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venerdì, Novembre 15, 2024

Per un’economia dal basso sul riciclo, a Buenos Aires l’alleanza internazionale dei waste pickers

Cosa significa waste-picker? Letteralmente: raccoglitore di rifiuti. Sono cioè le persone che raccolgono in maniera informale i rifiuti. Spesso invisibili e marginalizzate, in Argentina si sono incontrate per ottenere una maggiore rilevanza politica. C'era anche l'italiana ONU, la rete nazionale dell'usato

Giulia Di Martino
Giulia Di Martino
Architetta, consulente ambientale e attivista. Da Palermo al globo, si occupa di ecologia politica, processi di quartiere, politiche e pratiche trasformative e di giustizia socio-ambientale, con un particolare sguardo a gestione rifiuti e a pratiche del riuso. Socia fondatrice di Sbaratto, associazione del mercato dell'usato dell'Albergheria, e militante di Arci Porco Rosso

La festa del primo maggio non poteva non essere il momento migliore per iniziare la cinque giorni di Congresso dell’Alleanza Internazionale dei Waste Pickers. Dall’1 al 5 maggio, a Buenos Aires, le delegazioni di tutti i continenti si sono incontrate per eleggere il consiglio esecutivo e le principali cariche dell’organizzazione.

Come dice il nome stesso, i/le waste pickers sono raccoglitori e raccoglitrici informali di rifiuti, un’attività che nasce in contesti dove condizioni socio-economiche di estrema marginalità si uniscono alla mancanza di un sistema di gestione dei rifiuti istituzionalizzato e centralizzato. Con l’aumento incontrollato delle discariche metropolitane, migliaia e migliaia di persone invisibilizzate hanno cominciato a estrarre materiali, a recuperare, a selezionare, a rivalorizzare.

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Una nuova rilevanza politica

Certo, parliamo pur sempre di un lavoro precario, svolto in condizioni molto dure, che derivano dal carattere informale di questo mestiere. Ma la dignità e l’autonomia, la forza dei rapporti sociali prodotti da questo tipo di economia popolare, hanno favorito nel corso del tempo la costruzione di organizzazioni più o meno strutturate, che aggregano i/le singole waste pickers e consentono l’articolazione del lavoro in forme sempre più ampie e professionali, vendendo i rifiuti raccolti agli intermediari ed entrando a tutti gli effetti nella filiera come parte integrante e fondamentale della stessa.

In esperienze molto avanzate, come a Buenos Aires per esempio, i/le waste pickers hanno addirittura cominciato a gestire in forma cooperativa (dopo averlo occupato) un impianto di selezione del secco derivante dalla raccolta differenziata, fatta sempre da loro, con l’idea di de-imprenditorializzare la filiera.

Nel caso dell’Alleanza Internazionale dei Waste Pickers, il processo nasce a partire dall’incontro fra la ONG WieGo e diverse realtà di waste pickers già strutturate. Adesso ne fanno parte circa 90 organizzazioni, principalmente di America del Sud, Africa e Asia, che da qualche anno lavorano insieme per costruire una forza in grado di supportare le singole realtà locali, e allo stesso tempo influenzare le politiche internazionali in materia di gestione dei rifiuti, di ambiente e di lavoro, come ad esempio il Trattato sulla plastica.

Il congresso di Buenos Aires costituisce in questo senso una tappa storica, poiché per la prima volta i membri sono stati chiamati ad eleggere i propri organi e ad assumere una nuova rilevanza politica. Il congresso ha eletto il consiglio direttivo: Severino Francisco de Lima Junior (Brasile), come presidente, Sushila Sable (India) come vice-presidente, Maditlhare Koena (Sud Africa) come tesoriera. Sono state inoltre votate importanti risoluzioni sui criteri per definire le fonti di finanziamento, per introdurre la definizione di riuso nella costituzione dell’alleanza, e proseguire i lavori sul posizionamento da adottare in materia di responsabilità estesa del produttore.

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La presenza italiana

Dall’Italia ha aderito la Rete Nazionale degli Operatori dell’Usato, che raggruppa gli operatori/operatrici dell’usato a livello nazionale, e che ha al suo interno un comparto numeroso di lavoratori/lavoratrici informali del riuso, che raccolgono dalle case, e dalla strada tonnellate di cose usate, per poi rivenderli nei mercatini.

L’adesione italiana all’Alleanza dei Waste Pickers fa riflettere innanzitutto sull’oggetto stesso della raccolta, che negli altri paesi sono i rifiuti, mentre da noi sono le “cose usate”. In Italia infatti, il sistema di gestione dei rifiuti è regolamentato in maniera tale da non lasciare spazio alle economie informali. Una regolamentazione positiva su tanti piani, ma che si è sviluppata nel segno dell’industria, dell’economia di scala, e dell’impresa privata. Il settore dell’usato è invece in via di regolamentazione, ed esistono ancora spazi di manovra per costruire delle soluzioni che tutelino i soggetti più vulnerabili, riconoscendo la ricchezza di questo tipo di lavoro.

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Il contesto comune è dunque un certo tipo di economia che alcune persone chiamano popolare, parzialmente sovrapponibile con l’economia sociale, e connotata dalla formazione di attività lavorative autonome e informali da parte di chi è esclusə dal mercato del lavoro ufficiale, con tutto ciò che ne consegue in termini di rapporti sociali, di dinamiche urbane positive o negative (dalla solidarietà alla corruzione).

In ogni caso ne emerge un vasto campo di possibilità che sorge dal basso, soprattutto nel caso di chi costruisce alleanze di senso.

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