Contenuto in abbonamento
Fino all’80% dell’impatto ambientale di un prodotto si determina nella sua fase di progettazione. È questo il dato, ormai consolidato in letteratura e riconosciuto dalla Commissione Europea, che restituisce in tutta la sua radicalità la posta in gioco dell’ecodesign. Non si tratta più soltanto di migliorare le prestazioni ambientali dei beni una volta immessi sul mercato, ma di intervenire fin dalla progettazione per ridurne gli impatti lungo tutto il ciclo di vita: dall’estrazione delle materie prime alla produzione, dall’uso al fine vita. In questo contesto, l’ecodesign si configura come una leva strategica per la transizione ecologica, e il nuovo Regolamento europeo sulla progettazione ecocompatibile (in inglese ESPR, Ecodesign for Sustainable Products Regulation) ne rappresenta la codificazione normativa più avanzata. Formulando nuovi criteri ambientali ed estendendo la loro portata a quasi tutti i prodotti immessi nel mercato europeo, il Regolamento ambisce a trasformare radicalmente la logica della produzione lineare e del consumo usa-e-getta, contribuendo a rendere la sostenibilità non un’eccezione virtuosa ma una condizione strutturale del mercato unico per un’economia compatibile con i limiti del pianeta.
Cosa vuol dire “ecodesign”?
Prima di entrare nel merito del Regolamento, è utile fare alcune precisazioni e distinzioni terminologiche. Nel testo ufficiale del Regolamento in lingua italiana, il termine che viene utilizzato è “progettazione ecocompatibile”, che corrisponde al termine inglese “ecodesign”. Entrambi si riferiscono all’approccio alla progettazione dei prodotti finalizzato alla riduzione degli impatti ambientali lungo l’intero ciclo di vita, dalla produzione allo smaltimento.
In ambito progettuale e regolativo, si utilizzano anche altri concetti affini, che è importante distinguere con chiarezza. L’ecoinnovazione, per esempio, include non solo l’innovazione ambientale dei prodotti, ma anche dei modelli di business, e mira a ridurre l’impatto ambientale complessivo delle attività economiche. Il design for sustainability (o sustainable design) adotta una visione integrata che comprende dimensioni ambientali, ma anche sociali ed economiche. Infine, il design for recycling si concentra sulla progettazione orientata alla riciclabilità, ovvero alla possibilità di recuperare materiali e componenti una volta che il prodotto ha raggiunto la fine del suo ciclo di vita.
Leggi anche: Regolamento Ecodesign, la Commissione UE pubblica il piano di lavoro 2025-2030
Il contesto in cui si inserisce il Regolamento
Per raggiungere gli obiettivi del Green Deal e del Piano d’azione per l’economia circolare, l’Unione Europea ha progressivamente esteso l’ambizione e l’ambito di applicazione delle politiche di progettazione ecocompatibile e di etichettatura energetica. Inizialmente, tali politiche definivano requisiti comuni per i cosiddetti “prodotti connessi all’energia” (come frigoriferi, lavatrici, televisori, caldaie, pannelli solari), disciplinando aspetti cruciali come il consumo energetico, idrico, le emissioni e l’efficienza nell’uso dei materiali.
Il potenziale di questo tipo di misure risultava evidente già nel 2021, anno in cui l’applicazione delle norme di ecoprogettazione previste per i prodotti connessi all’energia aveva generato un risparmio stimato di 120 miliardi di euro per i consumatori europei (considerando anche i costi iniziali di acquisto). Risultati e benefici maggiori si prevedevano estendendo la portata di queste norme, sia per includere una gamma più ampia di prodotti oltre a quelli connessi all’energia, sia per affrontare in modo incisivo altre criticità strutturali, come la scarsa durabilità dei prodotti, la complessità del disassemblaggio e delle riparazioni, e la limitata diffusione di modelli di consumo circolari. Per agire in questa direzione, il 30 marzo 2022 la Commissione Europea ha presentato un pacchetto di norme volto a garantire che i prodotti immessi sul mercato europeo fossero progettati secondo i principi dell’ecodesign, della circolarità e dell’efficienza delle risorse. Il pacchetto include:
- la Comunicazione “Prodotti sostenibili: dall’eccezione alla regola”;
- la Strategia per prodotti tessili sostenibili e circolari;
- una proposta di Regolamento che stabilisce il quadro per l’elaborazione delle specifiche di progettazione ecocompatibile dei prodotti sostenibili (cioè ciò che sarà adottato come regolamento Ecodesign, appunto) e abroga la direttiva 2009/125/CE;
- una proposta di Direttiva (poi adottata come Direttiva Empowering Consumers) che modifica le direttive 2005/29/CE e 2011/83/UE per quanto riguarda la responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde mediante il miglioramento della tutela dalle pratiche sleali e dell’informazione;
- una proposta di Regolamento (poi adottato come Regolamento dei Prodotti da costruzione che abroga l’attuale CPR – Regolamento 305/2011), che fissa condizioni armonizzate per la commercializzazione dei prodotti da costruzione.
Contestualmente, la Commissione ha adottato un Piano di lavoro sulla progettazione ecocompatibile e sull’etichettatura energetica per il periodo 2022-2024 come misura transitoria fino all’entrata in vigore del Regolamento Ecodesign, al fine di disciplinare nuovi prodotti connessi all’energia e aggiornare, rendendole più ambiziose, le norme per quelli già regolamentati. Particolare attenzione veniva rivolta al settore dell’elettronica di consumo, poiché genera uno dei flussi di rifiuti (i RAEE, rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche) in più rapida crescita.

Il Regolamento Ecodesign
Il Regolamento Ecodesign o Regolamento sulla progettazione ecocompatibile (Ecodesign for Sustainable Products Regulation, in sigla ESPR) è entrato in vigore il 18 luglio 2024 e fa parte di un pacchetto di misure fondamentali per il raggiungimento degli obiettivi del Piano d’azione per l’economia circolare, che è uno dei principali elementi costitutivi del Green Deal, l’agenda europea per la crescita sostenibile. L’ESPR abroga la direttiva 2009/125/CE sulla progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all’energia e introduce un quadro normativo finalizzato a migliorare le prestazioni ambientali lungo l’intero ciclo di vita di quasi tutte le categorie di prodotti (fatta eccezione per alimenti, mangimi, farmaci, piante vive, animali, microrganismi, prodotti di origine umana e alcune tipologie di veicoli), attraverso la definizione di specifici requisiti riguardanti:
- le prestazioni del prodotto, come la durata minima, la minima efficienza energetica e delle risorse, la disponibilità di pezzi di ricambio o il minimo contenuto riciclato;
- e/o le informazioni sul prodotto, comprese le caratteristiche chiave del prodotto, come l’impronta di carbonio e l’impatto ambientale. Esse saranno rese disponibili tramite il Passaporto Digitale dei Prodotti o, per i prodotti con etichette energetiche, tramite il Registro Europeo dei Prodotti per l’Etichettatura Energetica (EPREL).
Per i gruppi di prodotti che presentano caratteristiche comuni sufficienti, la Commissione potrà definire criteri orizzontali, utili anche a migliorare aspetti come la durabilità e la riparabilità. In questo contesto sarà introdotto un punteggio di riparabilità, che misurerà quanto un prodotto – per esempio elettrodomestici e dispositivi elettronici di consumo – sia facilmente riparabile in considerazione di fattori come la durata prevista, la frequenza dei guasti e la disponibilità di pezzi di ricambio.
Una nota importante. In riferimento al settore dell’usato, il testo del Regolamento chiarisce che, in quanto prodotti non nuovi, essi “possono circolare nel mercato interno senza doversi conformare agli atti delegati che stabiliscono specifiche per la progettazione ecocompatibile entrati in vigore dopo la loro immissione sul mercato”. Diversa invece la condizione dei prodotti rifabbricati, che essendo considerati prodotti nuovi, “saranno soggetti ai requisiti di progettazione ecocompatibile se rientrano nell’ambito di applicazione di un atto delegato”.
Leggi anche: Studio ZWE: ecco come superare il paradosso della responsabilità estesa del produttore (EPR)
Il Forum e il Tavolo nazionale sull’Ecodesign
Il Piano di lavoro 2025-2030 del Regolamento, adottato il 16 aprile 2025, fornisce un elenco di prodotti per i quali è prioritario introdurre requisiti di ecoprogettazione e di etichettatura energetica nei prossimi cinque anni: si tratta di acciaio e alluminio, tessuti (con particolare attenzione all’abbigliamento), mobili, pneumatici e materassi – tutti selezionati in base al loro “potenziale contributo all’economia circolare”.
Tali requisiti saranno stabiliti attraverso atti delegati, adottati per singoli prodotti o per gruppi di prodotti con caratteristiche simili: in particolare, il termine approssimativo previsto per l’adozione delegata dei tessuti e degli pneumatici è il 2027, dell’arredamento il 2028 e dei materassi il 2029. La loro definizione si baserà su studi preparatori e valutazioni d’impatto, con il coinvolgimento continuo di tutte le parti interessate, comprese le imprese, i sindacati, i commercianti, i rivenditori e le organizzazioni ambientaliste e dei consumatori, anche attraverso il Forum sull’Ecodesign: si tratta di un organo consultivo composto da rappresentanti degli Stati membri, imprese, ONG e altri stakeholder a cui si affianca un gruppo tecnico di esperti statali, ed è finalizzato alla verifica della portata e dell’applicabilità concreta delle nuove regole che andranno a comporre gli atti delegati.
Affinché l’elaborazione degli atti delegati a livello europeo sia sostenuta da contributi tecnici solidi e rappresentativi delle realtà produttive nazionali, è essenziale un meccanismo di raccordo strutturato tra il livello comunitario e quello nazionale. È in questa prospettiva che si inserisce il ruolo del Tavolo tecnico italiano sull’ecodesign, previsto dalla Strategia nazionale per l’economia circolare e formalmente istituito il 13 novembre 2024. Il Tavolo è composto da rappresentanti di due ministeri (Ambiente e Sicurezza Energetica e Imprese e Made in Italy), enti di ricerca (ENEA, CNR, ISPRA), università (tra cui Politecnico di Milano, Torino, Bari, Federico II di Napoli, Scuola Sant’Anna), associazioni di categoria (come Confartigianato) e organismi tecnici (come Accredia). Si suddivide in gruppi di lavoro settoriali, corrispondenti ai settori prioritari individuati nel primo piano di lavoro quinquennale della Commissione, con l’obiettivo di supportare le amministrazioni competenti nell’attuazione dell’ESPR lungo due direttrici: la fase ascendente, che consiste nell’elaborazione tecnica della posizione nazionale da portare in sede europea in vista dell’adozione degli atti delegati da parte della Commissione, e la fase discendente, relativa all’analisi e all’attuazione delle disposizioni approvate, con particolare attenzione alle implicazioni operative per i produttori e per le amministrazioni pubbliche.
Il Tavolo italiano non ha rapporti diretti formali con il Forum, ma ha il compito di elaborare la posizione tecnica nazionale che viene poi presentata dai ministeri competenti in sede europea. Le riunioni del Forum seguono una tempistica regolata: i documenti tecnici vengono condivisi almeno 30 giorni prima dell’incontro, con altri 30 giorni disponibili dopo per inviare osservazioni, periodo durante il quale i gruppi di lavoro del Tavolo sono chiamati a fornire analisi e contributi.
Il passaporto digitale di prodotto
I requisiti ambientali e di circolarità stabiliti dalla Commissione europea per ciascun gruppo di prodotti saranno tradotti in informazioni rese accessibili tramite il passaporto digitale di prodotto (Digital Product Passport, DPP). Questo strumento servirà da veicolo operativo per la trasparenza normativa, perché raccoglierà e strutturerà i dati richiesti dal Regolamento in un formato digitale interoperabile, consultabile lungo l’intera catena del valore. Tra i dati obbligatori figureranno, per esempio, la durabilità, la riparabilità, la possibilità di aggiornamento e di riutilizzo, il contenuto di materiali riciclati, la riciclabilità, la presenza di sostanze pericolose, nonché istruzioni per il disassemblaggio, la manutenzione e lo smaltimento.
Gli atti delegati determineranno nel dettaglio quali informazioni includere per ciascuna categoria di prodotto, chi sarà responsabile del loro aggiornamento e quali soggetti potranno accedervi, tenendo conto che il DPP è destinato non solo ai consumatori, ma anche a produttori, importatori, distributori, riparatori, riciclatori e autorità pubbliche. Le informazioni contenute nel passaporto potranno quindi variare in funzione dell’utente, rispondendo alle esigenze specifiche di ciascun attore della catena del valore. Le informazioni saranno accessibili attraverso tecnologie digitali standardizzate – come codici QR o interfacce online – per facilitare la tracciabilità e l’interoperabilità dei dati, promuovendo comportamenti più sostenibili, abilitando nuovi modelli di business circolari e migliorando la capacità di controllo e sorveglianza del mercato da parte delle autorità competenti.
Il Regolamento prevede anche la possibilità di collegare il passaporto digitale del prodotto alle banche dati e agli strumenti esistenti dell’Unione, come il registro europeo dei prodotti per l’etichettatura energetica (EPREL) o la banca dati per le informazioni sulle sostanze problematiche (SCIP). Per alcuni prodotti, le informazioni potranno essere incorporate nelle etichette energetiche già in uso, mentre nei casi in cui sia ritenuto utile per garantire la chiarezza informativa e ridurre gli oneri per le imprese, le due etichette – quella energetica e quella ESPR – potranno essere utilizzate congiuntamente.
L’esperienza del sistema di etichettatura energetica dimostra che rendere visibili e standardizzati i parametri ambientali al momento dell’acquisto favorisce la consapevolezza dei consumatori e delle consumatrici, e consente un confronto immediato tra prodotti simili, incentivando scelte orientate alla sostenibilità.
In parallelo, la Commissione europea lavorerà alla revisione e all’eventuale definizione di nuovi criteri ambientali nel quadro dell’Ecolabel UE, il marchio volontario europeo che identifica i prodotti con le migliori prestazioni ambientali. Questo intervento si inserisce in una logica di complementarità e coerenza tra strumenti normativi e volontari, volta a rafforzare l’efficacia complessiva delle politiche ambientali europee.
Leggi anche: Verso il passaporto digitale di prodotto: Nazioni Unite e Iso insieme per trovare standard condivisi
Green Public Procurement e il divieto di distruzione dell’invenduto
I principi dell’ecodesign sono stati pensati per essere utilizzati anche come riferimento per gli appalti pubblici, con l’obiettivo di promuovere il Green Public Procurement (GPP). Questo approccio mira a orientare la domanda pubblica verso prodotti progettati secondo i nuovi standard di sostenibilità, incentivando così la transizione verso un mercato più circolare e stimolando l’innovazione ecocompatibile nell’offerta industriale. La Commissione europea aveva già sviluppato diversi criteri per gli appalti pubblici verdi, ma la loro efficacia era limitata dalla natura volontaria della loro applicazione. Con l’ESPR, l’intento è quello di valorizzare il potenziale della spesa pubblica come leva strategica, introducendo criteri obbligatori per l’acquisto di prodotti soggetti al Regolamento, eventualmente integrando quelli già esistenti su base volontaria.
Un’altra misura rilevante introdotta dal Regolamento riguarda il divieto di distruzione dei prodotti invenduti. In particolare, è vietata la distruzione di indumenti, calzature e accessori di abbigliamento rimasti invenduti, misura che si applicherà a partire da due anni dopo l’entrata in vigore del Regolamento (le PMI ne saranno temporaneamente escluse). Questo divieto sarà inizialmente circoscritto al settore della moda, ma potrà essere esteso ad altre categorie di prodotti, con priorità per le apparecchiature elettriche ed elettroniche, attraverso successivi atti della Commissione europea.
Il Regolamento introduce anche un principio generale di prevenzione della distruzione dei beni di consumo e stabilisce obblighi di trasparenza per le imprese. Le aziende di grandi dimensioni dovranno pubblicare annualmente, in una sezione facilmente accessibile del proprio sito web, dati sul numero e sul peso dei prodotti invenduti distrutti, le motivazioni che hanno portato alla distruzione e la percentuale dei beni avviati a riutilizzo, riciclo o altre forme di recupero, incluso quello energetico. Questi obblighi hanno lo scopo di contrastare sprechi evitabili, con impatti significativi sia sul piano economico che ambientale.
Per evitare oneri sproporzionati, le micro e piccole imprese saranno esentate da questo divieto, sebbene la Commissione europea possa revocare tale esenzione in caso di utilizzo improprio. Per le medie imprese, il divieto entrerà in vigore sei anni dopo l’adozione del Regolamento. Gli Stati membri, inoltre, mantengono la facoltà di introdurre o conservare normative nazionali in materia di distruzione dei beni invenduti, anche per categorie di prodotti non coperte dal divieto europeo.
Infine, il Regolamento Ecodesign sarà coordinato con il Regolamento sui servizi digitali, al fine di garantire che anche i prodotti venduti online siano soggetti agli stessi obblighi informativi e alle stesse restrizioni previste per le vendite tradizionali.
© Riproduzione riservata




