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venerdì, Novembre 15, 2024

Gli attivisti per il clima alla preCop: chi sono e che cosa chiedono

Le ragazze e i ragazzi che a Milano hanno discusso, si sono confrontati, hanno manifestato per il clima e contro lo stallo delle politiche hanno mostrato diverse anime. Dai giovani dentro i palazzi della preCop, i 400 delegati dello Youth4Climate selezionati dall’Onu e dal governo italiano, ai comitati, le associazioni, i movimenti studenteschi e tanti collettivi nelle strade. Questi ultimi di fatto ignorati dai governi e dai media mainstream, ma che hanno anche loro presentato le loro proposte

Madi Ferrucci
Madi Ferrucci
Nata in provincia di Pisa il 26 giugno 1991. Laureata in Filosofia e diplomata alla scuola di Giornalismo della Fondazione Basso di Roma. Assieme a due colleghi ha vinto il Premio Morrione 2018 e il Premio Colombe d'Oro per la Pace 2019 con un’inchiesta internazionale sulla fabbrica di armi RWM in Sardegna. Ha lavorato a The Post Internazionale nella sezione news e inchieste. Collabora con Economiacircolare.com, il Manifesto e altre testate nazionali. Fa parte del collettivo di giornalisti freelance “Centro di giornalismo permanente".

Nelle giornate della preCOP di Milano si è parlato molto dei “giovani” per il clima. Sui principali quotidiani li hanno definiti “giovani ambientalisti”, “ragazzi” e talvolta “attivisti”: li si è spesso ritratti come una massa informe, e talvolta si è fatta confusione tra le giovani e i giovani delegati presenti nel palazzo della pre-Cop26 e quelli che protestavano all’esterno.

In effetti, l’intreccio delle diverse anime del mondo dei “giovani ambientalisti”, è complesso e variegato. Sicuramente i giovani dentro i palazzi della preCop erano molto diversi da quelli all’esterno che in questi giorni hanno protestato nelle strade di Milano, con cortei, manifestazioni, blocchi stradali e sit-in.

Nelle sale di vetro del MiCo (il Milano convention center) c’era il mondo ambientalista, i comitati, le associazioni, i movimenti studenteschi e tanti collettivi che sono stati di fatto ignorati dai governi e dai media mainstream. Molti “giovani”, ma non solo, accomunati dalle lotte al fianco dei territori.

Nel palazzo

All’interno del palazzo si trovavano i 400 delegati dello Youth4Climate, i giovani selezionati dall’Onu e dal governo italiano per produrre un documento da portare alla Conferenza per il clima di Glasgow. Tra loro profili estremamente diversi: dall’influencer, all’imprenditore, allo specialista del marketing neolaureato.

Questa compagine “ufficiale”, pensata per lavorare e fare proposte senza produrre strappi, ha però evidenziato fin da subito una spaccatura al sui interno. Durante i tavoli di discussione sui temi più svariati – dal cibo alla moda all’arte – parte dei delegati ha preteso un tavolo sull’energia fossile svolgendo una discussione non autorizzata sul tema.

La leader di Fridays for future Greta Thunberg e l’attivista ugandese Vanessa Nakate hanno saputo inserirsi in questa frattura e durante la plenaria dello Youth4Climate dello scorso 29 settembre hanno suggerito di non piegarsi alla logica dei “blablabla” e del greenwashing. I delegati hanno risposto con applausi fragorosi.

Il secondo giorno le cose non sono andate meglio. L’intento di organizzare un gruppo di rispettabili giovani da presentare alla preCop è fallito di nuovo: una delegazione internazionale che si trovava al MiCo, il Milano convention center, ha iniziato a intonare cori contro il greenwashing ed è stata gentilmente scortata fuori dall’edificio. Greta Thunberg, che nel frattempo era in prefettura per incontrare il presidente del Consiglio Mario Draghi, li ha raggiunti e in solidarietà con i “delegati ribelli” si è rifiutata di parlare con i giornalisti.

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E fuori

Tutto questo dentro il palazzo. Ma nel frattempo che cosa è accaduto fuori? All’esterno delle sale di vetro del MiCo c’era il mondo ambientalista, i comitati, le associazioni, i movimenti studenteschi e tanti collettivi che sono stati di fatto ignorati dai governi e dai media mainstream. Molti “giovani”, ma non solo, accomunati dalle lotte al fianco dei territori.

Più agguerriti e radicali, variegati e in parte divisi, si sono organizzati in due piattaforme: la Climate Open Platform e la Climate Justice Platform.

Climate Open Platform

Della prima sono entrate a far parte oltre 130 organizzazioni tra cui, per citarne alcune: Fridays for future, Greenpeace Italia, Legambiente, Wwf, A Sud, Associazione Terra!, Mani Tese, Per il clima, fuori dal fossile!, ActionAid, ARCI, ISDE, Fondazione Finanza Etica, Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, WWF, Unione degli Studenti, Unione degli universitari, Link – Coordinamento universitario, Libera, Cgil.

Climate Justice Platform

Nella seconda invece sono confluiti altri gruppi di Fridays locali, Adl Cobas, A Sud, Extinction Rebellion, Movimento NoTav, e molti centri e spazi sociali che si sono riuniti in un “Climate Camp” a Milano tenendo dibattiti e discussioni sulla giustizia climatica. La piattaforma si è espressa nello spazio politico Rise UP 4 Climate Justice, che nei giorni della preCop ha portato avanti azioni e blocchi nelle strade, di fronte alle banche e alle istituzioni.

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La dichiarazione per il futuro

La Climate Open Platform si è incontrata dal 28 al 1° ottobre in tutta Milano per lavorare a un documento noto come “La dichiarazione per il futuro”. Un estratto è stato consegnato lo scorso 30 settembre nell’incontro in prefettura tra il presidente Draghi da Greta Thunberg, Vanessa Nakate e l’attivista Martina Comparelli di Fridays for future Italia.

Un testo ricco che spazia su diversi temi: dai diritti umani al lavoro passando per la finanza, l’energia, le risorse e l’agricoltura.

Sul fronte energia hanno chiesto ai leader della preCop il passaggio “da un sistema energetico basato su grandi impianti alimentati da fonti energetiche fossili a un sistema decentrato basato su efficienza energetica e fonti energetiche rinnovabili, da un sistema produttivo lineare ed estrattivo ad uno circolare e rigenerativo”. In particolare, il documento chiede l’uscita del nostro Paese dalle fonti fossili a partire dal phase out del carbone entro il 2025, senza la realizzazione di nuove centrali a gas, e con investimenti nelle rinnovabili e nei sistemi di accumulo di piccola e grande scala. E poi incentivi agli impianti più piccoli, diffusi su tetti e territori, e organizzati in comunità energetiche e no all’idrogeno blu ottenuto con fonti fossili. E poi richieste sulla finanza sostenibile e sulla creazione di una carbon tax globale e una tassa sulle transizioni finanziarie degli speculatori del fossile.

Infine, sul fronte dei diritti umani si è chiesto il riconoscimento del diritto umano al clima nel diritto internazionale, presupposto del rispetto di tutti gli altri diritti fondamentali. E poi una legge contro le delocalizzazioni verso Paesi con minori tutele ambientali, e una lunga riflessione sulla città, i trasporti e un nuovo sistema di agricoltura.

Giovani sì ma complessi, multiformi e non certo “senza proposte”, come invece ha lasciato intendere il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani.

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