Ci risiamo. Quello delle fogne in Italia è un problema annoso che non riusciamo a lasciarci alle spalle. L’Italia è soggetta a quattro procedure di infrazione per il trattamento delle acque reflue urbane, gli scarichi delle nostre fogne. Due di queste – ha ricordato qualche giorno fa Legambiente – già sfociate in condanne che costano al Paese 60 milioni di euro all’anno. Una terza condanna, questa senza multa, si è aggiunta mercoledì scorso. Ma anche dove c’è, la gestione non è sempre adeguata: a parte il Nord Est, in tutto il resto del Paese aumentano, fa sapere un recente position paper di Laboratorio REF ricerche, i fanghi di depurazione scaricati in discarica. Per non parlare dell’illegalità.
La condanna
L’Italia, afferma la sentenza della Corte di giustizia europea di mercoledì scorso, è venuta meno agli obblighi cui è tenuta dagli articoli 3, 5 e 10 della direttiva 91/271 sulle acque reflue urbane. La procedura mette fine ad una contenzioso avviato dalla Commissione nel marzo 2014 e riguarda circa 600 agglomerati (aree in cui la popolazione e/o le attività economiche sono sufficientemente concentrate così da rendere possibile la raccolta e il convogliamento delle acque reflue verso un impianto di trattamento o verso un punto di scarico) del bacino nel Delta del Po e nell’Adriatico, del lago di Varese, del lago di Como e del bacino del Golfo di Castellammare (Sicilia). In questi aree, affermano i giudici, sono stati riscontrati deficit di reti fognarie e assenza o inadeguatezza del previsto trattamento secondario (i trattamenti secondari “sono finalizzati all’abbattimento della sostanza organica biodegradabile e alla rimozione dei solidi in forma colloidale, non sedimentabili e, quindi, non separabili con trattamenti di tipo fisico”, Ispra). Trattandosi della prima condanna per inadempimento su questo specifico dossier, la sentenza non prevede sanzioni.
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Due milioni di italiani dimenticati
Che la situazione delle fogne italiane non sia rosea ce lo ricordano prima di tutto i due milioni di italiani residenti in 379 Comuni che non hanno le fognature o il servizio pubblico di depurazione. È tornata recentemente a denunciarlo, in occasione della III edizione del Forum nazionale Acqua “Una risorsa circolare”, Legambiente. Che sottolinea “l’urgenza di definire un approccio circolare per una gestione della risorsa idrica più equa, razionale e sostenibile coinvolgendo il settore urbano, civile, industriale e agricolo”.
Oltre alle inadempienze, c’è anche lo zampino della criminalità. Nel dossier Mare Monstrum 2021, che alla maladepurazione dedica ampio spazio, l’associazione denuncia che “depuratori inesistenti o mal funzionanti, scarichi fognari abusivi, sversamenti illegali di liquami e rifiuti hanno rappresentato il 31% dei reati contestati in Italia nel corso del 2020”.
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Fanghi di depurazione sempre più spesso in discarica
Anche là dove le fogne ci sono, lo abbiamo accennato, purtroppo non sempre sono gestite a regola d’arte, preferendo la discarica al recupero per quello che resta dalla depurazione, i cosiddetti fanghi. Il recente position paper Ridurre gli impatti ambientali del servizio idrico: luci e ombre di Laboratorio REF Ricerche mette in luce che, relativamente alla gestione dei fanghi di depurazione – oltre 3,1 milioni di tonnellate ogni anno – si osserva una crescita del tasso di smaltimento in discarica. E quindi una diminuzione delle attività di recupero che, lo ricordiamo, non solo rispettano la gerarchia europea dei rifiuti ma permettono di produrre energia (biogas dalla digestione dei fanghi), e materia (azoto e fosforo).
Il Nord-Est è l’unica macroarea che mostra una riduzione della quota di fanghi avviati in discarica. I gestori del Centro mostrano le maggiori criticità, “con un tasso di smaltimento in discarica superiore al 30% del quantitativo di fanghi prodotti”, scrivono Donato Berardi, Francesca Casarico, Samir Traini, Zeno Vigato. Il Nord-Ovest mantiene un valore medio contenuto, ben al di sotto del 15%. Mentre i gestori del Sud “aumentano la percentuale di fanghi smaltiti in discarica superando la soglia del 25%”. Per questo, afferma Laboratorio REF Ricerche, la qualità dell’acqua depurata e l’adeguatezza della fognatura “necessitano dei maggiori sforzi di intervento”.
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