C’è un problema di trasparenza (e di responsabilità) dietro alla (apparente) convenienza economica degli imballaggi monouso per il takeaway rispetto a quelli riutilizzabili. Lo sostengono Eunomia Research & Consulting e Zero Waste Europe alla luce di un nuovo report pubblicato oggi e intitolato “Facilitating the Adoption of Takeaway Reuse Systems”. “È tempo di livellare il campo di gioco attraverso un intervento politico per sbloccare il pieno potenziale del riutilizzo” afferma Larissa Copello, Packaging & Reuse Policy Officer di Zero Waste Europe.
Due i focus del lavoro. Il primo, analizzare i costi associati a sei diversi formati di sistemi di imballaggio da asporto monouso a confronto con quelli riutilizzabili, partendo da due casi di studio cittadini: Aarhus (Danimarca) e Berlino. Il secondo capire quali strumenti politici potrebbero favorire un’adozione più elevata dei sistemi di riutilizzo degli imballaggi da parte del mercato.
Vale la pena ricordare che il Regolamento sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio (PPWR) adottato in Europa prevede che i distributori finali di cibi e bevande da asporto saranno tenuti a offrire ai consumatori la possibilità di scegliere tra un imballaggio riutilizzabile e uno monouso. A partire dal 2030, i distributori finali si impegnino a offrire il 10% dei prodotti alimentari e delle bevande da asporto in imballaggi riutilizzabili. Tuttavia, poiché il requisito è solo “impegnarsi” a farlo, non si tratta di un obiettivo vincolante. Il PPWR afferma inoltre che incentivare i venditori di alimenti e bevande a fornire imballaggi riutilizzabili è un mezzo per contribuire al raggiungimento degli obiettivi di riduzione degli imballaggi dell’UE (agli Stati membri viene richiesto di ridurre il volume dei rifiuti di imballaggio pro capite del 5% entro il 2030, del 10% entro il 2035 e del 15% entro il 2040, sulla base dei livelli del 2018).
I principali risultati dello studio:
- Gli imballaggi monouso sono più economici perché alcuni costi (come la gestione del littering e le emissioni climalteranti) sono nascosti e vengono scaricati sulla società;
- Sono necessarie una serie di misure politiche, a partire da quelle fiscali, per livellare la competizione tra monouso e riutilizzabile;
- LE misure fiscali, come dimostra il caso della Germania, non sono però sufficienti a far decollare l’uso degli imballaggi riutilizzabili.
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Metodologia
Il lavoro confronta i costi di formati equivalenti di imballaggi monouso (sia di carta che di plastica) e riutilizzabili:
- ciotole
- scatole per pizza
- scatole per hamburger
- scatole per sushi
- bicchieri per bevande calde
- bicchieri per bevande fredde
Poiché i risultati di questi confronti dipendono da alcune ipotesi di costo fondamentali, lo studio esamina anche la variazione dei risultati al variare dei valori scelti (sensitività).
La stima dei costi
In uno stato di funzionamento stabile con una penetrazione di mercato pari a circa l’85% (quello che il rapporto chiama “scenario evoluto”) ma senza misure di politica fiscale di supporto, un sistema di imballaggio per il riutilizzo dovrebbe costare ai venditori di cibo da asporto, e quindi ai consumatori, più dell’opzione monouso. La differenza di costo netto varia a seconda del formato: “Alcuni formati più facili da lavare e da trasportare (come i bicchieri) sono quasi neutrali rispetto all’opzione del riutilizzo, mentre altri (come le scatole per la pizza) costano molto di più.”
Al netto di questo, spiegano ancora ZWE ed Eunomia, i piccoli venditori in città come Aarhus e Berlino “potrebbero vedere un risparmio sui costi delle tazze per bevande da asporto e dei formati per la ristorazione”. A differenza delle grandi aziende che potrebbero invece “dover affrontare costi più elevati a causa delle economie di scala che favoriscono gli imballaggi monouso”.
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“Benefici maggiori dei costi”
Ma l’aspetto forse più interessante riguarda i costi nascosti (quelli che le imprese non pagano e di fatto scaricano sulla società). “Se gli imballaggi monouso sembrano più economici, è perché ci sono costi nascosti, come quelli legati alla pulizia dai rifiuti abbandonati e all’impatto sulle emissioni di carbonio”. (ad esempio, secondo il rapporto, il passaggio a sistemi riutilizzabili può ridurre le emissioni di gas serra legate agli imballaggi monouso per takeaway “il fino al 54% ad Aarhus e al 34% a Berlino”).
Se si attribuiscono agli imballaggi monouso queste spese che oggi sostiene la società, “poiché i costi esterni degli imballaggi monouso sono maggiori dei maggiori costi che i venditori devono sostenere per passare a un sistema di imballaggio per il riutilizzo, i benefici per la società nel suo complesso derivanti da questo passaggio sono superiori all’aumento dei costi per i venditori”, affermano ZWE e Eunomia.
“Dobbiamo creare condizioni di parità con le alternative monouso”, commenta Fernando Rodríguez-Mata, direttore generale della New European Reuse Alliance: “Ciò inizia con il riconoscere i costi nascosti ed esternalizzati di queste ultime, spesso ignorati dai politici e dalle autorità pubbliche. Poi, dobbiamo applicare adeguatamente il principio ‘chi inquina paga’, rendendo i produttori responsabili di sostenere i costi totali del fine vita degli imballaggi che immettono sul mercato”.
Proprio a causa dei costi bassissimi degli imballaggi usa e getta, legati alle esternalità scaricate sulla società, i sistemi di riutilizzo “sono tutti in una fase relativamente iniziale di scalabilità all’interno dei loro mercati”, ricorda Andy Grant, direttore tecnico di Eunomia. D’altra parte non c’è ancora “un chiaro insieme di interventi politici e circostanze economiche che faciliteranno questo cambiamento” dall’usa e getta al riutilizzo. Sono essenziali quindi misure per riequilibrare la partita.
Le misure per cambiare: Responsabilità estesa del produttore (EPR) e tassazione
Per uniformare le regole di gioco, questi costi esterni devono essere presi in considerazione e “le autorità pubbliche dovrebbero attuare misure fiscali per creare una concorrenza leale con le controparti monouso”, afferma la ricerca. In che modo? Utilizzando strumenti fiscali come tasse, imposte o tariffe adeguate per la responsabilità estesa del produttore (EPR) per “modificare i costi degli imballaggi monouso in modo da internalizzare le esternalità attuali creando così condizioni di maggiore parità per gli imballaggi riutilizzabili che possono competere con gli imballaggi monouso”.
“Nessuno può mettere in dubbio che i sistemi di riutilizzo degli imballaggi da asporto siano necessari per affrontare la crisi dei rifiuti. Ma senza una seria dimensione di scale e un quadro di riferimento solido, non si può fare. È tempo di livellare il campo di gioco attraverso un intervento politico per sbloccare il pieno potenziale del riutilizzo” afferma Larissa Copello, packaging & reuse policy officer di Zero Waste Europe.
Il caso Germania, la necessità di andare oltre la tassazione
Lo studio ricorda come la Germania abbia adottato misure di politica fiscale (contributo EPR) sugli imballaggi monouso. Ma Eunomia a Zero Waste Europe sottolineano che “sebbene sia stato dimostrato che le tariffe EPR in Germania potrebbero comportare costi inferiori per i sistemi di imballaggio per il riutilizzo rispetto a quelli monouso, i sistemi di riutilizzo non hanno ancora raggiunto livelli elevati di penetrazione nel mercato”. Questo, ragionano gli autori della ricerca, “forse indica che l’impatto di questo tipo di interventi fiscali sui costi dei venditori è di per sé insufficiente a favorire un’elevata penetrazione sul mercato dei sistemi di imballaggio per il riutilizzo”.
Ecco perché, oltre all’intervento fiscale, il rapporto delinea una serie di misure complementari che possono incoraggiare cambiamenti graduali. Tra cui:
- la scelta del riutilizzo come opzione predefinita per gli imballaggi nei negozi;
- la definizione di obiettivi significativi per il riutilizzo;
- l’istituzione di un divieto assoluto sugli imballaggi monouso.
Qualche dettaglio.
Per ottimizzare le prestazioni dei sistemi di imballaggio per il riutilizzo e per garantire che siano efficienti e comodi da usare, sia per i venditori da asporto che per i consumatori, Euonomia e ZWE chiedono alla politica di definire obiettivi minimi di sistema, come:
- tassi minimi di restituzione e rotazione;
- requisiti minimi sulla copertura dei punti di raccolta;
- livelli minimi e massimi di cauzione;
- l’obbligo che i fondi provenienti da depositi non rimborsati rimangano all’interno del sistema di imballaggio per il riutilizzo;
- garanzie sulla sicurezza igienica del sistema.
Questi obiettivi inizialmente non dovrebbero essere vincolanti: “In un primo momento […] e mentre la penetrazione del mercato è relativamente bassa, pari a circa il 20% (quello che il rapporto definisce uno “scenario in evoluzione”), tali obiettivi dovrebbero essere concordati tra governi e industria su base volontaria”.
Le misure fiscali rappresentano però un’eccezione. Sarebbero infatti “necessarie nelle fasi iniziali di un sistema di riutilizzo degli imballaggi”. Man mano che i sistemi si sviluppano e raggiungono una maggiore penetrazione sul mercato, “diventerebbe opportuno fissare gli obiettivi nella legislazione come standard e requisiti minimi”. Successivamente, “se e solo se gli obiettivi non saranno raggiunti, potrebbe essere necessario introdurre misure che vietino l’immissione sul mercato di imballaggi monouso da asporto”.
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