Il round finale è vicino: dal 25 novembre all’1 dicembre a Busan, in Corea del Sud, si terranno i negoziati ONU per definire un Trattato globale sulla plastica. È l’occasione più preziosa per giungere a un accordo globale, che riguarda i quasi 200 Paesi aderenti alle Nazioni Unite, che possa vincolarli legalmente e “costringerli” ad affrontare l’inquinamento della plastica, uno dei più gravi problemi ambientali del nostro tempo.
Se è vero che si fa sempre più concreta l’ipotesi di uno slittamento della scadenza di fine 2024 (come abbiamo raccontato qui) è evidente che l’ostacolo più grosso è rappresentato dalla produzione in sé della plastica, in particolare nella forma del monouso, secondo uno dei cardini dell’economia lineare che si fa così fatica a scardinare. D’altra parte, come ricorda Greenpeace, oltre il 99% della plastica è ricavato da idrocarburi come petrolio e gas, e il vertiginoso aumento nella produzione contribuisce in maniera significativa alla crisi climatica.
Che fare allora? Un contributo importante arriva dal rapporto dell’OCSE Policy Scenarios for Eliminating Plastic Pollution entro il 2040, che valuta le implicazioni ambientali ed economiche delle strategie per ridurre e infine porre fine all’inquinamento da plastica. Da tempo l’OCSE, cioè l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, ha scelto di impegnarsi in prima linea nella lotta all’inquinamento da plastica. Un impegno ancor più importante se si considera che l’OCSE è un forum politico globale che promuove le politiche per preservare la libertà individuale e migliorare il benessere economico e sociale delle persone in tutto il mondo. Insomma: meno dispersione della plastica vuol dire benessere per chiunque.
Le politiche globali globali che affrontano l’intero ciclo di vita della plastica possono ridurre le perdite di plastica nell’ambiente del 96% entro il 2040, spiega il rapporto OCSE, a patto di utilizzare un mix di politiche: dal miglioramento della gestione e del riciclaggio dei rifiuti di plastica, al contenimento dell’uso della plastica e dei rifiuti. In questo modo tutti i Paesi, dai più ricchi ai più poveri, possono ottenere significativi benefici ambientali e risparmi economici a breve e medio termine.
È davvero così facile?
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Primo passo: ridurre la produzione e la domanda di plastica
“La nostra analisi mostra che le politiche ambiziose in tutto il ciclo di vita della plastica, se implementate a livello globale, potrebbero quasi eliminare l’inquinamento da plastica entro il 2040”, ha dichiarato Jo Tyndall, direttore dell’OCSE. “Questo approccio non solo migliora la raccolta, il trattamento e il riciclaggio dei rifiuti, ma riduce anche la produzione e la domanda di plastica e promuove la progettazione circolare”. Il punto sollevato da Tyndall è centrale: solo l’economia circolare può rimediare ai disastri creati dall’economia lineare, dall’ansia di crescita a tutti i costi e dal consumismo sfrenato.
“Senza politiche più forti – si legge nel rapporto OCSE – la produzione e l’uso della plastica sono destinati ad aumentare del 70%, passando da 435 milioni di tonnellate (Mt) nel 2020 a 736 Mt nel 2040, con solo il 6% delle materie plastiche provenienti da fonti riciclate. Parallelamente, i rifiuti di plastica mal gestiti, cioè le plastiche che alla fine della vita vengono scaricate, smaltite o disseminate in maniera inadeguata, aumenteranno del 50% (da 81 Mt all’anno nel 2020 a 119 Mt all’anno nel 2040). La perdita di plastica mal gestita nell’ambiente, compreso il rilascio in fiumi, oceani e terra, aumenterà del 40%”.
Non saranno le soluzioni parziali per l’inquinamento delle materie plastiche a risolvere il problema. “Concentrarsi esclusivamente sulla gestione dei rifiuti senza ridurre la produzione e la domanda ridurrebbe le perdite di plastica per l’ambiente solo del 55% rispetto alle attività abituali entro il 2040 – sostiene ancora l’OCSE – Se i rifiuti di plastica sono gestiti meglio ma senza politiche dedicate per ridurre i volumi di rifiuti, i costi per farlo aumenteranno significativamente, rendendo progressivamente più difficile per i Paesi eliminare le perdite di plastica. Allo stesso modo, le politiche con una copertura geografica parziale o con un rigore limitato non riuscirebbero a ridurre l’uso, i rifiuti e le perdite di plastica al di sotto dei livelli del 2020”.
Le proiezioni dell’OCSE indicano che le politiche mirate a tutte le fasi del ciclo di vita, pur con un piccolo calo (0,5%) del PIL globale, sono più efficienti in termini di costi rispetto alle strategie incentrate esclusivamente sulla gestione dei rifiuti. Quest’ultima ipotesi, infatti, porterebbe a una perdita di PIL ancora maggiore dello 0,8% entro il 2040. I Paesi in via di sviluppo e quelli con sistemi di gestione dei rifiuti meno avanzati, in particolare quelli dell’Africa subsahariana, dovrebbero affrontare maggiori costi macroeconomici. E proprio per questo dovrebbero essere supportati dai Paesi più ricchi. Ancora una volta, dunque, non si possono affrontare le questioni ambientali più urgenti del nostro tempo senza risolvere alla radice disuguaglianze e iniquità.
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I costi diretti e indiretti della plastica
In uno scenario business-as-usual, si prevede che le esigenze di investimento globale per la gestione dei rifiuti di plastica raggiungeranno 2,1 trilioni di dollari tra il 2020 e il 2040. Le politiche che affrontano l’intero ciclo di vita della plastica limiterebbero ulteriori investimenti nelle infrastrutture di gestione dei rifiuti – oltre al solito business as usual – a 50 miliardi di dollari tra il 2020 e il 2040. Se i Paesi cercano di eliminare le perdite di plastica concentrandosi solo sulla gestione dei rifiuti, i costi saranno più elevati sul lungo raggio. In tale scenario, fa notare infatti il rapporto, tra il 2020 e il 2040 sarebbero necessari ulteriori 300 miliardi di dollari in aggiunta agli investimenti business-as-usual.
L’ambioso azione politica globale attraverso il ciclo di vita della plastica (per frenare la produzione e la domanda, la progettazione della circolarità, migliorare i percorsi di riciclaggio e rilocalizzazione) può invece disaccoppiare la crescita economica dall’uso della plastica, quadruplicare il tasso di riciclaggio globale medio (dal 9,5% nel 2020 al 42% nel 2040) e quasi porre fine alla perdita di rifiuti di plastica all’ambiente (riduzione del 95% dal business as usual) entro il 2040.
Per sostenere un approccio all’intero ciclo di vita, la relazione dell’OCSE richiede politiche quali le tasse sulla plastica e sugli imballaggi, i criteri di progettazione ecocompatibile e la definizione di standard di prodotto, il divieto di determinate materie plastiche monouso e sistemi di responsabilità estesa del produttore per imballaggi durevoli e riutilizzabili.
Il rapporto riconosce inoltre che saranno necessari ulteriori interventi per affrontare in modo completo altri aspetti dell’inquinamento da plastica, come mitigare i rischi legati all’inquinamento da microplastica e alle sostanze chimiche correlate, nonché alle emissioni di gas serra legate alla plastica e all’inquinamento atmosferico.
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