Si chiama AltroGiro: come a dire: “Non buttarlo, fagli fare un altro giro”. È il centro del riuso di Parma. Nato nel 2016 accanto al centro di raccolta, aperto sei giorno alla settimana (salvo la domenica), è gestito dall’omonima associazione di promozione sociale (AltroGiro Aps).
Beni dismessi e persone disagiate: la mission del centro del riuso di Parma
Due dipendenti, 12 volontari, due tirocinanti e due borse lavoro portano avanti il centro. E non solo quello. Perché anche a Parma il centro del riuso è l’incrocio di diverse istanze a attività di natura ambientale e sociale. “L’associazione reinveste le donazioni dei cittadini che vengono a prelevare gli oggetti – spiega Giuseppe Cocconcelli, il presidente – su altri progetti. Ad esempio abbiamo aperto una casa sociale, un appartamento messo a disposizione delle persone disagiate”.
Ogni anno il centro – tra abiti, accessori per la casa, apparecchiature elettriche ed elettroniche, mobili, biciclette, elettrodomestici, giochi, libri – sottrae alla discarica circa 30 tonnellate di materiali.
Molti oggetti arrivano dalle attività di trasloco e sgombero che AltroGiro offre. Poi “i cittadini che hanno cose che non utilizzano più e che non riescono a rivendere privatamente – racconta Cocconcelli – hanno iniziato a portarle a noi piuttosto che in discarica, oppure ci chiamano e li andiamo a ritirare. Hanno iniziato a farlo ma non siamo ancora a regime”.
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Il riuso e quel problema di mentalità: il comò coi piedi tarlati
C’è anche un problema di mentalità: “Dopo tre anni va sicuramente meglio che non all’inizio, ma le persone fanno un po’ di fatica a capire che quello che per loro non ha più valore può averlo per qualcun’altro. I cittadini preferisco buttare via e comprare nuovo, secondo un consumismo sfrenato”, riferisce il presidente di AltroGiro. “Pensano che un comò con piedi tarlati è da buttar via, non sanno che ci può essere una realtà come noi, e tanti altri in Italia, dove le gambe si tagliano, si ridà il mordente e il comò riprende vita e torna riutilizzabile per molti anni ancora”. E questo riflette, prescinde dal fatto che Parma è una città benestante, “è piuttosto un problema diffuso”.
Il centro, a proposito di piedi tarlati, offre anche piccole riparazioni: restauro di mobili, ciclofficina. Solo riparazioni di natura meccanica, non elettronica, chiarisce: “Magari di due lavatrici che non funzionano ne tiriamo fuori una funzionante”.
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Il baratto
Questi beni, poi, grazie ad una convenzione con l’assessorato al welfare del Comune, che gestisce situazioni fragilità sociale, vanno appunto alle famiglie in difficoltà, quelle “che non hanno i soldi per acquistare un frigo o un letto. Ma ci chiedono anche patti e forchette”, sottolinea. Queste famiglie possono ritirare i beni gratuitamente. A tutti gli altri l’associazione chiede, in cambio del bene prelevato, delle donazioni. Oppure offre la possibilità di barattare: “Il vecchio e famoso baratto, parola della quale qualcuno non conosceva più il significato … – sorride Cocconcelli – Valutiamo il bene in ingresso, e chi lo porta può prendere dal magazzino un bene di valore equivalente”.
Ogni anno le donazioni portano incassa 40-50 mila euro, senza contare le piccole somme che l’associazione chiede quando uno sgombero non garantisce oggetti che possano tornare sul mercato.
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Un nuovo approccio
Questi soldi servono a gestire il centro, come abbiamo accennato, ad avviare altre iniziative: “Cerchiamo sempre di investire nel sociale”, sottolinea Cocconcelli. Come nel caso del container pieno di materiale scolastico – 400 banchi, 400 sedie, diversi armadi – spedito di recente in Gambia. Oppure l’officina sociale: “Con proventi del centro – racconta ancora Cocconcelli – stiamo allestendo un’officina con materiali e macchinari professionali del valore di 7000 euro. Un’officina sociale a disposizione del cittadino che, ad esempio, non ha la levigatrice per mettere a posto gli scuri di casa sua: viene da noi, usa levigatrice, la sega a nastro, il compressore, …”. L’officina “partirà a breve. È tutto pronto, stiamo mettendo a punto le modalità degli ingressi, la questione della sicurezza, della formazione per utilizzare macchinari”. Un sevizio per la collettività, ma anche uno strumento che si aggiunge al centro del riuso per cambiare quella mentalità – “consumismo sfrenato” – che saccheggia il pianeta e riempie le discariche.
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