A pochi giorni dalle elezioni per il rinnovo dell’Europarlamento, il diritto alla riparazione è legge nell’Unione Europea. Il Consiglio europeo ha adottato ieri, giovedì 30 maggio, la direttiva che promuove la riparazione dei beni rotti o difettosi, nota anche come direttiva sul rigt to repair. Un provvedimento che, dopo il Regolamento Ecodesign varato in via definitiva qualche giorno fa, aggiunge un nuovo importante tassello alle strategie di prevenzione dei rifiuti e di allungamento della vita dei prodotti.
Cosa prevede la direttiva sul diritto alla riparazione
“Se non puoi aprirlo non è realmente tuo” dicono gli attivisti che con le loro campagne globali ed europee sul right to repair hanno favorito l’adozione di questo nuovo strumento legislative. Strumento che ora attende la pubblicazione in Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea e successivamente il recepimento da parte dei singoli Paesi membri dell’Unione entro 24 mesi dall’entrata in vigore: vale a dire dopo 20 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale Europea, prevista a breve dopo la firma della presidente del Parlamento europeo e del presidente del Consiglio.
Ma cosa cambia con la piena operatività della direttiva sul diritto alla riparazione? Per i consumatori la riparazione di un device rotto non sarà soltanto un’ipotesi eccezionale: la potranno chiedere in luogo della sostituzione e avverrà a un prezzo più accessibile, con procedure semplici e rapide, con una maggiore trasparenza sui prezzi dei ricambi originali e un’apertura verso l’uso di ricambi compatibili.
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La campagna per introdurre gli incentivi in Italia
Altro focus di attenzione è rivolto alle pratiche anti-riparazione messe in campo dalle case produttrici, d’ora in poi disincentivate, e alla possibilità di introdurre bonus per la riparazione, come già avviene in Paesi come l’Austria, la Francia e la Germania. Su questo punto è già partita nel nostro Paese una mobilitazione per chiedere l’introduzione di incentivi ai cittadini che scelgono la via della riparazione: Zero Waste Italia, insieme a Right to Repair, Reware e a un vasto cartello di associazioni, ha organizzato due incontri a Roma e a Milano, rispettivamente il 20 e il 25 maggio per sollecitare l’adozione di una legge che “mira a favorire la transizione ecologica e l’economia circolare, creando nuove opportunità professionali nel settore della riparazione e del riuso (i “riparatori”), nuovi posti di lavoro, occasione sociale di inclusione di soggetti vulnerabili e buone pratiche a tutti gli effetti in grado di ridurre la produzione di scarti e rifiuti”.
“Tutti i soggetti economici ne escono vincenti, così come l’ambiente” afferma nella nota che annuncia l’ok finale alla direttiva Alexia Bertrand, sottosegretaria di Stato belga per il Bilancio e la tutela dei consumatori, riferendosi anche al fatto che si cercherà – anche tramite il suggerimento della possibilità di introdurre sgravi e incentivi contenuto nel testo – di creare un’economia virtuosa dando sostegno agli operatori del settore.
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Gli incentivi e la piattaforma Ue
La direttiva sul diritto alla riparazione, come già anticipato da EconomiaCircolare.com, introduce una serie di strumenti e incentivi che hanno lo scopo di rendere la riparazione più allettante per i consumatori. Ad esempio, l’obbligo per i fabbricanti di riparare i prodotti tecnicamente riparabili secondo il diritto dell’UE; la disponibilità di un modulo di riparazione volontaria con informazioni chiare sul processo di riparazione (tempi, costi, ecc.); una piattaforma europea online in cui i consumatori potranno facilmente reperire i servizi di riparazione e la proroga della garanzia legale di 12 mesi se i consumatori opteranno per la riparazione anziché la sostituzione.
L’elenco dei prodotti riparabili potrà essere ampliato in futuro: ogni volta che la Commissione introdurrà nuovi requisiti di riparabilità per determinati prodotti, questi saranno aggiunti alla direttiva sul diritto alla riparazione. Per ora però, gli attivisti del movimento per il diritto alla riparazione lamentano che la lista dei beni “coperti” dal nuovo assetto normativo è troppo esigua: elettrodomestici, server e poco altro.
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