Tra le conseguenze più deleterie della guerra in Ucraina, alla stessa stregua di ogni conflitto bellico, c’è anche l’annientamento delle possibilità alternative. La guerra, infatti, preclude ogni altra ipotesi, perché lo scopo è di autoalimentarsi, estendersi, diventare parte integrante del modello di sviluppo che l’ha generata.
Così nel dibattito pubblico, dopo lo shock iniziale della “prima guerra nel cuore dell’Europa dopo la seconda guerra mondiale” (dimenticando, volutamente, la Jugoslavia lacerata degli anni ’90), il conflitto innescato dalla Russia e da Vladimir Putin è diventato ormai lo sfondo di un’ossessione per la geopolitica che, inevitabilmente, sta segnando gli equilibri attuali del Pianeta e segnerà ulteriormente nuovi scenari a livello globale. In questo racconto mutevole e precario, che ogni giorno si riaggiorna e costituito principalmente di sanzioni, strategie energetiche, posizionamenti della Cina e degli Usa, si è fatta strada una certezza: questa guerra non sarà breve.
Ma è davvero così? Davvero l’unico orizzonte sul quale elaborare prospettive di medio e lungo periodo è l’ineluttabilità di questo conflitto? Noi non lo crediamo. E allo stesso tempo siamo convinti e convinti che la pace, diventata un’eco sempre più lontana, non abbia un’unica strada da percorrere. La “pace armata”, realizzata con la continua fornitura di armi all’Ucraina da parte dell’Occidente, se non è un ossimoro ha comunque bloccato ogni altro tentativo di dialogo tra le parti.
Ecco da dove nasce il senso di questa rubrica, condotta in primis dal ricercatore Emanuele Profumi e condivisa dalla redazione, pur nell’inevitabile differenza di vedute. Ai lettori e alle lettrici che magari faticano a trovare un nesso diretto con l’economia circolare, noi rispondiamo con l’idea, alta e altra, che abbiamo palesato in questi (quasi) due anni dell’economia circolare: non soltanto un modo per rendere i rifiuti risorse, non soltanto un’attenzione maggiore alla sostenibilità, ma un diverso modo di intendere la propria esistenza sul pianeta, meno antropocentrica e più sensibile a ogni forma di vita. Perché un altro mondo non è solo possibile ma ora più che mai è necessario.
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