di riutilizzo volontari, che potrebbero essere sviluppati”. Dopo aver ricordato che la proposta del PPWR stabilisce che le microimprese siano esentate dagli obblighi di riutilizzo, elenca le norme nazionali già in adottate:
– Francia, Legge sull’economia circolare (legge n° 2021-1104 del 22 agosto 2021): a partire dal 1° gennaio 2023, i pasti e le bevande consumati in loco devono essere serviti in contenitori riutilizzabili;
– Lussemburgo, Legge del 9 giugno 2022: a partire dal gennaio 2025, contenitori, vassoi, piatti e posate utilizzati nel contesto dei pasti da asporto dovranno essere riutilizzabili;
– Germania, la legislazione sull’immissione sul mercato, la restituzione e il riciclaggio di alta qualità degli imballaggi prevede che dal gennaio 2023 i ristoranti e i locali da asporto con una superficie superiore a 80 metri quadrati e 5 dipendenti offrano tazze e contenitori per alimenti riutilizzabili;
– Portogallo, decreto-legge 78/2021: impone che entro gennaio 2024 i ristoranti siano tenuti a fornire ai propri clienti imballaggi riutilizzabili (attraverso una cauzione) per i cibi da asporto o per la consegna di cibo e bevande. Inoltre, i ristoranti devono fornire utensili riutilizzabili per il consumo in loco di cibo o bevande nei loro locali;
– Paesi Bassi, il “Regolamento sui prodotti di plastica monouso” stabilisce che gli operatori del settore Horeca devono fornire all’utente finale un’alternativa riutilizzabile ai contenitori di plastica monouso per il consumo di bevande o alimenti da asporto.
Accanto alle norme, ovviamente, nei Paesi esistono già, “con successo”, iniziative di imballaggio riutilizzabile per cibi e bevande da asporto: come Vytal, che offre contenitori riutilizzabili e a rendere per la ristorazione in Austria, Germania, Francia dove conta 350.000 utilizzatori, partner come Domino, KFC e Uber Eats e oltre 5 milioni di confezioni monouso evitate; o come SwapBox (alimenti) e BillieCup (bevande) che in Belgio forniscono contenitori riutilizzabili per i pasti in collegamento con una rete di ristoranti; poi cita GreenGo deposit e Pyxo (contenitori in plastica e vetro) in Francia, e Recup che in Germania “ha dimostrato l’efficacia di un sistema di deposito a bassa tecnologia per l’asporto e la consegna” in più di 20.000 partner HORECA in tutto il Paese, tra cui Burger King, Dean & David e Ikea. Ancora: nei Paesi Bassi Ozarka e Swapbox forniscono contenitori riutilizzabili a una rete di ristoranti; in Spagna sono stati sviluppati sistemi digitali di restituzione dei depositi che consentono il riutilizzo, come Retoornado o Reusam (tazze da caffè riutilizzabili); in Svizzera, RestoboxLausanne e ReCircle offrono fornitura di contenitori per pasti riutilizzabili in relazione a una rete di ristoranti.
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