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domenica, Dicembre 15, 2024

I principi di Zero Waste Europe per un riciclo chimico più sostenibile

Zero Waste Europe ha firmato un documento che definisce la sua posizione sulle chemical recycling technologies delle plastiche: un catalogo di principi per prendere consapevolezza sulla spinosa questione del riciclo chimico come soluzione sostenibile, secondo la gerarchia dei rifiuti

Simone Fant
Simone Fant
Simone Fant è giornalista professionista. Ha lavorato per Sky Sport, Mediaset e AIPS (Association internationale de la presse sportive). Si occupa di economia circolare e ambiente collaborando con Economia Circolare.com, Materia Rinnovabile e Life Gate.

“Il riciclo chimico è adatto solo per quei casi in cui i rifiuti di plastica sono troppo degradati, contaminati e complessi per essere riciclati meccanicamente”, così scriveva Zero Waste Europe in un recente report. Ora, insieme ad altre 16 organizzazioni europee,  ZWE ha firmato un documento – in collaborazione con le organizzazioni ECOS e Deutsche Umwelthilfe – che definisce la sua posizione sulle tecnologie di riciclo chimico delle plastiche. Una sorta di catalogo di principi che la società civile dovrebbe leggere con attenzione se vuole prendere una posizione informata sulla spinosa questione del riciclo chimico come soluzione sostenibile.

Cosa sappiamo del riciclo chimico

A quanto riporta il documento, le cosiddette chemical recycling technologies sono state promosse come sostenibili e rispettose dell’ambiente, perché possono contribuire a ridurre gli impatti ambientali e climatici causati dalla plastica. “Tuttavia, – si legge – vi è una significativa mancanza di conoscenza dell’impatto complessivo del ciclo di vita del riciclo o delle sostanze chimiche sull’ambiente. Ci sono indicazioni che queste tecnologie funzionano solo in condizioni molto specifiche e ristrette, inoltre consumano energia, acqua e che contribuiscono all’inquinamento ambientale“. Di queste condizioni specifiche ammonisce anche Lauriane Veillard, responsabile delle politiche per il riciclo dei prodotti chimici e la plastica di Zero Waste Europe: “Bisogna stare attenti a non cadere nelle insidie ​​che ostacolano il passaggio a una vera economia circolare. Dovremmo adottare un approccio precauzionale a queste nuove tecnologie e impegnarci veramente con soluzioni reali come il riutilizzo, la riduzione e, soprattutto, la prevenzione”.

Su Economiacircoalre.com avevamo scritto di come il riciclo meccanico, da solo, non sia sufficiente per raggiungere i target posti dalla Commissione europea all’industria delle materie plastiche. Ecco perché si potrebbe utilizzare la soluzione del chimico laddove il meccanico non vi arrivi: per esempio per le plastiche troppo degradate e contaminate, il cui incenerimento non si allinea alla direttiva End of Waste che per le materie plastiche deve essere ancora definita. Il documento sottoscritto da Zero Waste e le altre organizzazioni ribadisce l’importanza dell’ecodesign, la riduzione e le soluzioni di riutilizzo per attuare una transizione davvero circolare. Promuove inoltre tecnologie di riciclo che preservino il valore e l’energia incorporate nelle plastiche, a scapito di quelle che generano più emissioni di quante ne evitino.

Leggi anche: Che cos’è il riciclo chimico e perché interessa all’industria delle plastiche

I sei principi per uso consapevole del riciclo chimico

Tra i sei principi proposti si parte dal design: “I prodotti devono essere progettati tenendo conto dell’intero ciclo di vita, consentendo la riduzione e il riutilizzo del materiale plastico, e quindi consentirne  la riciclabilità meccanica. Il riciclo o recupero di sostanze chimiche non sono scuse per non farlo”.

Inoltre le tecnologie di riciclo chimico – le cui valutazioni sull’impatto ambientale non sono ancora chiare – dovrebbero essere classificate al di sotto del riciclo meccanico nella gerarchia dei rifiuti e la materia prima interessata dovrebbe essere limitata a quei rifiuti di plastica durevoli degradati che non possono essere riciclati meccanicamente. In pratica la gerarchia sul trattamento dei rifiuti dà priorità al riciclo meccanico, considerando la soluzione chimica come una sorta di paracadute per evitare l’incenerimento.

Un altro argomento controverso è quello mass balance approach, una sorta di metodo contabile utilizzato nel riciclo chimico che permette di allocare a un determinato prodotto un contenuto di materiale riciclato o bio-based, indipendentemente dal fatto che il prodotto finito contenga o meno il medesimo contenuto. Proprio in questo punto Zero Waste Europe puntualizza che una volta mischiato con plastica vergine, l’output dovrebbe contenere una quantità verificabile di contenuto riciclato, consentendo la tracciabilità del reale contenuto riciclato ed evitare fenomeni di greenwashing.

“Per essere classificate come riciclo chimico, le tecnologie (perché ce ne sono diverse a seconda del tipo di plastica) dovrebbero essere in grado di convertire almeno l’80% del contenuto di carbonio dei rifiuti di plastica in nuovi prodotti”. Insomma deve avere un’efficienza che giustifichi l’energia consumata e gli impatti ambientali.

Per gli ultimi due principi il documento cita il diritto a vivere in un ambiente privo di sostanze tossiche: “Il riciclo chimico deve essere in grado di generare prodotti, sottoprodotti e rifiuti sicuri, non tossici e decontaminati, seguendo sempre i principi di giustizia sociale, economica e ambientale”.

Non rientra nei principi, ma Zero Waste Europe lo aveva già citato nel suo paper, il divieto convertire le materie plastiche in combustibili attraverso un processo di depolimerizzazione termica. Soluzione che l’American Chemistry Council, consorzio legato all’industria fossile, considera parte del riciclo chimico, ma che ZWP sconsiglia fortemente.

Leggi anche: L’intelligenza artificiale scende in campo per il riciclo (chimico) della plastica

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