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sabato, Dicembre 14, 2024

Il modo in cui la Cop29 affronta le questioni di genere riguarda chiunque

Dopo le polemiche di gennaio, relative all’assenza delle donne nel Comitato Organizzatore della Cop29, il presidente dell’Azeirbajan ha provato a mettere una pezza. Ma il cammino da raggiungere per un’effettiva giustizia di genere è ancora lungo. Una lotta che si combatte anche nel campo della diplomazia climatica

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Redazione EconomiaCircolare.com

Che Cop sarà per le donne? È una domanda che ci si pone poco alle annuali Conferenze annuali sui cambiamenti climatici. E che invece è quanto più necessaria, specie se si considera che la numero 29 si terrà in Azerbaijan, uno degli Stati più fossili e autoritari del mondo.

In un recente articolo scritto per Reuters, Melissa Jun Rowley, fondatrice della società Warrior Love Productions e consulente per il Climate Change Global Innovation Hub delle Nazioni Unite, si è rivolta in maniera figurata direttamente alla Cop29, con un titolo che è tutto un programma: Cara Cop29, è tempo di mettere all’ordine del giorno le soluzioni climatiche guidate dalla donna.

“Le donne hanno maggiori probabilità di essere colpite dagli impatti dei cambiamenti climatici rispetto agli uomini – ha ricordato Jun Rowley – il che significa che hanno maggiori probabilità di vederli e sentirli arrivare, imparare come adattarsi e prendersi cura degli altri durante le condizioni meteorologiche estreme e i disastri naturali. Contrariamente a quanto le campagne di combustibili fossili finanziate in modo esorbitante hanno fatto credere al pubblico di massa, catturare carbonio dall’aria e sollecitare gli individui ad essere più consapevoli della loro impronta di carbonio non è sufficiente. Le soluzioni sul campo hanno bisogno di maggiore amplificazione e supporto, e molti di questi progetti sono guidati dalle donne”.

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Senza donne alla Cop29, anzi no

A gennaio i timori sul maschilismo autoritario del potere in Azerbaijan si sono concretizzati quando il presidente Ilham Aliyev –  alla guida del Paese dal 2003, recentemente confermato con quasi il 94% dei voti in un’elezione che è stata definita “non democratica” – ha nominato i 28 componenti del Comitato Organizzativo della Cop29, che si terrà nella capitale Baku dall’11 al 22 novembre 2024. Usiamo il maschile non a caso: perché nella lista dei 28 nomi e cognomi, con relative mansioni sulla diplomazia climatica, non compare neanche una donna. “Perfino gli Emirati avevano incluso le donneha fatto notare il giornalista ambientale Ferdinando Cotugno su Domani, facendo riferimento alla precedente Cop28.

La scelta dell’Azerbaijan ha fatto discutere molto, come già era successo qualche giorno prima per la nomina alla presidenza della Conferenza annuale sui cambiamenti climatici di Mukhtar Babayev, ministro dell’Ambiente ed ex dirigente di SOCAR (State Oil Company of Azerbaijan Republic), la società statale produttrice di petrolio e gas. Due episodi che sembrano confermare le tesi secondo le quali alla base dell’industria fossile c’è la riproposizione di un sistema patriarcale.

cop29 donna

In ogni caso alle decisioni azere sono seguite le proteste internazionali tanto che il presidente Aliyev ha dovuto fare un passo indietro, aggiungendo 12 donne al comitato organizzativo di Cop29. Tra le nuove nomine figurano Umayra Taghiyeva, viceministra dell’ecologia e delle risorse naturali, e la commissaria per i diritti umani Sabina Aliyeva. Oltre alle 12 figure femminili, in ogni caso il presidente Aliyev ne ha approfittato per aggiungere anche un altro uomo. Il totale della rappresentanza di genere è presto detto: 29 uomini e 12 donne.

Un passo in avanti rispetto allo zero iniziale, certamente, ma sempre lontano da una rappresentanza paritaria. Anche perché, come ha fatto notare Lifegate, la sola nomina di donne nei “posti di comando” da sola non basta. E per capirlo si può fare riferimento proprio alla Cop28 in cui, “al contrario della prossima conferenza, il 63 per cento dei membri del comitato organizzatore del vertice sul clima era costituito donne – anche se questo non ha risparmiato l’organizzazione di essere accusata di pinkwashing, quindi di utilizzare le donne per ripulire l’immagine del vertice, anche perché solo l’11,3 per cento dei leader mondiali presenti era donna”.

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La pezza della Cop29 che non basta

In attesa di capire in maniera più definita come si svolgerà la diplomazia climatica a Baku, dove – non va dimenticato – partecipano 198 Stati provenienti da ogni parte del mondo, ciascuno col proprio retaggio culturale sulla partecipazione femminile, quel che è evidente è che la scelta tardiva sulle nomine femminili alla Cop29 appare poco più che una pezza. Anche perché sono passati più di 30 anni dal 1992, anno della prima Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo a Rio de Janeiro: e già allora si stabilì l’importanza del riconoscimento del legame tra crescita sostenibile e coinvolgimento delle donne. Se oggi il dibattito è ancora invischiato nel discorso sulla rappresentanza di genere è evidente che di passi in avanti ne sono stati fatti ben pochi.

Bisognerebbe invece parlare di “giustizia di genere”. È quel che ha fatto ad esempio il  Women and Gender Constituency (WGC), uno dei 9 collegi elettorali ufficiali che rappresentano la società civile sotto l’UNFCCC (la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, sotto la cui egida si tengono le varie Cop), in particolare per che quel che riguarda il nesso tra genere, clima e ambiente, e del quale fanno parte oltre 180 organizzazioni della società civile.

A tal proposito è particolarmente emblematica la lettera spedita alla presidenza della Cop29, dove si ricorda innanzitutto che sono i dati a mostrare che le donne non partecipano in modo equo ai negoziati sui cambiamenti climatici. “Nel 2008scrive il WGC – le donne rappresentavano solo il 31% dei delegati (con solo il 15% di capi di delegazioni) salendo a solo il 35% nel 2022 alla Cop27 e al 34% alla Cop28, nonostante l’evidenza che il cambiamento climatico esacerba le discriminazioni di genere esistenti. Troviamo sia inaccettabile e altrettanto frustrante che, nel 2024, strutture decisionali così importanti nell’ecosistema della politica climatica globale continuano a minare gli sforzi verso la parità di genere”.

cop29 2

Si potrebbe obiettare che era difficile aspettarsi qualcosa di diverso dai vertici autoritari dell’Azerbaijan e che in fondo nel proprio Paese ciascuno si comporta come si crede. Discorso fallace, oltre che pericoloso, perché ignora, per ignoranza o malafede, che le Cop sono incontri globali dove convergono istanze ed esigenze che si trascinano da tanto, troppo tempo. “Lo squilibrio di genere del Comitato – riporta ancora la lettera – ignora anche decenni di sforzi da parte dei sostenitori del WGC da parte degli organismi delle Nazioni Unite e di alcuni governi progressisti, nonché gli oltre 130 mandati dell’UNFCCC che fanno riferimento a donne e/o genere, con 54 specificamente promuovere e sostenere l’equilibrio di genere nei processi decisionali a tutti i livelli. Sfidare i modelli economici e le strutture di potere che guidano la crisi climatica tanto quanto il genere e l’ingiustizia sociale, la parità e la rappresentazione significativa è un passo avanti necessario. Una leadership efficace del processo Cop richiede una profonda considerazione verso risultati che garantiscano un futuro di genere, equo, giusto e sano su questo pianeta”.

Leggi anche: Sostenere l’autonomia delle donne con l’economia circolare. Intervista a Lella Palladino

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