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giovedì, Novembre 14, 2024

Neve a tutti i costi: l’impatto ambientale di quella artificiale

Dal 1980, quando per la prima volta in un’Olimpiade invernale fu usata la neve artificiale, ormai i cannoni sparaneve fanno parte del vissuto di chi ama sciare. Con conseguenze ambientali da non trascurare. E prospettive niente affatto rosee

Valeria Morelli
Valeria Morelli
Content Manager e storyteller 2.0. Fa parte del network di Eco Connection Media. Si occupa di strategie di comunicazione web, gestione social, consulenza 2.0 e redazione news e testi SEO. Per Green Factor, all’interno dell’ufficio stampa, si occupa delle relazioni istituzionali.

Era il febbraio 2022, un anno fa, e vi raccontavamo le difficoltà che gli organizzatori dei giochi olimpici invernali di Pechino stavano affrontando a causa dei cambiamenti climatici. Una volta a sfidarsi sulle piste erano solo gli atleti. Oggi, invece, sempre più spesso si combatte una gara di tecnologia e una corsa contro il tempo per creare ambientazioni artificiali idonee a consentire lo svolgimento di quegli sport che, un tempo, venivano naturalmente praticati d’inverno grazie alla presenza pressoché scontata della neve ad alta quota.

La prima edizione dei giochi invernali nella quale fu necessario ricorrere a sistemi di innevamento artificiale fu quella che si svolse a Lake Placid nel 1980 ma, da allora, tale attrezzatura “di emergenza” è diventata sempre più di uso comune, nel periodo invernale, in tutte le località sciistiche.

Come riportato anche dal National Geographic nel 2019, in soli 30 anni, a causa della crisi climatica in corso, abbiamo perso un mese di stagione sciistica.

I costi ambientali dell’innevamento artificiale

Quel che forse solo gli addetti ai lavori sanno è che, per il loro funzionamento, gli impianti di innevamento artificiale richiedono grandi quantità di risorse. Innanzitutto, bisogna calcolare un notevole dispendio energetico e – fatta salva la disponibilità di impianti alimentati da fonte rinnovabile – solitamente la maggior parte dell’energia consumata proviene da combustibili fossili. Gli impianti di innevamento artificiale richiedono anche grandi quantità d’acqua. Poiché il prelievo avviene dalle fonti locali, è evidente l’impatto negativo sulla disponibilità di acqua potabile e sulla vita acquatica nelle zone circostanti.

Tutto questo richiama – come si suol dire – l’immagine del cane che si morde la coda: un po’ come avviene, nei mesi estivi, con i climatizzatori, per ricreare la location necessaria per praticare gli sport invernali messi in pericolo dai cambiamenti climatici, si rischia di contribuire ad aggravare l’emergenza in corso, “lasciando un’enorme impronta di carbonio”, come rileva lo stesso National Geographic.

Oltre agli aspetti ambientali, va poi rilevato che l’innevamento artificiale è, di per sé, un costo che incide sulla collettività e su chi paga il prezzo delle vacanze.

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Alpi ed Appennini: il futuro non è roseo, né tantomeno bianco

Il turismo invernale oggi costituisce una parte rilevante degli introiti per diversi Comuni situati sulle Alpi e lungo gli Appennini. Non stupisce quindi che negli ultimi anni siano state svolte diverse ricerche finalizzate a capire il futuro dei nostri monti in funzione dei cambiamenti climatici e, nello specifico, in relazione all’impatto sulle risorse naturali locali – come l’acqua – impiegate per l’innevamento artificiale.

Così nel 2009, ad esempio, è stato analizzato il bilancio idrico regionale della grande regione di Kitzbueheler nelle Alpi austriache al fine di monitorare il fabbisogno idrico tenendo conto, da un lato, che, con l’aumento delle temperature, si ha una contrazione del manto nevoso naturale e, dall’altro, considerando il fatto che potranno subire variazioni le risorse idriche disponibili (falde e superficiali). Dalla raccolta dei dati, il loro studio ha evidenziato la necessità di accumulo di invasi per l’innevamento di base a livello regionale.

Tra i Paesi ricchi di stazioni sciistiche si annovera sicuramente la Svizzera. Non è quindi un caso che alcuni ricercatori dell’Università di Basilea stiano svolgendo ricerche sull’innevamento tecnico e sui consumi correlati – in questo caso dell’acqua – sino al 2100. Il titolo della notizia pubblicata, in relazione al paper, sul sito dell’Università è abbastanza eloquente: “Sciare durante le vacanze di Natale non è più garantito, nemmeno con gli sparaneve”. Studiando le simulazioni delle condizioni meteorologiche dei prossimi anni, secondo i ricercatori emerge un dato: sarà sempre più difficile garantire stagioni sciistiche lunghe come quelle conosciute oggi.

Come spiegato da Erika Hiltbrunner, una dei coautori della pubblicazione, per l’innevamento sono necessarie determinate condizioni meteorologiche: la temperatura e l’umidità sono elementi fondamentali affinché l’acqua spruzzata ricada al suolo sotto forma di neve. Nell’impianto preso in esame dal lavoro svizzero emerge anche un altro dato rilevante: in ogni caso, per poter garantire il manto nevoso, si andrà progressivamente consumando una quantità sempre maggiore d’acqua (e parliamo di milioni di litri l’anno).

Esaminando le proiezioni future, i ricercatori sottolineano inoltre come, sulla base dei dati attualmente in nostro possesso relativi ai cambiamenti climatici, nel corso di pochi decenni, le riserve idriche – sempre più scarse – potranno causare situazioni di conflitto legate alla gestione dell’acqua, oggi utilizzata anche dagli impianti idroelettrici – come sottolineato dalla dott.ssa Maria Vorkauf, autrice principale dello studio.

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A Pechino 2022 sperimentate tecnologie per rendere emissioni nette zero le Olimpiadi invernali

I problemi connessi all’impatto ambientale degli impianti sono noti e da tempo si cerca di capire come minimizzarli attraverso tecnologie, materiali e buone pratiche che consentano di ridurre l’impatto a partire dall’uso dell’acqua e dell’energia e studiando anche il rapporto delle strutture con flora e fauna locali. In tale ottica si studia come alimentare le strutture utilizzando fonti rinnovabili, ma anche quali pratiche di riuso e riciclo delle acque impiegate dagli sparaneve siano attuabili al fine di recuperare il prezioso oro blu. Un esempio è venuto dalle recenti olimpiadi in Cina.

I giochi invernali di Pechino si ponevano, tra l’altro, l’obiettivo di essere “inclusivi, aperti e puliti” garantendo la neutralità delle emissioni, come richiesto dal CIO. A riguardo l’organizzazione delle Olimpiadi aveva previsto il ricorso alle fonti rinnovabili per alimentare tutti gli impianti, ma non solo: per ridurre l’impatto ambientale legato all’innevamento artificiale, furono introdotti sofisticati sistemi di refrigerazione a CO2 naturale – alimentati inoltre anch’essi da energia pulita – con l’obiettivo di ridurre notevolmente le emissioni di carbonio connesse ai processi di raffreddamento dell’acqua, limitando inoltre i consumi energetici. A ciò si è aggiunto un sistema per recuperare l’acqua disciolta dalla neve artificiale convogliandola in serbatoi locali. Nonostante i proclami e l’impegno, le polemiche non sono comunque mancate…

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