Estate, è tempo di festival. E, dopo tanto distanziamento sociale e un anno e mezzo di eventi cancellati, saranno in tanti quest’anno a non vedere l’ora di tuffarsi nella folla promiscua e sudata di uno dei tanti festival musicali in giro per il mondo. Ma se queste meravigliose ammucchiate a suon di musica fanno bene allo spirito, all’ambiente invece non fanno bene per niente. Dati dal Regno Unito mostrano che i festival del Paese producono circa 23.500 tonnellate di rifiuti ogni anno (un peso equivalente a oltre 1.800 autobus, per capirci). Va peggio negli Stati Uniti dove le stime vanno dalle 53.000 tonnellate alle 100.000, con i festival più grandi, come il Coachella, che si attestano intorno alle 100 tonnellate di rifiuti al giorno. Per paragone può essere utile pensare che l’americano medio, che non ha certo uno stile di vita a basso impatto, produce circa 810 chili di rifiuti all’anno, secondo dati dell’Environmental Protection Agency. Ancora, secondo dati di A Greener Festival, una società di consulenza che propone soluzioni green per grandi eventi in diversi paesi del mondo, i festival producono in media 0,7 chili di rifiuti a persona che salgono a 1,92 per quelli che offrono la possibilità di campeggiare.
Festival, un ottimo terreno per sperimentare la sostenibilità
Non tutti i grandi eventi hanno scelto di riaprire nel 2021, alcuni salteranno ancora quest’anno per tornare in sicurezza nel 2022. Ma che sia quest’anno o il prossimo, sembra che i festival vogliano tornare senza pesare (troppo) su un Pianeta già messo a dura prova e puntando sulla sostenibilità. Non è solo una necessità forzata dai preoccupanti numeri che abbiamo appena elencato, ma è anche un’opportunità: micromondi chiusi, simili a piccole città dai confini ben definiti, i festival musicali possono rappresentare un ottimo terreno per sperimentare modelli circolari. Per la durata dell’evento, infatti, grossi numeri di persone mangiano, bevono, consumano acqua ed energia, fanno acquisti, all’interno di questi sistemi chiusi che possono diventare incubatori di soluzioni per ridurre il nostro impatto sul Pianeta. Tante le idee che organizzatori in giro per il mondo stanno sperimentando per aumentare la circolarità dei festival.
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We Love Green
Pionieri sono stati, fin dal 2011, gli organizzatori di We Love Green, un festival di musica elettronica e hip hop che si svolge nel bosco di Vincennes, alle porte di Parigi e attira circa 80.000 visitatori ogni anno, in programma dal 10 al 12 settembre 2021. Il festival nasce come laboratorio di idee e soluzioni sostenibili per l’industria del divertimento e dei grandi eventi, sviluppando tecnologie e metodologie sulla base di otto punti focali: energia, ristorazione, acqua, gestione dei rifiuti, trasporti, divulgazione, compensazione delle emissioni ed economia circolare. Prima, dopo e durante il festival, ogni elemento dell’organizzazione dell’evento è studiato per minimizzare l’impatto sul Pianeta e l’obiettivo degli organizzatori è di diventare circolari al 100 per cento entro il 2025. Durante la tre giorni musicale, sono vietate le bottiglie di plastica, sostituite con contenitori riutilizzabili, da riempire nei vari punti di distribuzione di acqua; la ristorazione si serve di utensili compostabili al cento per cento; i biglietti e il materiale informativo sono tutti in digitale; le scenografie e i palchi sono costruiti interamente con materiali riciclati da altri eventi e che vengono poi donati; i WC sono a secco e utilizzano trucioli di legno naturale recuperati da una segheria, mentre, nell’area VIP, i servizi igienici recuperano l’urina per creare fertilizzanti; i rifiuti sono differenziati con attenzione da personale formato appositamente e oltre 100 volontari che contribuiscono alla raccolta e differenziazione; gli oli esausti prodotti dai punti ristoro vengono recuperati e gli alimenti invenduti vengono ridistribuiti attraverso associazioni di solidarietà; le cicche di sigaretta vengono mandate a una centrale specializzata nel riciclo di questo materiale; l’energia è al cento per cento rinnovabile; il cibo servito è di stagione, locale e vegetariano al 60 per cento. Il programma del festival, inoltre, include conferenze e dibattiti su temi ambientali, oltre a un incubatore per startup eco friendly.
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Da Amsterdam a Helsinki, festival e sostenibilità
We Love Green è una rara eccellenza in questo ambito, ma è un festival che, come si evince già dal nome, nasce con lo specifico obiettivo di diffondere, attraverso la musica e il divertimento, una maggiore consapevolezza ambientale. Diversa è la storia per i festival tradizionali, meno interessati all’ambiente e più ai biglietti staccati. Ma We Love Green ha dimostrato che fare un festival senza pesare sul Pianeta è possibile e, seguendo l’esempio di qualche pioniere illuminato, sempre più eventi si stanno impegnando a ridurre l’impatto di un’industria finora considerata devastante.
Nelle stesse date del festival parigino, ad Amsterdam si svolge il DGTL che torna in questa edizione 2021 con gli stessi obiettivi con cui si era chiusa l’edizione 2019: diventare il primo festival completamente circolare al mondo. Nel 2017 DGTL ha introdotto un sistema di analisi del flusso di materiali che fornisce un’immagine molto dettagliata del “metabolismo” del festival, tracciando le risorse in entrata e quelle in uscita. Già dalle scorse edizioni, il festival ha eliminato i secchi dell’indifferenziato in favore di “punti di raccolta di risorse”, grazie ai quali è riuscito a ridurre del 50 per cento la propria produzione di rifiuti, e ha sostituito i bicchieri di plastica usa e getta con alternative riutilizzabili. Il palco è alimentato da batterie caricate da pannelli solari. Inoltre, l’evento collabora con Innofest, un gruppo che consente alle start up di testare le proprie tecnologie in contesti reali, per dare la possibilità a tre innovatori di mettere alla prova le proprie innovazioni durante il festival. In una delle passate edizioni, per esempio, DGTL è stato occasione per testare soluzioni per evitare la dispersione nell’ambiente delle cicche di sigaretta.
La raccolta dei mozziconi di sigaretta è uno dei fiori all’occhiello anche del festival di Woodstower che si svolge ad agosto a Lione e che ha messo insieme un sistema di raccolta e valorizzazione dei rifiuti grazie al quale il 61 per cento dei rifiuti prodotti dal festival non finisce in discarica né all’inceneritore. L’organizzazione utilizza inoltre materiale di recupero per le scenografie e altri arredi, servizi igienici a secco che consentono di ridurre il consumo di acqua, supporta l’economia locale in tutte le fasi del festival e incoraggia il trasporto condiviso. Quest’anno il festival è in programma dal 24 al 29 agosto.
É invece tra quelli che hanno deciso di rinunciare all’edizione 2021, il Flow Festival di Helsinki che è stato tra i primissimi eventi, già dal 2009, a porsi il problema della riduzione dei rifiuti e delle emissioni. Grazie al lavoro di centinaia di volontari che separano i rifiuti manualmente, già diverse sono state le edizioni zero waste. Il festival inoltre compensa le emissioni attraverso progetti certificati e campagne di riforestazione, oltre a lavorare per ridurre la propria impronta: l’ultima edizione, nel 2019, ha prodotto emissioni equivalenti a quelle dovute alla produzione di tre litri di latte per ogni partecipante al festival. Flow utilizza energia rinnovabile, alimenti sostenibili e locali e, grazie alla sua posizione in centro città, è praticamente impossibile da raggiungere in auto.
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La plastica non può entrare
Questi sono alcuni esempi dei pochi, ma non pochissimi, festival che negli ultimi anni hanno scelto di andare verso la circolarità e la sostenibilità ambientale impegnandosi a ridurre gli impatti di tutta la filiera. Ma altri stanno iniziando a sperimentare soluzioni a problemi specifici per limitare l’impatto dei grandi eventi, spesso partendo dalla riduzione dei rifiuti. Il festival di Glastonbury, nel sud dell’Inghilterra, ha vietato le bottiglie di plastica monouso e vende panini in imballaggi compostabili al 100%. Live Nation, il più grande promotore di concerti al mondo, con sede negli Stati Uniti, ha bandito le cannucce di plastica dalle sue 45 venue americane. Una scelta fatta anche dal Coachella in California e dall’Osheaga di Montreal, Canada. Sempre a Montreal, FME incoraggia l’uso di bicchieri riutilizzabili con il logo del festival e propone progetti artistici con materiali riciclati.
Reverb, un’organizzazione no-profit che collabora con alcuni dei più grandi tour musicali del Nord America per renderli più ecologici, ha lanciato, in partnership con le Nazioni Unite, la campagna #RockNRefill con cui fornisce gratuitamente acqua filtrata e bottiglie riutilizzabili. Capitolo importante della riduzione dei rifiuti nei festival è quello dello spreco alimentare. Il già citato A Greener Festival offre pacchetti di soluzioni che, grazie ad accordi con associazioni partner cui vengono redistribuiti gli alimenti in eccesso, consente di evitare che il cibo finisca in discarica.
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Una tenda riciclabile
Una delle scene più classiche a fine festival, è la distesa di tende abbandonate che il pubblico si lascia alle spalle. Tende che finiscono inevitabilmente discarica, dal momento che i materiali di cui sono composte sono difficilmente riciclabili. L’Association of Independent Festivals del Regno Unito stima che circa 22.700 tende vengano abbandonate ogni anno dopo i vari festival in UK. La stessa associazione ha lanciato una campagna contro le cosiddette tende monouso, vendute da alcune catene come tende da festival, incoraggiando il pubblico ad acquistare invece tende di buona qualità che possano essere riutilizzate e a riportarsele a casa a fine evento. C’è anche chi, per risolvere la questione, ha trovato una soluzione originale: l’olandese KarTent produce tende di cartone resistenti all’acqua, riciclabili al cento per cento. L’azienda le sta distribuendo a diversi festival in giro per l’Europa e, dopo l’uso, vengono trasformate in scatoloni e secchi per la spazzatura da rivedere agli stessi festival. È inglese invece Comp-a-tent, una sorta di Airbnb delle tende, che consente al pubblico dei festival di affittarne una e restituirla a fine evento. Da buona inglese, l’azienda offre anche kit da pioggia, nel caso di maltempo.
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Niente lustrini
Altra piaga dei festival è il glitter di cui i festivalieri amano decorarsi viso e corpo. Nel Regno Unito, 61 festival hanno invece vietato la vendita di glitter, perché composti di microplastiche che, quando vengono lavate via dal corpo, finiscono per contaminare i corsi d’acqua. Insomma, per ogni problema sembra esserci una soluzione e, a volerle mettere in pratica, le idee non mancano: organizzare festival a ridotto impatto si può, è solo questione di buona volontà. Per chi fosse in cerca di ispirazione, stanno nascendo anche diverse guide che aiutano gli organizzatori dei grandi eventi a orientarsi tra le scelte di sostenibilità. Tra queste la Carta dei Festival creata dal Collectif des Festivals, associazione francese nata nel 2005 proprio per “accompagnare i festival nella marcia verso lo sviluppo sostenibile”.
Nell’agosto del 1969, il primo grande festival rock della storia si lasciò alle spalle una discarica nei boschi di Woodstock. Nel 2021 non c’è più motivo perché la musica debba essere seguita da una scia di rifiuti, abbiamo tutto il necessario per far sì che il nostro divertimento non pesi sulla Terra.
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