Net-zero industry act, ci siamo: martedì 6 febbraio scorso, i negoziatori del Parlamento europeo e del Consiglio hanno raggiunto un accordo provvisorio sulla Legge sull’industria a zero emissioni (Net-zero industry act – NZIA) per sostenere la produzione dell’UE nelle tecnologie necessarie per la decarbonizzazione. All’approvazione definitiva manca solo il passaggio, esclusivamente formale, dell’approvazione sia dal Parlamento che dal Consiglio, poi il regolamento sarà legge in tutta Europa.
“Per raggiungere gli obiettivi climatici europei del 2030 e del 2050 – spiega una nota del Parlamento Ue – è necessaria una notevole quantità di tecnologie per l’energia pulita. L’Europa importa in gran parte queste tecnologie”. Una dipendenza che, in tempi di parziale deglobalizzazione, non può che danneggiare l’Europae potenzialmente ritardare la transizione ecologica.
Il regolamento istituisce un quadro di misure per il rafforzamento dell’ecosistema europeo di produzione di prodotti a tecnologia climaticamente neutra e per rendere l’industria europea a zero emissioni uno dei protagonisti globali della transizione verso la neutralità climatica. La Commissione ha presentato la propria proposta il 16 marzo 2023: si tratta di una delle tre iniziative legislative chiave del Piano industriale del Green Deal insieme alla legge sulle materie prime critiche e alla riforma del mercato dell’elettricità.
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Cosa prevede il Net-Zero industry Act
Il “Net-Zero industry Act” stabilisce alcuni obiettivi per l’industria green europea e indica misure per raggiungerli.
Ecco, in sintesi, cosa prevede:
- Soddisfare il 40% del fabbisogno interno. NZIA stabilisce l’obiettivo per l’Europa di produrre il 40% del proprio fabbisogno annuale di tecnologie a zero emissioni entro il 2030, e di raggiungere il 15% (in valore) del mercato globale per queste tecnologie;
- Rinnovabili ma anche nucleare e CCS. La legge contiene un elenco delle tecnologie da considerare net zero e da promuovere: tutte le tecnologie per le energie rinnovabili, il nucleare, la decarbonizzazione industriale, la rete, le tecnologie di stoccaggio dell’energia e la cattura e stoccaggio di carbonio (CCS), biometano e biogas. Oltre all’elenco vengono indicati criteri di selezione dei progetti strategici in quelle tecnologie che contribuiranno meglio alla decarbonizzazione.
- Obiettivi di cattura del carbonio. La proposta fissa anche un obiettivo specifico per la cattura e lo stoccaggio della CO2, con una capacità annuale di almeno 50 milioni di tonnellate da raggiungere entro il 2030;
- Requisiti di resilienza. Viene stabilito che i regimi di sostegno nazionali che mirano ad accelerare la diffusione delle tecnologie climaticamente neutre dovranno tenere conto della sostenibilità e del criterio di resilienza nella catena di fornitura: sono resilienti quelle tecnologie in cui almeno il 50% del bene viene dall’Europa. Anche le procedure di appalto pubblico e le aste per lo sviluppo delle fonti di energia rinnovabile dovranno soddisfare tali criteri. Ma “e l’applicazione del contributo di resilienza e sostenibilità comporta una differenza di costo sproporzionata o se non sono state presentate offerte o richieste adeguate, le amministrazioni aggiudicatrici possono decidere di non applicare questi criteri”, spiega il Consiglio;
- Criteri per le Rinnovabili. L’accordo provvisorio stabilisce che quando uno Stato membro progetta un’asta per la diffusione di tecnologie per le energie rinnovabili, potrà applicare criteri di prequalificazione e di aggiudicazione non legati al prezzo, come la sostenibilità ambientale, il contributo all’innovazione o l’integrazione dei sistemi energetici. Questi criteri dovranno essere applicati ad almeno il 30% del volume messo all’asta ogni anno per ogni Stato membro;
- Semplificazioni. Per le tecnologie net zero verrà semplificato il processo di autorizzazione, stabilendo tempi massimi per l’autorizzazione dei progetti a seconda della loro portata e della loro produzione. Il termine per il rilascio di un’autorizzazione per la costruzione o l’espansione di grandi progetti di produzione a tecnologia net zero (più di 1 gigawatt), così come per quelli non energetici, sarà al massimo di 18 mesi. Per i progetti più piccoli (meno di 1 gigawatt), il termine per il rilascio del permesso sarà di 12 mesi. Per i progetti strategici sono previste scadenze più brevi. Inoltre, e indipendentemente dai limiti temporali, “la procedura garantirà che tali progetti siano sicuri e sostenibili dal punto di vista ambientale e che rispettino i requisiti ambientali, sociali e di sicurezza”, sottolinea il Consigli nella sua nota stampa.
- Quadri normativi favorevoli. Per promuovere l’innovazione, la legge sull’industria a zero emissioni propone la creazione di quadri normativi favorevoli per lo sviluppo, la sperimentazione e la convalida di tecnologie innovative;
- Formazione. Il testo dell’accordo punta anche a migliorare le competenze della forza lavoro europea in questi settori (in particolare attraverso il lancio di accademie industriali a zero emissioni);
- Net-Zero Acceleration Valleys. L’accordo prevede la creazione delle “Net-Zero Acceleration Valleys”, che accelerano il processo di autorizzazione delegando agli Stati membri parte della raccolta delle prove di valutazione ambientale. Saranno territori che concentrano diverse aziende impegnate in una determinata tecnologia, cluster di attività industriali a zero emissioni per “aumentare l’attrattiva dell’UE come sede di attività produttive e snellire ulteriormente le procedure amministrative”. Le Net-Zero Acceleration Valleys potranno contribuire alla reindustrializzazione dei territori europei;
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Le criticità
“Le istituzioni dell’UE non sono riuscite a fornire una direzione chiara per il futuro dell’industria pulita nell’accordo finale per la legge sull’industria a zero emissioni”. Così lo European Environmental Bureau (EEB) ha commentato l’accordo, che, afferma in un comunicato stampa: “scommette su soluzioni costose e non provate, nonostante per raggiungere gli obiettivi climatici ci siano tempo e denaro pubblico limitati”.
Secondo il WWF, “ampliando l’elenco iniziale delle tecnologie a zero emissioni a tecnologie che non sono ancora disponibili in commercio e/o che potrebbero impiegare decenni per diventarlo, le istituzioni europee hanno di fatto abbandonato l’obiettivo principale del regolamento”.
Prima di tutto, afferma EEB, preoccupa la decisione dei negoziatori “di trasformare la NZIA in uno strumento per sostenere le tecnologie a prescindere dal loro rapporto costo-efficacia e dalla loro immediata implementazione”. Il problema è aver assegnato alle filiere eoliche e solari, delle batterie o dell’idrogeno rinnovabile (che offrono “soluzioni prontamente disponibili con un comprovato impatto sulla decarbonizzazione”) lo stesso peso e lo stesso livello di sostegno pubblico “di tecnologie costose e lente, come l’energia nucleare e la cattura del carbonio”. Quanto alla cattura e stoccaggio del carbonio, secondo EEB, “viene erroneamente presentata come una soluzione per tutte le emissioni industriali, mentre dovrebbe concentrarsi sulle emissioni di carbonio che non possono essere evitate alla fonte con altri mezzi più efficaci dal punto di vista dei costi. Una così forte dipendenza dalla CCS non solo distoglie il denaro dei contribuenti dalle tecnologie disponibili per decarbonizzare l’industria europea nei tempi necessari, ma rischia anche di mantenere la nostra dipendenza dai combustibili fossili per i prossimi decenni”.
European Environmental Bureau addita come problematiche anche le semplificazioni, un “approccio semplicistico, basato su procedure di autorizzazione più brevi e su una minore partecipazione del pubblico” che “si tradurrà in un’ulteriore pressione sulle comunità e sull’ambiente dell’UE e probabilmente comporterà un sovraccarico per le autorità pubbliche nazionali e un’esacerbazione dei conflitti a livello locale”.
Per Camille Maury, Senior Policy Officer sulla decarbonizzazione dell’industria presso l’Ufficio politiche europee del WWF, “ampliare il campo di applicazione della legge sull’industria a zero emissioni, mentre gli investimenti pubblici sono limitati, rischia di dirottare il denaro dei contribuenti verso magici rimedi tecnologici futuri, allontanandoli dalle tecnologie verdi chiave disponibili e comprovate di cui abbiamo bisogno per raggiungere gli obiettivi climatici dell’UE per il 2030 e decarbonizzare la nostra industria in tempo”.
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