fbpx
domenica, Dicembre 15, 2024

Riciclo pneumatici, la stretta europea e lo scontro tra due esigenze ambientali

La filiera del riciclo degli pneumatici è preoccupata per il divieto Ue di usare i materiali riciclati per i campi sportivi sintetici, principale sbocco di mercato. Da un lato le esigenze del riciclo, dall’altro la lotta alle microplastiche: si cerca una mediazione

Tiziano Rugi
Tiziano Rugi
Giornalista, collaboratore di EconomiaCircolare.com, si è occupato per anni di cronaca locale per il quotidiano Il Tirreno Ha collaborato con La Repubblica, l’agenzia stampa Adnkronos e la rivista musicale Il Mucchio Selvaggio. Attualmente scrive per il blog minima&moralia, dove si occupa di recensioni di libri. Ha collaborato con la casa editrice il Saggiatore e con Round Robin editrice, per la quale ha scritto il libro "Bergamo anno zero"

La filiera della raccolta e del riciclo degli pneumatici fuori uso è da alcuni mesi in subbuglio per una norma dell’Unione europea che rischierebbe di bloccare il mercato dei materiali ottenuti dal loro trattamento e riciclo, perché impedisce l’uso della gomma riciclata come intaso nei campi da calcio in erba sintetica, il principale sbocco degli pneumatici fuori uso. Una situazione complessa, dove entrano in contrasto due esigenze per la tutela dell’ambiente.

Da un lato la filiera del riciclo: sebbene non sia ai vertici della piramide della gestione dei rifiuti, il riciclo è un mezzo imprescindibile per evitare che i prodotti non più utilizzati come gli pneumatici a fine vita finiscano nei termovalorizzatori e nei cementifici, e per scongiurare nuove emissioni di CO2 per la produzione di nuova gomma sintetica. Dall’altro la lotta dell’Unione europea alle microplastiche, uno dei maggiori pericoli ambientali dei prossimi anni.

La revisione del regolamento REACH

La proposta della Commissione europea di revisione del regolamento REACH sulle sostanze chimiche vieta “l’aggiunta intenzionale” di microplastiche nei campi sportivi, cosmetici e prodotti per la pulizia, a causa del loro impatto ambientale negativo. Secondo l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA), ogni anno finiscono nell’ambiente 42.000 tonnellate di microplastiche aggiunte ai prodotti, di cui 16.000 tonnellate provengono dal granulato usato come intaso nei campi in erba sintetica. La stretta dell’Ue è stata votata in maniera favorevole dal comitato REACH, il gruppo di esperti nazionali convocati per discutere sulle modifiche al testo legislativo.

La proposta sarà ora vagliata dal Parlamento europeo e dal Consiglio europeo, che hanno tre mesi di tempo per opporsi e potenzialmente bloccare la misura. In risposta alle critiche dei rappresentanti nazionali, in particolare della Danimarca, la Commissione ha rivisto la sua proposta per prevedere un periodo di transizione più lungo per i campi in erba sintetica, estendendolo da sei a otto anni. Per le associazioni del settore, tuttavia, questo non è sufficiente.

Leggi anche: Greenwashing, questo sconosciuto. Ma sulla sostenibilità delle imprese prevalgono i dubbi

Ci sono timori per la salute umana?

Il tema che, sicuramente, interesserà di più ai cittadini europei, è se queste microplastiche possono essere pericolose per la salute umana. Uno studio del 2017 dell’Istituto nazionale olandese per la salute pubblica e l’ambiente ha concluso che i rischi per la salute derivanti dai granuli di gomma sui campi sportivi sono trascurabili. L’istituto olandese, tuttavia, ha raccomandato di ridurre le concentrazioni legali di sostanze chimiche cancerogene nel materiale di riempimento.

Sebbene sia difficile stabilire collegamenti diretti tra inquinamento chimico e decessi o malattie, anche l’Agenzia europea per le sostanze chimiche avverte che “l’esposizione ad alti livelli di sostanze chimiche nocive contenute nel materiale di riempimento potrebbe comportare rischi per la salute delle persone che utilizzano o lavorano sui campi artificiali”. Uno studio della stessa ECHA del 2019 consigliava di limitare il materiale di riempimento nei campi sintetici a meno di 20 mg/kg per otto policiclici aromatici (IPA) specifici, rispetto agli attuali valori di 100 mg/kg o 100 mg/kg a seconda dei casi.

“Le preoccupazioni dell’Unione europea, tuttavia, sono principalmente ambientali: non si vuole aggiungere ulteriore microplastica in circolazione perché sarebbe insostenibile” spiega Dorotea Napierska, di Zero Waste Europe. In particolare su questo tema, la Commissione ha sottolineato che “l’attuale riciclo degli pneumatici usati in materiale di riempimento per superfici sportive artificiali non può essere considerato completamente circolare”, in quanto tale materiale di riempimento non viene “quasi mai ulteriormente riciclato alla fine del ciclo di vita, ma viene incenerito o finisce in discarica”.

Secondo le aziende una soluzione al problema esiste

Gli effetti negativi, però, secondo la filiera del riciclo, sarebbero molto più limitati rispetto ai timori dell’Unione europea. “Lo scenario attuale è di profonda criticità per il sistema nazionale di riciclo degli Pneumatici Fuori Uso (PFU), per la sopravvivenza delle aziende della filiera e per la pratica sportiva dilettantistica e professionistica, sia in Italia che in Europa – ha dichiarato a caldo Federico Dossena, direttore generale di Ecopneus, principale consorzio di gestione del fine vita degli pneumatici – Riteniamo che il provvedimento approvato dal Comitato REACH, così come formulato attualmente, possa avere un impatto sproporzionato rispetto al rischio di dispersione associato, rischiando di generare un danno maggiore rispetto al problema che si intende risolvere. È fondamentale prendere in considerazione i benefici ambientali e cercare soluzioni alternative sostenibili per valorizzare i PFU e promuovere l’economia circolare”.

“Il bando assoluto dell’utilizzo del granulo riciclato nei campi di calcio – afferma Renzo Maggiolo, presidente di Unrigom, l’Unione dei recuperatori italiani della gomma – costituisce una misura assolutamente non proporzionata al rischio effettivo per l’ambiente”.

Secondo l’associazione, invece, sono notevoli i vantaggi. “La sostituzione della gomma vergine con materiale da riciclo permette di risparmiare emissioni di CO2, consumo di acqua e di energia, lasciando al recupero energetico fatto all’estero la quota più marginale possibile, in linea con i principi affermati dall’Unione europea”, scrive l’Unrigom.

Altre diciassette aziende e associazioni europee del settore hanno inviato una lettera alla Commissione europea in cui chiedono, invece di stabilire un bando completo di questi materiali, l’adozione di misure di contenimento e di manutenzione giudicate efficaci, con barriere e sistemi di drenaggio per limitare la dispersione di microplastica, citando i risultati di una serie di studi dell’Istituto danese di tecnologia Silkeborgbanen, l’Instituto Biomecánica de Valencia e l’European Synthetic Turf Council (ESTC).

“Le emissioni di granulato di gomma nell’ambiente – si legge nella lettera – possono essere ridotte di oltre il 90% ad almeno 7g/m2/anno o 50kg/campo sportivo/anno e fino a 3kg/campo sportivo/anno (0,3g/m2/anno), come evidenziato dagli ultimi risultati dello studio Silkeborgbanen. Questo dato è enormemente inferiore al livello stimato di 500 kg/campo sportivo/anno utilizzato dalla Commissione quando ha preso la sua decisione di limitare l’uso del granulato di gomma”.

Leggi anche: Neanche i biocarburanti di seconda generazione, quelli su cui punta Eni, convincono le ong

Le dimensioni della filiera italiana del riciclo degli pneumatici

Un appello alla soluzione condivisa sostenuto anche da Legambiente in una lettera a firma del presidente Stefano Ciafani, inviata al viceministro dell’Ambiente Vannia Gava, in cui si riconosce, sì, come il divieto netto dell’Ue risolverebbe a monte il problema della dispersione di microplastiche provenienti dai campi sintetici, ma al tempo stesso si invita a prevedere una deroga al divieto a fronte dell’applicazione di sistemi di contenimento del rischio di dispersione per tutelare la filiera italiana del riciclo.

Che, soprattutto in Danimarca e Italia, è particolarmente sviluppata e subirebbe ricadute negative enormi dal punto di vista economico. I dati li fornisce Unrigom. In Italia vengono raccolte e gestite annualmente circa 370.000 tonnellate di pneumatici fuori uso: circa il 52% della gomma viene avviato a recupero energetico, mentre le restanti 160.000 tonnellate (48%) sono destinate a recupero di materia all’incenerimento.

Degli pneumatici che finiscono nei termovalorizzatori, la maggior parte viene esportata verso impianti situati all’estero (in prevalenza Turchia), mentre meno di 50.000 tonnellate sono inviate nei cinque impianti di incenerimento autorizzati a livello nazionale. La quota parte di materie recuperata, invece ammonta a circa 135.000 tonnellate (al netto degli scarti di processo). Di queste, oltre la metà sono avviate a granulazione per poi essere impiegate, appunto, come intaso per le superfici sportive.

L’unica soluzione alternativa per avere un nuovo mercato di sbocco del polverino ottenuto dal trattamento sarebbe usarlo come additivo al bitume per la posa dei cosiddetti asfalti gommati, che peraltro hanno prestazioni meccaniche migliori, sono più resistenti e riducono la rumorosità. Nonostante in Italia ci siano circa 680 chilometri di strade con asfalto modificato con gomma riciclata da pneumatici (dati della società di riciclo e recupero pneumatici Ecopneus), si tratta, però, ancora di un volume marginale, lamenta Unrigom.

© Riproduzione riservata

spot_img

POTREBBE INTERESSARTI

Ultime notizie

La Community di EconomiaCircolare.com