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venerdì, Novembre 15, 2024

Il principale ostacolo alla transizione delle città verso l’economia circolare? Le barriere culturali

Sondaggio ICESP in 28 centri urbani italiani: a frenare l’economia circolare anche barriere economiche, amministrative, politiche. Alle “Città del futuro” è dedicato il Circular talk di giovedì 26 maggio

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Redazione EconomiaCircolare.com

“I centri urbani e i territori rappresentano il principale luogo dove favorire la transizione verso l’economia circolare e pertanto necessitano di adeguati strumenti e politiche per attivare tali processi di trasformazione” scrive l’ICESP, piattaforma italiana degli stakeholder per l’economia Circolare. Il Gruppo di lavoro 5 (Gdl5: “Città e Territorio Circolari”) ha dedicato a La transizione circolare di città e territori nel panorama italianoun position paper.

Proprio “alla luce dell’impatto socio-economico dell’attuale crisi – leggiamo nel documento – la strada per la ripresa è un’opportunità per ripensare ai modelli di produzione e consumo, alle modalità di pianificare infrastrutture e servizi nelle aree urbane e territoriali, in modo da garantire un futuro più resiliente”. Questo, affermano i componenti del Gdl5, è il momento di agire per rendere concreta la transizione verso l’economia circolare.

Il ruolo delle città nella transizione verso l’economia circolare

E in questa transizione le città avranno un ruolo centrale. Infatti attualmente circa il 75% degli europei vive in aree urbane, dove avviene il 75% del consumo di tutte le risorse naturali; le città producono il 50% dei rifiuti globali e il 60-80% delle emissioni di gas serra. Inoltre, riflettono gli autori, essendo quello locale “il livello di governo più vicino ai cittadini, le città possono essere i trend setter ed avere un profondo impatto sui consumi e su altre abitudini”.

“Una città circolare – spiegano – è una città che promuove il passaggio da un’economia lineare a un’economia circolare in modo integrato in tutte le sue funzioni in collaborazione con i cittadini, le imprese e la comunità della ricerca”. Per questo “è necessario sviluppare un approccio olistico e una visione a lungo termine”. A questo è dedicato il citato position paper, che si basa su 64 contatti con altrettante amministrazioni e 28 questionari – Agenzia provinciale per l’ambiente di Bolzano, Città Metropolitana di Torino, Comuni di Bibbona (LI), Bologna, Bressanone (BZ), Campomarino (CB), Casoria (NA), Catania, Cesena, Erchie (BR), Fermo (FM), Firenze, Forlì, Francavilla Fontana (BR), La Spezia, Modena, Nova Siri (MT), Padova, Palermo, Pesaro, Prato, Rotondella (MT), Serrenti (VS), Torino, Vibonati (SA), Comuni dell’Appennino Bolognese, Regione Piemonte.

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Fonte: ICESP

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Le barriere

Se la dimensione cittadini avrà un ruolo sicuramente importante, vero è che l’economia circolare è un compito complesso, in particolar modo se commisurata agli strumenti di gestione a livello territoriale. Emergono infatti una serie di barriere di diversa natura:

  • Barriere economiche: la transizione verso un’economia circolare implica investimenti e incentivi adeguati. Le città che hanno risposto ai questionari ICESP devono far fronte “a vincoli in termini di risorse finanziarie insufficienti o di difficile accesso; alti rischi finanziari; mancanza di scala critica per le imprese e gli investimenti per supportare le sperimentazioni; uno scarso coinvolgimento del settore privato”;
  • Barriere amministrative e normative: la transizione si confronta con un quadro amministrativo e normativo che nella survey viene spesso definito “inadeguato”. Le pubbliche amministrazioni hanno spesso difficoltà a mettere in pratica quanto previsto “a causa di rigidi processi interni e confuse modifiche normative che scoraggiano l’utilizzo e riutilizzo dei sottoprodotti”. Inoltre, le città intervistate mostrano problematiche legate alle ridotte risorse umane e all’assenza di personale tecnico adeguatamente formato;
  • Barriere politiche: la mancanza di una visione olistica è un ostacolo riscontrato da diverse città;
  • Barriere tecniche/tecnologiche: legate soprattutto alla carenza di dati e alla poca circolazione delle informazioni;
  • Barriere di consapevolezza: le barriere culturali, infine, rappresentano la sfida maggiormente rilevante per buona parte delle città intervistate insieme alla mancanza di consapevolezza da parte dei privati e della pubblica amministrazione.
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Fonte: ICESP

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Lo stato dell’arte

Lo studio del Gruppo di lavoro 5 di ICESP prova a costruire, a livello delle amministrazioni comunali, “una fotografia dello stato attuale di diffusione dei principi di circolarità in Italia e delle azioni connesse”. L’obiettivo ultimo è “individuare le strategie territoriali efficacemente dispiegate dagli enti territoriali, e costruire una base di partenza, conoscitiva e critica, per l’elaborazione di politiche di transizione verso un’economia circolare”.

Attraverso il questionario si è cercato di indagare la circolarità italiana nei seguenti settori: educazione (formazione e informazione), rifiuti organici, plastica, costruzioni, prodotti elettronici (RAEE), risorsa idrica, spazi pubblici, Nature-based Solutions (di seguito NBS), green public procurement e energia.

I risultati dei questionari rivelano che le modalità circolari più presenti nelle città intervistate sono legate al riciclare, riparare e rigenerare, con un 39% di città che le considera; seguite poi da un 22% di azioni legate alla riduzione di risorse, 17% di azioni legate al riutilizzare le risorse e 17% di recovery (recupero di energia o materia), la strategia della sharing economy è stata attuata solamente dal 5% delle città intervistate.

Osservando invece i settori più all’avanguardia nelle città intervistate è possibile notare la predominanza del settore energia, con il 20% dei Comuni, il settore NBS con il 16%, il settore degli spazi pubblici e infrastrutture con il 14%, il settore della risorsa idrica con il 12%, il settore dei RAEE con il 11%, il settore delle costruzioni e demolizioni con l’8%, il settore della plastica con il 7%, il settore dei rifiuti organici con il 5%, il settore dell’educazione con il 4%, il settore del green public procurement con solo il 2%.

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Fonte: ICESP

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Gli strumenti messi in campo dalla città (non solo italiane)

Nel paper ICESP vengono elencati alcuni strumenti utilizzati dalle comunità che hanno avviato una transizione verso un territorio sostenibile e circolare.

Tra gli strumenti economici figurano gli sconti sulle tasse. Un esempio è quello di Milano, che applica uno sconto del 20% sulla tassa sui rifiuti per le imprese (supermercati, ristoranti, mense, produttori, ecc.) che hanno donato i loro rifiuti alimentari a enti di beneficenza. Porto, in Portogallo, ha sviluppato il CityLoops project: una serie di indicatori che aiutano a misurare i progressi verso l’economia circolare in una città. Bodø (Norvegia), per aumentare il coinvolgimento di cittadini e professionisti, ha creato la piattaforma degli stakeholder CityLab, coinvolgendo consulenti edili, imprenditori, architetti e cittadini nella trasformazione della città, per dialogare su come riutilizzare e prolungare la vita degli edifici e dei materiali esistenti durante la progettazione del nuovo città. L’aeroporto di Amsterdam Schiphol noleggia la luce come servizio, quindi paga per la luce che utilizza, mentre Philips, il fornitore, è il proprietario di tutte le installazioni ed è responsabile delle prestazioni e della durata. A Oulu (Finlandia) le biblioteche pubbliche hanno esteso i loro servizi dal prestito di oggetti tradizionali (ad esempio libri, e-book, audiolibri, musica, film, ecc.) a sci, pattini e altre attrezzature sportive. Parigi ha dato vita a Grand Paris Circulaire, piattaforma informativa online sull’economia circolare che riunisce iniziative, attori, conoscenze, strumenti, notizie ed eventi dell’economia circolare a Parigi e nella sua area metropolitana. In Italia, l’Atlante Italiano dell’Economia Circolare è una piattaforma web interattiva che censisce e racconta oltre 150 esperienze di realtà economiche e associative impegnate ad applicare i principi dell’economia circolare.

Proposte

Alla luce dei risultati dell’indagine, il GdL5 avanza una serie di proposte “finalizzate a promuovere una pianificazione integrata e visione strategica per la gestione delle aree urbane e dei territori in chiave circolare”.

Vediamole:

  1. Ripensare e riprogettare città e territori, infrastrutture e servizi in ottica circolare. L’attenzione, dunque, parte dalla fase progettuale. In particolare saranno necessari “un approccio intersettoriale, sistemico” e “processi rigenerativi”;
  2. Sistematizzare sul territorio le iniziative di economia circolare dei privati, con l’obiettivo di stimolare altri comportamenti virtuosi e supportare azioni sinergiche;
  3. Favorire processi decisionali partecipativi, garantendo opportunità e spazi per i giovani e le donne;
  4. Favorire iniziative di informazione;
  5. Istituire percorsi di “formazione specifica nelle amministrazioni locali e sovralocali”, per costruire realtà amministrative preparate alle sfide gestionali poste dall’economia circolare;
  6. Costruire una cabina di regia all’interno dell’amministrazione locale che faccia da ponte con il coordinamento centrale. La cabina dovrà coordinare le attività dei diversi settori (dalla risorsa idrica ai rifiuti, dal consumo di suolo all’alimentazione) in chiave circolare.

Leggi anche: Terza tavola rotonda OCSE sull’economia circolare nelle città: sfide e opportunità post-Covid

Coinvolgimento della società civile

Circolarità e partecipazione camminano insieme: “Nessuna città potrà diventare davvero ‘circolare’ – sottolinea ICESP – senza venire attraversata da un uso profondo e diffuso di quelle pratiche partecipative che sanciscono la logica circolare a livello del potere collettivo e istituzionale”. Si tratta di andare oltre la semplice governance per riscoprire come “la partecipazione della cittadinanza ai processi decisionali pubblici sia la chiave per rendere la città circolare a livello amministrativo e politico”. Molteplici gli strumenti di democrazia partecipata sperimentati sino ad oggi: i due più importanti processi circolari di questo tipo sono, secondo ICESP, i bilanci partecipativi e il dibattito pubblico.

Il bilancio partecipativo è una formula che copre diverse esperienze sociali e storiche (in primis quella ormai più che decennale e ben radicata di Porto Alegre in Brasile): un dispositivo complesso che permette ai cittadini non eletti di essere attivi nella definizione e nella ripartizione di una parte delle finanze pubbliche. Il dibattito pubblico, a sua volta, è un processo di discussione pubblica su progetti e/o su leggi che si vogliono implementare sul territorio, e coinvolge i cittadini in una dinamica di dialogo, anche grazie a grandi assemblee pubbliche.

Il Circular talk

Ai temi affrontati dal paper ICESP e sin qui descritti sarà dedicato, il 26 maggio alle ore 18, il Circular talk “La città del futuro. Come ripensare l’ambiente urbano in ottica circolare e solidale”, che potrete seguire in diretta su Facebook, LinkedIn e YouTube. Ne parleranno Carolina Innella, Sezione Supporto al coordinamento delle attività sull’Economia Circolare per il Dipartimento Sostenibilità dei Sistemi Produttivi e Territoriali dell’ENEA; Silvia Pezzoli, Referente di ricerca del Consorzio Poliedra – Politecnico di Milano; Elena Ferraioli, Dottoranda in Pianificazione territoriale, Università Iuav di Venezia; Gianmarco Di Giustino, Dottorando in Pianificazione territoriale, Università Iuav di Venezia; Giovanni Pineschi, Esperto tematico “Agenda urbana” presso l’Agenzia per la Coesione Territoriale; Pasquale Capezzuto, Presidente della commissione tecnica UNI 058 “Città, comunità e infrastrutture sostenibili”. Modera Raffaele Lupoli, Direttore editoriale EconomiaCircolare.com.

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